Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se nel gioco si possa peccare per difetto

In 4 Ethic., lect. 16

Pare che nel gioco non si possa peccare per difetto.

Infatti:

1. Ai penitenti non può essere raccomandato alcun peccato.

Ora, S. Agostino [ De vera et falsa poenit. 15 ] scrive: « Si astenga dai divertimenti e dagli spettacoli del secolo chi vuole conseguire perfettamente la grazia del perdono ».

Quindi nel divertimento non si può mai peccare per difetto.

2. Nessun peccato può essere inserito tra le lodi dei Santi.

Ora, a lode di certi Santi si legge che si astennero dal gioco.

Dice infatti Geremia [ Ger 15,17 ] di se stesso: « Non mi sono seduto per divertirmi nelle brigate dei buontemponi »; e in Tobia [ Tb 3,17 Vg ] si leggono queste parole [ di Sara ]: « Non mi sono mai mescolata con quelli che scherzano, né ho preso parte alla compagnia di quelli che operano alla leggera ».

Perciò nel fuggire il divertimento non ci può mai essere peccato.

3. Andronico [ De affect. ], enumerando tra le virtù « l'austerità », dice che essa è « l'abito per il quale alcuni non offrono e non ricevono da altri il piacere della conversazione ».

Ma così si ha un rifiuto del gioco.

Quindi nel gioco non si può mai peccare per difetto.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,7; 4,8 ] insegna che nel gioco si può peccare per difetto.

Dimostrazione:

Nelle cose umane tutto ciò che va contro la ragione è peccaminoso.

Ora, è contro la ragione essere di peso agli altri: p. es. non mostrandosi mai piacevoli, o impedendo il divertimento altrui.

Da cui l'ammonimento di Seneca [ Martino di Braga, Form. honest. vitae 3 ]: « Comportati in modo che nessuno ti giudichi intrattabile, o ti disprezzi come volgare ».

Ora, quelli che rispetto al gioco peccano per difetto « non dicono mai nulla di ridicolo; e neppure ammettono che altri lo dicano »: poiché non accettano gli scherzi degli altri.

Essi quindi sono in colpa, e dal Filosofo [ Ethic. 4,8 ] sono denominati « duri e maleducati ».

Siccome però il gioco è ordinato al divertimento e al riposo, e queste due cose non vanno cercate nella vita umana per se stesse, ma « per la [ normale ] attività », come dice Aristotele [ Ethic. 10,6 ], peccare per difetto nel gioco è meno grave che peccare per eccesso.

Per questo il Filosofo [ Ethic. 9,10 ] afferma che « pochi devono essere gli amici nel divertimento »: poiché basta poco divertimento per dar sapore alla vita, come nel cibo basta poco sale.

Analisi delle obiezioni:

1. Ai penitenti è imposto di piangere per i peccati commessi, e quindi è loro proibito il divertimento.

Ma ciò non è peccaminoso: poiché nel loro caso ridurre il divertimento è secondo ragione.

2. Geremia nel passo citato si riferisce a un particolare momento, che richiedeva piuttosto le lacrime.

Egli infatti così prosegue: « Spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di amarezza ».

- Il testo di Tobia invece vuole escludere il divertimento esagerato, come si rileva dalle ultime parole: « Né ho preso parte alla compagnia di quelli che operano alla leggera ».

3. La virtù dell'austerità non esclude tutti i divertimenti, ma solo quelli esagerati e disordinati.

Essa quindi rientra nell'affabilità, che il Filosofo [ Ethic. 4,6 ] denomina amicizia; oppure rientra nell'eutrapelìa, o giovialità.

Andronico però la denomina e la definisce come una virtù affine alla temperanza, che ha il compito di moderare il piacere.

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