Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 37, a. 4; In 5 Ethic., lect. 16
Pare che l'epicheia non sia una virtù.
1. Una virtù non ne esclude mai un'altra.
Invece l'epicheia esclude un'altra virtù, poiché scarta ciò che è giusto secondo la legge; ed è in contrasto con la severità.
Quindi l'epicheia non è una virtù.
2. S. Agostino [ De vera relig. 31.57 ] afferma: « Sebbene gli uomini possano giudicare le leggi umane mentre le istituiscono, tuttavia una volta che esse sono istituite non sarà lecito al giudice giudicarle, ma solo applicarle ».
Ora, chi fa un'epicheia giudica la legge, dichiarando che non va osservata in un caso particolare.
Quindi l'epicheia è più un vizio che una virtù.
3. Secondo il Filosofo [ Ethic. 5,10 ], l'epicheia ha il compito di richiamarsi all'intenzione del legislatore.
Ma interpretare l'intenzione del legislatore spetta solo all'autorità suprema: infatti l'Imperatore [ Giustiniano ] [ Codex 1, 14, 1 ] così si esprime: « Interpretare o risolvere le divergenze tra l'equità e la legge è un diritto e un dovere a noi riservato ».
Per cui l'atto dell'epicheia è illecito.
Quindi l'epicheia non è una virtù.
Il Filosofo [ l. cit. ] la considera una virtù.
Come si è detto sopra [ I-II, q. 96, a. 6 ] nel trattato sulla legge, non è possibile fissare una norma che in qualche caso non sia inadeguata, poiché gli atti umani, che sono oggetto della legge, consistono in fatti contingenti e singolari, che possono variare in infiniti modi, per cui il legislatore nel fare la legge considera ciò che capita nella maggior parte dei casi.
Ma in certi casi osservare queste leggi sarebbe contro la giustizia e contro il bene comune, che è lo scopo della legge.
P. es.: la legge stabilisce che la roba lasciata in deposito venga restituita, poiché ciò è giusto nella maggior parte dei casi; capita però talvolta che sia nocivo: p. es. se chi richiede la spada è un pazzo furioso fuori di sé, oppure se uno la richiede per combattere contro la patria.
In simili casi dunque sarebbe un peccato seguire materialmente la legge; è invece un bene seguire ciò che esige il senso della giustizia e il bene comune, trascurando la lettera della legge.
E tale è appunto il compito dell'epicheia, che noi latini chiamiamo equità.
Quindi l'epicheia è una virtù.
1. L'epicheia non trascura ciò che è giusto assolutamente parlando, ma solo ciò che è giusto per una determinazione legale.
- E neppure è in contrasto con la severità, che segue la lettera della legge quando è opportuno, mentre lo stare alla lettera della legge quando non è opportuno costituisce un peccato.
Da cui le parole del Codice [ 1, 14, 1 ]: « Non c'è dubbio che agisce contro le leggi chi stando alla lettera della legge ne viola lo spirito ».
2. Chi giudica una legge afferma che essa non andava fatta.
Chi invece dichiara che quella data norma non è da osservarsi in un caso particolare non giudica la legge, ma il caso particolare che si è verificato.
3. L'interpretazione ha luogo nei dubbi, nei quali non è lecito abbandonare il testo della legge senza una dichiarazione dell'autorità suprema.
Ma nei casi evidenti non c'è bisogno di interpretare, bensì di eseguire.
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