Summa Teologica - II-II |
In 5 Ethic., lect. 14
Pare che uno possa subire volontariamente un'ingiustizia.
1. Un'ingiustizia, come si è detto [ a. prec. ], è qualcosa di sproporzionato.
Ma nel danneggiare se stesso uno non rispetta le proporzioni, così come quando danneggia gli altri.
Quindi uno può fare un'ingiustizia a se stesso come ad altri.
Ora, chiunque fa un'ingiustizia la fa volontariamente.
Perciò uno può subire volontariamente un'ingiustizia, specialmente da se medesimo.
2. Uno non è punito dalla legge civile se non perché commette un'ingiustizia.
Ora, la legge civile punisce i suicidi, dato che già anticamente essi venivano privati della sepoltura, come sappiamo dal Filosofo [ Ethic. 5,11 ].
Quindi uno può commettere un'ingiustizia contro se stesso.
E così accade che uno viene a subire volontariamente un'ingiustizia.
3. Nessuno fa un'ingiustizia senza che qualcuno la subisca.
Ora, capita che uno compia un'ingiustizia ai danni di qualcuno che la accetta volontariamente: p. es. nel caso che gli venda qualcosa al di sopra del giusto prezzo.
Perciò può capitare che uno subisca volontariamente un'ingiustizia.
Il subire un'ingiustizia è il contrario del commetterla.
Ma nessuno può commettere un'ingiustizia senza volerlo.
Quindi, per la ragione degli opposti, nessuno può subirla volontariamente.
L'azione per sua natura procede dall'agente, mentre la passione per sua natura deriva da altro: per cui, come insegna Aristotele [ Phys. 3,1; 8,5 ], una stessa cosa non può essere sotto il medesimo aspetto agente e paziente.
Ora, il vero principio agente nell'uomo è la volontà.
Perciò l'uomo compie propriamente e direttamente ciò che compie volontariamente, e al contrario propriamente patisce, o subisce, ciò che è costretto a subire contro la sua volontà: poiché in quanto vuole il principio dell'atto emana da lui, e quindi sotto questo aspetto è più agente che paziente.
Si deve quindi concludere che nessuno può compiere un'ingiustizia senza volerla, e nessuno può subirla se non contro la propria volontà.
Tuttavia per accidens, e quasi parlando materialmente, uno può compiere involontariamente un'azione che di per sé è ingiusta, come quando uno la compie senza averne l'intenzione; oppure può subirla volontariamente, come quando uno dà di proposito a un altro più di quanto gli deve.
1. Quando uno di sua volontà dà ad altri ciò che ad essi non è dovuto non fa né un'ingiustizia né un'inuguaglianza.
Infatti l'uomo possiede le cose con la sua volontà: per cui non si esce dai limiti di una giusta proporzione se gli viene sottratto qualcosa da se stesso o da altri secondo la sua volontà.
2. Un individuo può essere considerato sotto due punti di vista.
Primo, per se stesso.
E in questo caso il danno eventuale che uno si fa può avere certamente l'aspetto di un peccato di altro genere, p. es. di intemperanza o di imprudenza, ma non di ingiustizia: poiché l'ingiustizia, come la giustizia, dice sempre ordine ad altri.
- Secondo, un uomo può essere considerato in quanto è cittadino di uno stato, cioè come parte; oppure in quanto appartiene a Dio, quale sua creatura e immagine.
E sotto questo aspetto chi uccide se stesso fa un torto non a se stesso, ma alla società e a Dio.
E così viene punito sia dalla legge divina che da quella umana: conformemente alle parole dette dall'Apostolo [ 1 Cor 3,17 ] a proposito della fornicazione: « Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui ».
3. Patire o subire è l'effetto di un'azione esterna.
Ora, nel compiere e nel subire un'ingiustizia la parte materiale si riduce, come si è detto [ a. prec. ], all'atto esterno considerato in se stesso, mentre l'aspetto formale ed essenziale risulta dalla volontà dell'agente e del paziente, stando alle spiegazioni date [ ib. e nel corpo ].
Si deve quindi concludere che il compimento di un'ingiustizia da parte di uno e il « patimento » di essa da parte di un altro materialmente vanno sempre insieme.
Se invece parliamo formalmente, allora può darsi che uno compia intenzionalmente un'ingiustizia, e che tuttavia l'altro non la subisca come ingiustizia, in quanto la subisce volontariamente.
E viceversa uno può subire un'ingiustizia, soffrendo contro voglia una cosa ingiusta, e tuttavia chi la compie nell'ignoranza non compie un'ingiustizia formalmente, ma solo materialmente.
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