Summa Teologica - II-II |
Infra, q. 44, a. 8, ad 2; De Virt., q. 2, a. 9; a. 11, ad 9; De perf. vitae spir., c. 14
Pare che l'uomo non debba amare il prossimo più del proprio corpo.
1. Col termine prossimo intendiamo anche il corpo del nostro prossimo.
Se quindi uno deve amare il prossimo più del proprio corpo, ne segue che deve amare il corpo del prossimo più di quello proprio.
2. Uno deve amare la propria anima più del prossimo, come si è visto [ a. prec. ].
Ma il nostro corpo è più vicino alla nostra anima di quanto lo sia il prossimo.
Quindi dobbiamo amare il nostro corpo più del prossimo.
3. Chiunque preferisce esporre ciò che ama di meno per ciò che ama di più.
Ora, non tutti sono tenuti a esporre il proprio corpo per la salvezza del prossimo, ma questo è solo dei perfetti, secondo le parole evangeliche [ Gv 15,13 ]: « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ».
Quindi l'uomo non è tenuto ad amare il prossimo con la carità più del proprio corpo.
S. Agostino [ De doctr. christ. 1,27.28 ] insegna che « dobbiamo amare il prossimo più del nostro corpo ».
La carità ci obbliga ad amare di più ciò che secondo la carità è più amabile, come si è visto [ aa. 2,4 ].
Ora, la comunanza nella piena partecipazione della beatitudine, che è il motivo dell'amore verso il prossimo, è superiore alla partecipazione alla beatitudine per ridondanza, che è il motivo dell'amore verso il proprio corpo.
Perciò, quanto alla salvezza dell'anima, dobbiamo amare il prossimo più del nostro corpo.
1. Come dice il Filosofo [ Ethic. 9,8 ], ogni cosa pare essere ciò che in essa è principale.
Perciò quando si dice che il prossimo deve essere amato più del proprio corpo si intende parlare della sua anima, che è la sua parte principale.
2. Il nostro corpo è più vicino del prossimo alla nostra anima rispetto alla costituzione della nostra natura.
Rispetto però alla partecipazione della beatitudine la consociazione dell'anima del prossimo alla nostra anima è maggiore di quella del nostro corpo.
3. Ciascuno è tenuto strettamente a curare il proprio corpo, mentre non è tenuto strettamente a curare la salvezza del prossimo, se non forse in casi particolari.
Perciò la carità non esige a tutto rigore che uno esponga il proprio corpo per la salvezza del prossimo, se non nei casi in cui si è tenuti a provvedervi.
Se poi uno si offre spontaneamente per questo, ciò appartiene alla perfezione della carità.
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