Summa Teologica - II-II |
Pare che il diritto non sia l'oggetto della giustizia.
1. Il giureconsulto Celso [ Digest. 1,1,1 ] afferma che « il diritto è l'arte del bene e del giusto ».
Ora, l'arte non è oggetto della giustizia, ma di per sé è una virtù intellettuale.
Quindi il diritto non è oggetto della giustizia.
2. Come dice S. Isidoro [ Etym. 5,3 ], « la legge è una specie di diritto ».
Ora, la legge non è oggetto della giustizia, ma piuttosto della prudenza: per cui il Filosofo [ Ethic. 6,8 ] tra le parti di questa mette anche la prudenza « legislativa ».
Quindi il diritto non è oggetto della giustizia.
3. La giustizia tende principalmente a sottomettere l'uomo a Dio: infatti S. Agostino [ De mor. eccl. 1,15.25 ] ha scritto: « La giustizia è un amore che sottostà a Dio soltanto, e che per questo comanda a tutte le altre cose sottomesse all'uomo ».
Ora, il diritto non si riferisce alle cose divine, ma solo alle umane: infatti S. Isidoro [ Etym. 5,2 ] afferma che « il fas costituisce la legge divina, lo ius o diritto, invece, la legge umana ».
Perciò il diritto non è oggetto della giustizia.
S. Isidoro nel medesimo libro [ c. 3 ] insegna che « il diritto, o ius, deve il suo nome al fatto che è il giusto ».
Ora, il giusto è oggetto della giustizia: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 5,1 ], « tutti convengono nel dire che la giustizia è quell'abito da cui derivano le azioni giuste ».
Quindi il diritto è oggetto della giustizia.
È compito proprio della giustizia, fra tutte le altre virtù, di ordinare l'uomo nei rapporti verso gli altri.
Essa infatti implica l'idea di uguaglianza, come il nome stesso sta a indicare: infatti delle cose che si adeguano si dice comunemente che sono ben aggiustate.
Ora, l'uguaglianza dice rapporto ad altri, mentre le altre virtù perfezionano l'uomo soltanto nelle sue qualità individuali che riguardano lui stesso.
Così dunque la rettitudine che si riscontra negli atti delle altre virtù, e che forma l'oggetto verso cui esse tendono, viene desunta soltanto in rapporto al soggetto operante.
Invece la rettitudine che si riscontra nell'atto di giustizia viene definita in rapporto ad altri, anche prescindendo dal rapporto col soggetto: infatti nel nostro agire va denominato giusto ciò che corrisponde ad altri secondo una certa uguaglianza: p. es. il pagamento della debita mercede per un servizio.
Così dunque una cosa è giusta, e ha la rettitudine della giustizia, che costituisce il termine dell'atto giusto, anche prescindendo dal modo di agire del soggetto.
Invece nelle altre virtù una cosa non è retta se non in rapporto al modo di agire del soggetto.
A differenza quindi delle altre virtù, l'oggetto della giustizia viene determinato in modo speciale, ed è chiamato il giusto.
Ed è questo precisamente il diritto.
Per cui è evidente che il diritto è l'oggetto della giustizia.
1. Capita ordinariamente che dal loro uso primitivo le parole siano volte a significare altre cose: come il termine medicina originariamente stava a indicare il rimedio che viene dato agli infermi per farli guarire, e in seguito venne a significare l'arte con la quale ciò viene procurato.
Così anche il termine diritto dapprima stava a indicare la cosa giusta in se stessa, ma in seguito fu dato all'arte con la quale il giusto viene conosciuto, e ancora fu usato per indicare il luogo in cui si rende giustizia, come quando si dice che uno si presenta in tribunale [ in iure ]; finalmente poi si denomina diritto la sentenza data dal giudice che ha l'ufficio di rendere giustizia, anche se quanto egli decide è iniquo.
2. Come esiste nella mente dell'artefice una regola dell'arte per i manufatti che l'arte produce, così per l'azione giusta che viene determinata dalla ragione preesiste nella mente una norma che è una specie di regola della prudenza.
E se questa è scritta, viene chiamata legge: infatti, secondo S. Isidoro [ l. cit. nell'ob. ], la legge è una « istituzione scritta ».
Perciò la legge non è, propriamente parlando, il diritto medesimo, ma la norma remota del diritto.
3. Per il fatto che la giustizia implica uguaglianza, e d'altra parte noi siamo nell'impossibilità di ricompensare Dio adeguatamente, ne viene che non possiamo rendere a Dio il giusto nel suo pieno significato.
E così la legge divina non è chiamata ius, o diritto, ma fas: poiché Dio si accontenta che noi soddisfiamo per quanto ci è possibile.
Tuttavia la giustizia tende a far sì che l'uomo, per quanto può, dia un compenso a Dio, sottomettendo totalmente a lui la propria anima.
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