Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se l'effetto della devozione sia la gioia

Pare che l'effetto della devozione non sia la gioia.

Infatti:

1. La passione di Cristo eccita in modo particolare la devozione, come si è detto [ a. 3, ad 2 ].

Ma tale considerazione provoca nell'anima una certa tristezza, poiché sta scritto [ Lam 3,19s ], a proposito della passione: « Ricordati della mia miseria, dell'assenzio e del fiele.

Ben se ne ricorda e si accascia dentro di me l'anima mia ».

Quindi il piacere, o la gioia, non è l'effetto della devozione.

2. La devozione consiste specialmente in un sacrificio interiore dello spirito.

Ora, nei Salmi [ Sal 51,19 ] si legge: « Uno spirito contrito è sacrificio a Dio ».

Perciò l'effetto della devozione è più l'afflizione che la giocondità o la gioia.

3. S. Gregorio Nisseno [ Orat. funebris de Placilla Imp. ] afferma che « come il riso deriva dalla gioia, così le lacrime e i gemiti sono segni di tristezza ».

Ma capita che alcuni prorompano in lacrime per la devozione.

Quindi la letizia, o gaudio, non è l'effetto della devozione.

In contrario:

In una colletta si legge: « Fa che quanti sono castigati dai rituali digiuni, siano rallegrati da una santa devozione ».

Dimostrazione:

La devozione di per sé e principalmente causa la gioia spirituale; di riflesso però e indirettamente causa la tristezza.

Sopra [ a. 3 ] infatti abbiamo notato che la devozione nasce da due considerazioni.

Prima di tutto dalla considerazione della bontà divina, che costituisce quasi il termine ultimo del moto della volontà che si dona a Dio.

E da questa considerazione nasce direttamente la gioia, secondo le parole del Salmo [ Sal 77,4 Vg ]: « Mi sono ricordato di Dio, e mi sono rallegrato »; però indirettamente questa considerazione causa una certa tristezza in coloro che non hanno ancora il pieno godimento di Dio, secondo quelle altre parole del Salmista [ Sal 42,3 ]: « L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente », ecc., alle quali si aggiunge subito dopo [ Sal 42,4 ]: « le lacrime sono mio pane giorno e notte ».

- In secondo luogo, come si è detto [ a. 3 ], la devozione viene causata dalla considerazione delle proprie deficienze: ora, questa considerazione costituisce il termine da cui l'uomo si allontana col moto della volontà animata dalla devozione, non volendo cioè acquietarsi in se stesso, ma sottomettersi a Dio.

E questa considerazione produce degli effetti opposti ai precedenti.

Essa infatti per natura sua causa direttamente la tristezza, col ricordo delle proprie deficienze, e indirettamente la gioia, per la speranza dell'aiuto di Dio.

- E così è dimostrato che la devozione in primo luogo e direttamente è accompagnata dalla gioia; secondariamente e indirettamente invece è accompagnata dalla « tristezza secondo Dio » [ 2 Cor 7,10 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Nella meditazione della passione di Cristo c'è qualcosa che rattrista, cioè la miseria umana, per togliere la quale « fu necessario che Cristo patisse » [ Lc 24,26 ], ma c'è pure qualcosa che rallegra, cioè la benignità di Dio verso di noi nel procurarci una tale liberazione.

2. Lo spirito che da una parte viene contristato per le deficienze della vita presente, dall'altra viene rallegrato per la considerazione della bontà di Dio e la speranza del suo aiuto.

3. Le lacrime non scaturiscono soltanto dalla tristezza, ma anche da una certa tenerezza di affetto; specialmente quando si considera qualcosa di piacevole mescolato a elementi di tristezza: come gli uomini sono soliti piangere per un sentimento di pietà quando ricuperano i figli o gli amici più cari che credevano di avere perduto.

Ed è in questo modo che le lacrime derivano dalla devozione.

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