Summa Teologica - II-II |
De Malo, q. 14, a. 1
Pare che la gola non sia un peccato.
1. Il Signore [ Mt 15,11 ] ha affermato: « Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo ».
Ma la gola ha per oggetto i cibi, che entrano in questo modo nell'uomo.
Quindi la gola non è un peccato.
2. « Nessuno pecca nel fare ciò che è inevitabile » [ Agost., De lib. arb. 3,18.50 ].
Ma la gola consiste in un eccesso di nutrimento che l'uomo non può evitare; dice infatti S. Gregorio [ Mor. 30,18 ]: « Poiché al mangiare è connesso necessariamente il piacere, non si riesce a distinguere ciò che è richiesto dalla necessità e ciò che vi aggiunge un piacere »; e S. Agostino [ Conf. 10,31.43 ] si domanda: « Chi è, o Signore, che non prenda il cibo trasgredendo un po' i limiti del necessario? ».
Quindi la gola non è un peccato.
3. I primi moti in qualsiasi genere di peccato sono un peccato.
Invece il primo moto verso il cibo non è un peccato: altrimenti sarebbero dei peccati anche la fame e la sete.
Quindi la gola non è un peccato.
S. Gregorio [ Mor. 30,18 ] scrive che « è impossibile vincere la battaglia spirituale se prima non domiamo il nemico annidato dentro di noi, cioè l'appetito della gola ».
Ma il nemico interiore dell'uomo è il peccato.
Quindi la gola è un peccato.
La gola non indica un qualsiasi desiderio di mangiare e di bere, ma una brama disordinata.
Ora, un appetito è detto disordinato in quanto si allontana dall'ordine della ragione, nel quale consiste la virtù morale.
Ma una cosa viene detta peccaminosa per il fatto che è contraria alla virtù.
Quindi è evidente che la gola è un peccato.
1. Gli alimenti non possono contaminare spiritualmente l'uomo in forza della loro essenza o natura; invece i Giudei, contro i quali il Signore parlava, e i Manichei, ritenevano che certi cibi rendessero immondi non per ciò che figuravano, ma per la loro stessa natura.
Tuttavia la brama smodata del cibo contamina spiritualmente l'uomo.
2. Il peccato di gola, come si è detto [ nel corpo ], non consiste nella materialità del cibo, ma nella sua brama non regolata dalla ragione.
Se quindi uno eccede nel mangiare non per ingordigia, ma stimando necessaria quella quantità, ciò non va attribuito alla gola, bensì a un errore.
Alla gola va invece attribuito soltanto questo: che uno consapevolmente ecceda nel mangiare per la concupiscenza di un cibo gradevole.
3. L'appetito è di due specie.
Il primo è l'appetito naturale che rientra nelle potenze dell'anima vegetativa: nelle quali non vi può essere né la virtù né il vizio, non essendo esse soggette alla ragione.
Per cui anche la potenza appetitiva va enumerata accanto alle facoltà di ritenere, digerire ed evacuare.
E a questo appetito appartengono la fame e la sete.
- Vi è però anche un secondo appetito sensitivo, le cui brame smodate costituiscono il peccato di gola.
Per cui i primi moti della gola implicano un disordine nell'appetito sensitivo, che non è senza peccato.
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