Summa Teologica - II-II |
In Tit., c. 3, lect. 1
Pare che un uomo non sia tenuto a ubbidire a un altro uomo.
1. Non si può fare nulla contro ciò che Dio ha istituito.
Ora, per istituzione divina l'uomo deve essere governato dalla propria deliberazione, secondo le parole della Scrittura [ Sir 15,14 ]: « Dio da principio creò l'uomo e lo lasciò in balìa del suo proprio volere ».
Quindi un uomo non è tenuto a ubbidire a un altro uomo.
2. Se uno fosse tenuto a ubbidire, dovrebbe tenere la volontà di chi comanda come regola del proprio agire.
Ma soltanto la volontà di Dio, che è sempre retta, costituisce la regola dell'agire umano.
Perciò l'uomo è tenuto a ubbidire soltanto a Dio.
3. I servizi tanto più sono graditi quanto più sono spontanei.
Ma ciò che uno compie per dovere non è spontaneo.
Se quindi uno fosse tenuto a ubbidire ad altri nel compiere le opere buone, per ciò stesso le opere imposte dall'obbedienza diventerebbero meno gradite.
Quindi non si è tenuti a ubbidire a un altro uomo.
Sta scritto [ Eb 13,17 ]: « Ubbidite ai vostri capi e state loro sottomessi ».
Come le attività degli esseri fisici derivano dalle loro capacità naturali, così anche le azioni umane derivano dalla volontà dell'uomo.
Ora, per gli esseri fisici si esige che i corpi superiori muovano alle loro attività i corpi inferiori, in forza della virtù naturale più efficace che Dio loro concede.
Perciò anche nell'attività umana è necessario che i superiori con la loro volontà muovano gli inferiori, in forza dell'autorità che Dio ha loro conferito.
E questo muovere mediante la ragione e la volontà è comandare.
Quindi, come l'ordine naturale istituito da Dio esige che tra gli esseri fisici ci sia subordinazione all'influsso degli esseri superiori, così la vita umana esige, per disposizione del diritto naturale e divino, che gli inferiori ubbidiscano ai loro superiori.
1. Dio ha lasciato l'uomo in balìa del suo proprio volere non perché gli sia lecito fare ciò che vuole, ma perché nel compiere quanto è dovuto egli non viene costretto da una necessità naturale, come le creature prive di ragione, bensì è guidato da una libera scelta scaturita dalla propria deliberazione.
Come quindi tale deliberazione lo porta a fare le altre cose, così lo porta anche a ubbidire ai superiori: infatti, al dire di S. Gregorio [ Mor. 35,14 ], « quando ci sottomettiamo umilmente all'ordine di un altro, nel nostro cuore vinciamo noi stessi ».
2. La volontà di Dio è la prima norma che deve regolare tutte le volontà create, ma ad essa ciascuna si avvicina di più o di meno secondo l'ordine stabilito da Dio.
Per questo la volontà di un uomo che comanda può essere come una norma secondaria del volere di chi è tenuto a ubbidire.
3. Una cosa può essere spontanea in due modi.
Primo, dalla parte dell'azione stessa compiuta, cioè nel senso che uno non è obbligato a farla.
Secondo, dalla parte di chi la compie: nel senso cioè che uno la compie con volontà libera.
Ora, un atto è virtuoso, lodevole e meritorio soprattutto in quanto deriva dalla volontà.
Perciò, pur essendo doveroso ubbidire, se si ubbidisce con prontezza di volontà non per questo viene diminuito il merito: specialmente poi nei confronti di Dio, il quale vede non solo le azioni esterne, ma anche l'interno volere.
Indice |