Summa Teologica - II-II

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Articolo 7 - -Se lo stato dei religiosi sia più perfetto di quello dei vescovi

De perf. vitae spir., cc. 17, 18; In Matth., c. 19

Pare che lo stato dei religiosi sia più perfetto di quello dei vescovi.

Infatti:

1. Il Signore [ Mt 19,21 ] consiglia: « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi e dallo ai poveri »; e così fanno i religiosi.

Ma i vescovi non sono tenuti a ciò, poiché si legge nel Decreto [ di Graz. 2,12,1,19 ]: « I vescovi lascino ai loro eredi i beni propri o quelli acquistati, o comunque tutto ciò che possiedono personalmente ».

Quindi i religiosi sono in uno stato più perfetto di quello dei vescovi.

2. La perfezione consiste più nell'amore di Dio che nell'amore del prossimo.

Ma lo stato dei religiosi è ordinato direttamente all'amore di Dio: per cui « essi devono il loro nome al culto e al servizio di Dio », come nota Dionigi [ De eccl. hier. 6 ].

Invece lo stato dei vescovi è ordinato all'amore del prossimo, a cui essi « sovraintendono », come dice il loro nome secondo la spiegazione di S. Agostino [ De civ. Dei 19,19 ].

Quindi lo stato religioso è più perfetto dello stato episcopale.

3. Lo stato dei religiosi è ordinato alla vita contemplativa, che è superiore alla vita attiva, alla quale è ordinato lo stato dei vescovi.

Infatti S. Gregorio [ Past. 1,7 ] scrive che « Isaia, desiderando di essere utile al prossimo con la vita attiva, chiese l'ufficio della predicazione; Geremia invece, desiderando di unirsi più intimamente al Creatore, non voleva essere mandato a predicare ».

Quindi lo stato dei religiosi è più perfetto di quello dei vescovi.

In contrario:

A nessuno è lecito passare da uno stato superiore a uno stato inferiore: il che equivarrebbe a « volgersi indietro » [ Lc 9,62 ].

Ora, si può passare dallo stato religioso allo stato episcopale: poiché nel Decreto [ di Graz. 2,18,1,1 ] si legge che « la sacra ordinazione fa di un monaco un vescovo ».

Perciò lo stato dei vescovi è più perfetto dello stato religioso.

Dimostrazione:

Secondo S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,16.32 ], « l'agente è sempre superiore al paziente ».

Ora, nell'ordine della perfezione i vescovi sono dei « perfezionatori », come nota Dionigi [ De eccl. hier. 5,6 ], mentre i religiosi sono dei « perfezionati »: indicando così l'azione e la passione.

Perciò è evidente che lo stato di perfezione si riscontra più nei vescovi che nei religiosi.

Analisi delle obiezioni:

1. La rinunzia ai propri beni può essere concepita in due modi.

Primo, come rinunzia di fatto.

E ciò non costituisce essenzialmente la perfezione, ma è un certo strumento di perfezione, come sopra [ a. 3 ] si è spiegato.

Perciò nulla impedisce che si abbia lo stato di perfezione senza la rinunzia alle proprie sostanze.

E lo stesso si dica delle altre osservanze esterne.

Secondo, la rinunzia può essere concepita come disposizione d'animo: in modo cioè che uno sia pronto, se fosse necessario, ad abbandonare o a distribuire ogni cosa.

E ciò appartiene direttamente alla perfezione.

Da cui le parole di S. Agostino [ De quaest. Evang. 2,11 ]: « Il Signore spiega come i figli della sapienza comprendano che la giustizia non sta nel digiunare o nel mangiare, ma nel soffrire la fame con pazienza ».

Per cui anche l'Apostolo [ Fil 4,12 ] scriveva: « Ho imparato a essere povero e ho imparato a essere ricco ».

Ora, i vescovi sono tenuti in modo particolare a disprezzare all'occorrenza tutte le loro ricchezze per l'onore di Dio e la salvezza del loro gregge, o distribuendole ai poveri, o « accettando con gioia di essere spogliati delle loro sostanze » [ Eb 10,34 ].

2. Il fatto che i vescovi attendano alle opere riguardanti l'amore del prossimo dipende dall'abbondanza del loro amore verso Dio.

Per questo il Signore [ Gv 21,15ss ] prima chiese a Pietro se lo amava, e poi gli affidò la cura del gregge.

E S. Gregorio [ Past. 1,5 ] scrive: « Se la cura pastorale è una prova di amore, chiunque avendone la capacità si rifiuta di pascere il gregge di Dio dimostra di non amare il Pastore Supremo ».

Chi infatti per un amico è pronto a servire una terza persona dà una prova di amore più grande di colui che vuole servire soltanto l'amico.

3. Come dice S. Gregorio [ Past. 2,1 ]: « Il vescovo sia il primo nell'azione, e più di ogni altro assorto nella contemplazione »: poiché i vescovi sono tenuti a contemplare non solo per sé, ma anche per l'istruzione degli altri.

Per cui egli scrive ancora [ In Ez 1 hom. 5 ] che « ai perfetti, reduci dalla contemplazione, si applicano le parole della Scrittura [ Sal 146,7 ]: "Diffondono il ricordo della tua bontà immensa" ».

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