Summa Teologica - II-II |
Pare che la vendetta non sia una virtù specificamente distinta dalle altre.
1. Come sono ricompensati i buoni per il bene compiuto, così sono puniti i cattivi per le loro malvagità.
Ma ricompensare le opere buone non appartiene a una virtù speciale, essendo un atto della giustizia commutativa.
Quindi per lo stesso motivo neppure la vendetta deve essere considerata una virtù speciale.
2. Non si deve ricorrere a una virtù speciale per un atto al quale l'uomo è già sufficientemente predisposto da altre virtù.
Ma a vendicare il male l'uomo è sufficientemente predisposto dalla virtù della fortezza e dallo zelo.
Perciò la vendetta non deve essere considerata una virtù specificamente distinta.
3. A ogni virtù specifica si contrappone un vizio specifico.
Ma alla vendetta non pare che si contrappongano dei vizi specifici.
Quindi essa non è una virtù specifica.
Cicerone [ De invent. 2,53 ] enumera la vendetta fra le parti [ potenziali ] della giustizia.
Come insegna il Filosofo [ Ethic. 2,1 ], la predisposizione alla virtù è in noi innata, sebbene la virtù nella sua perfezione derivi dall'esercizio, o da altre cause.
Per cui è evidente che le virtù ci dispongono a perseguire nel debito modo le inclinazioni naturali, che appartengono alla legge naturale.
E così a ogni inclinazione naturale corrisponde una virtù speciale.
Ora, esiste una certa speciale inclinazione naturale a combattere le cose nocive: infatti anche gli animali sono provvisti dell'irascibile, che è una facoltà distinta dal concupiscibile.
Ma l'uomo [ onesto ] respinge le cose nocive difendendosi dalle ingiurie, oppure vendicandosi delle ingiurie subite, non con l'intenzione di nuocere, bensì con quella di eliminare il male.
E questo è precisamente il compito della vendetta: infatti Cicerone [ l. cit. ] scrive che « la vendetta ha il compito di respingere o di punire la violenza, l'ingiuria e ogni altro danno », o ignominia.
Quindi la vendetta è una virtù specificamente distinta.
1. Come il saldo del debito legale appartiene alla giustizia commutativa, ma il saldo del debito morale, che nasce da un favore particolare, appartiene alla virtù della riconoscenza, così, allo stesso modo, la punizione delle colpe fatta dalla giustizia pubblica è un atto della giustizia commutativa, ma quella che è inflitta per salvaguardare l'immunità di una persona privata, di cui si vendica l'ingiuria, appartiene alla virtù della vendetta.
2. La fortezza predispone alla vendetta togliendo gli ostacoli, ossia la paura del pericolo da affrontare.
- Lo zelo invece, in quanto sta a indicare un amore fervente, implica la prima radice della vendetta, poiché uno vendica le ingiurie fatte a Dio e al prossimo inquantoché la carità gliele fa considerare come fatte a sé.
Ora, gli atti di qualsiasi virtù derivano tutti dalla carità: poiché secondo S. Gregorio [ In Evang. hom 27 ] « le opere buone sono rami secchi se non derivano dalla radice della carità ».
3. Alla vendetta si contrappongono due vizi. Il primo è per eccesso: cioè il peccato di crudeltà o di durezza, che nel punire passa la misura.
Il secondo è invece per difetto, ed è proprio di chi nel punire è troppo blando.
Da cui l'ammonimento dei Proverbi [ Pr 13,24 ]: « Chi risparmia il bastone, odia suo figlio ».
Invece la virtù della vendetta consiste nel punire rispettando in tutte le circostanze la debita misura.
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