Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 23, q. 3, a. 2
Pare che la fede informe non sia un dono di Dio.
1. Nella Scrittura [ Dt 32,4 ] si legge che « le opere di Dio sono perfette ».
Ma la fede informe è qualcosa di imperfetto.
Quindi essa non è un'opera di Dio.
2. Come un atto viene detto deforme perché manca della debita forma, così la fede è detta informe per lo stesso motivo.
Ma l'atto deforme del peccato non viene da Dio, come sopra [ I-II, q. 79, a. 2 ] si è visto.
Quindi neppure la fede informe.
3. Le creature che Dio risana, le risana totalmente: nel Vangelo [ Gv 7,23 ] infatti si legge: « Se un uomo riceve la circoncisione di sabato perché non sia trasgredita la Legge di Mosè, voi vi sdegnate contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato? ».
Ora, con la fede l'uomo viene sanato dalla sua incredulità.
Perciò chiunque riceve da Dio il dono della fede viene sanato da tutti i suoi peccati.
Ma ciò non avviene senza la fede formata.
Quindi la sola fede formata è un dono di Dio, e non la fede informe.
In una Glossa [ cf. P. Lomb., Sent. 3, 23 ] a un testo di S. Paolo [ 1 Cor 13,2 ] si legge che « la fede priva della carità è un dono di Dio ».
Ma questa fede è la fede informe.
Quindi la fede informe è un dono di Dio.
L'informità è una privazione.
Ora, si deve notare che la privazione in certi casi entra nella costituzione specifica delle cose, mentre in altri è un fatto accidentale che sopravviene in cose già specificamente costituite.
Come la privazione del giusto equilibrio degli umori costituisce l'essenza della malattia, mentre l'oscurità non costituisce l'essenza del diafano, ma è un accidente che sopravviene.
Siccome dunque quando si determina la causa di una certa cosa si intende determinare la causa di essa in quanto è costituita nella sua specie, non si può considerare causa di ciò che riceve dalla privazione il suo essere specifico ciò che non è causa della privazione stessa: non si può infatti considerare causa della malattia ciò che non è causa dello squilibrio degli umori.
Invece una cosa può essere causa della diafaneità senza esserlo dell'oscurità, che non rientra nella ragione specifica del diafano.
Ora, l'informità della fede non entra nella ragione specifica della fede stessa: poiché la fede è detta informe per la mancanza di una forma estrinseca, come sopra [ q. 4, a. 4 ] si è spiegato.
Perciò è causa della fede informe quanto è causa della fede in senso puro e semplice.
Ma questa causa è Dio, come si è visto [ a. prec. ].
Quindi rimane che la fede informe è un dono di Dio.
1. La fede informe, sebbene non sia perfetta in senso assoluto come virtù, ha però la perfezione essenziale della fede.
2. La deformità dell'atto è essenziale all'atto stesso in quanto atto morale, come si è visto a suo tempo [ I, q. 48, a. 1, ad 2; I-II, q. 18, a. 5 ]: si dice infatti che un atto morale è deforme per la privazione della sua forma intrinseca, che è la debita proporzione di tutte le sue circostanze.
Quindi Dio non può essere la causa di un atto deforme, non essendo causa della sua deformità; sebbene sia causa dell'atto in quanto atto.
Oppure si può rispondere che la deformità implica non soltanto la privazione della debita forma, ma anche la disposizione contraria.
Cosicché la deformità sta all'atto morale come la falsità sta alla fede.
Perciò come non viene da Dio un atto deforme, così non viene da lui nessuna fede falsa.
E come viene da Dio la fede informe, così vengono da lui anche gli atti del peccatore che sono buoni nel loro genere sebbene non siano informati dalla carità, come accade normalmente nei peccatori.
3. Chi riceve da Dio la fede senza la carità non viene sanato dall'incredulità in senso assoluto, poiché non viene tolta la colpa dell'incredulità precedente, ma viene sanato in senso relativo, cioè con la cessazione di quel peccato.
E capita di frequente che uno, sotto la mozione divina, desista da certi peccati senza desistere dal commetterne altri, spinto dalla sua iniquità.
E allo stesso modo talora viene concesso da Dio all'uomo di credere senza che gli venga dato il dono della carità: come ad alcuni viene concesso, senza la carità, il dono della profezia, o qualche altro carisma.
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