Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 27, q. 1, a. 3, sol. 1, ad 3; d. 38, q. 1, a. 4, sol. 3, ad 2
Pare che non sia lecito passare da un ordine religioso a un altro ordine.
1. L'Apostolo [ Eb 10,25 ] scrive: « Non disertate le nostre riunioni, come sono soliti fare alcuni »; « i quali » come spiega la Glossa [ interlin. ], « o cedono alla paura della persecuzione, o si allontanano dai peccatori e dagli imperfetti, mossi dalla loro presunzione, per essere considerati santi ».
Ma questo pare il caso di coloro che passano da un ordine a un altro più perfetto.
Quindi ciò non è lecito.
2. La professione monastica è più rigorosa della professione dei canonici regolari, come risulta da una Decretale [ 3,35,5 ].
Ora, non è lecito passare dallo stato dei canonici regolari a quello dei monaci, poiché nel Decreto [ di Graz. 2,19,3,2 ] si legge: « Ordiniamo e proibiamo a chiunque abbia fatto la professione di canonico regolare, a meno che, Dio non voglia, non sia caduto in un peccato pubblico, di diventare monaco ».
Perciò non è consentito ad alcuno di passare da un ordine a un altro più perfetto.
3. Uno è obbligato ad adempiere i suoi voti, fino a che può farlo lecitamente: se p. es. uno ha fatto il voto di castità, anche dopo aver contratto matrimonio con lo scambio dei consensi prima della consumazione è tenuto a osservarlo, poiché può fare ciò entrando nella vita religiosa.
Se quindi uno può passare lecitamente da un ordine all'altro, è tenuto a farlo, se nella vita secolare l'aveva promesso.
Ma questo è un grave disordine: poiché normalmente ciò costituirebbe uno scandalo.
Quindi a un religioso non è lecito passare da un ordine a un altro più rigoroso.
Nei Canoni [ Decr. di Graz. 2,20,4,1 ] si legge: « Se le sacre vergini chiedono di passare a un altro monastero e di rimanervi per il bene della loro anima, nella prospettiva di una vita più austera, il Concilio lo concede ».
E ciò pare valere per tutti i religiosi.
Quindi uno può passare lecitamente da un ordine a un altro.
Passare da un ordine religioso a un altro non è una cosa lodevole, salvo casi di grande utilità o necessità.
Sia perché così si vengono generalmente a scandalizzare quelli che si abbandonano.
- Sia anche perché, a parità di condizioni, è più facile fare profitto nella religione in cui si è abituati a vivere che in quella nuova.
Da cui le parole dell'Abate Nesteros [ Coll. Patrum 14,5 ]: « È bene che ciascuno si affretti a raggiungere la perfezione dell'opera iniziata col massimo impegno e diligenza secondo il proposito già fatto, e che non abbandoni la professione che ha abbracciato ».
E ne dà subito la ragione [ c. 6 ]: « È impossibile infatti che un solo uomo possa eccellere in tutte le virtù.
E se tenta di farlo, necessariamente gli avverrà che, cercandole tutte, non ne raggiungerà nessuna perfettamente ».
Infatti i vari ordini eccedono l'uno sull'altro secondo le diverse attività virtuose.
Tuttavia si può lodevolmente passare da un ordine a un altro per tre motivi.
Primo, per il desiderio di una vita religiosa più perfetta.
E questa perfezione, come si è già notato [ q. 188, a. 6 ], non viene misurata solo in base all'austerità, ma principalmente in base al fine a cui un istituto religioso è ordinato, e secondariamente in base alla discrezione con la quale le osservanze sono proporzionate al debito fine.
- Secondo, per la decadenza del proprio istituto dalla perfezione richiesta.
Quando p. es. in un ordine rigoroso i religiosi cominciano a vivere in maniera rilassata, uno può passare lodevolmente a un ordine anche meno rigido, se in esso vige l'osservanza.
Come l'Abate Giovanni [ Coll. Patrum 19, cc. 3,5,6 ] narra di se stesso che passò dalla vita solitaria da lui abbracciata alla vita meno rigida dei cenobiti, poiché la vita eremitica era in declino e veniva osservata con poco rigore.
- Terzo, per malattia o delicatezza di salute, per cui spesso accade che uno, pur non potendo osservare le costituzioni di un ordine più rigoroso, è però in grado di osservare quelle di un ordine meno rigido.
C'è però differenza fra questi tre casi.
Infatti nel primo uno è tenuto per umiltà a chiedere il permesso, e tuttavia questo non gli può essere negato, purché consti che l'ordine scelto è più perfetto; « se però ci sono ragioni per dubitarne, si deve ricorrere al giudizio dei superiori », come dice una Decretale [ 3,31,18 ].
- Parimenti si richiede il giudizio dei superiori nel secondo caso.
- Nel terzo invece è necessaria anche una dispensa.
1. Quelli che passano a un ordine più perfetto non lo fanno per presunzione, cioè per paiono più santi, ma per devozione, cioè per diventarlo.
2. La religione dei monaci e quella dei canonici regolari sono ordinate entrambe agli atti della vita contemplativa.
E tra questi i principali sono quelli riguardanti la celebrazione dei divini misteri, a cui direttamente è ordinato l'istituto dei canonici regolari, i quali devono essere di per sé religiosi chierici.
Invece i monaci non sono di per sé chierici, come si legge nel Decreto [ di Graz. 2,16,1,6 ].
Sebbene quindi gli ordini monastici siano di più stretta osservanza, se si tratta di monaci laici è lecito ad essi passare all'ordine dei canonici regolari, come accenna S. Girolamo [ Epist. 125 ] scrivendo al monaco Rustico: « Nel monastero vivi in modo da meritare di essere chierico »; non è invece permesso il contrario, come si legge nei Canoni [ Decr. 2,19,3,3; l. cit. nell'ob. ].
Se però si tratta di monaci chierici, addetti al servizio dei sacri misteri, allora essi sono alla pari dei canonici regolari, con in più un'osservanza più rigorosa.
Sarà quindi lecito passare dai canonici regolari a un ordine monastico, però con il permesso dei superiori, come prescrivono i Canoni [ ib., can. 3 ].
3. Il voto solenne con cui si è professato in un ordine meno perfetto è superiore al voto semplice con cui uno si è obbligato a entrare in un ordine più perfetto: se infatti uno contraesse matrimonio dopo il voto semplice, il vincolo non sarebbe nullo, come lo è invece dopo il voto solenne.
Perciò chi è già professo in un ordine meno perfetto non è tenuto al voto semplice fatto in precedenza di entrare in un ordine più rigoroso.
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