Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 16, q. 1, a. 2; d. 20, q. 1, a. 1, sol. 3; De rat. fidei, c. 7
Pare che non fosse necessario che Cristo patisse per la redenzione del genere umano.
1. Il genere umano non può essere redento che da Dio, stando a quelle parole di Isaia [ Is 45,21 ]: « Non sono forse io il Signore? Fuori di me non c'è altro Dio.
Fuori di me non c'è Dio giusto e salvatore ».
Ma Dio non è soggetto ad alcuna necessità: poiché ciò ripugnerebbe alla sua onnipotenza.
Quindi non era necessario che Cristo soffrisse la passione.
2. Il necessario si contrappone al volontario.
Ora, Cristo patì volontariamente, secondo l'affermazione di Isaia [ Is 53,7 ]: « È stato sacrificato perché lo ha voluto ».
Quindi la sua passione non fu necessaria.
3. Come è detto nei Salmi [ Sal 25,10 ], « tutte le vie del Signore sono misericordia e verità ».
Ora, che Cristo patisse non era necessario rispetto alla misericordia divina, la quale come dona gratuitamente, così pare condonare le colpe senza esigere la soddisfazione.
E nemmeno era richiesto dalla divina giustizia, secondo la quale l'uomo meritava la dannazione eterna.
Non era quindi necessario che Cristo patisse per la redenzione degli uomini.
4. La natura angelica, come insegna Dionigi [ De div. nom. 4,2 ], è superiore a quella umana.
Ma Cristo non patì per redimere la natura angelica che era caduta nel peccato.
Quindi non pare necessario che patisse nemmeno per la salvezza del genere umano.
Sta scritto [ Gv 3,14s ]: « Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'Uomo, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna ».
Ma queste parole si riferiscono all'innalzamento di Cristo sulla croce.
Era quindi necessario che Cristo patisse.
Come insegna il Filosofo [ Met. 5,5 ], molte sono le accezioni del termine necessario.
C'è infatti il necessario che in forza della sua natura non può essere altrimenti.
E in questo senso la passione di Cristo non fu necessaria, né dalla parte di Dio, né dalla parte dell'uomo.
In un altro senso invece una cosa può dirsi necessaria per qualche motivo esterno.
E se si tratta di una causa efficiente o movente, si ha una necessità di coazione: come quando, p. es., uno non può camminare per la violenza di chi lo trattiene.
- Se invece il motivo esterno che crea la necessità è il fine, allora avremo una necessità ipotetica: quando cioè un certo fine non può essere raggiunto in alcun modo, oppure non in modo conveniente, se non con quel dato mezzo.
Quindi la passione di Cristo non era necessaria per una necessità di coazione: né dalla parte di Dio, che l'aveva decretata, né dalla parte di Cristo, che la affrontò volontariamente.
Era invece necessaria secondo la necessità del mezzo al fine.
E ciò risulta da tre punti di vista.
Primo, considerandola dal lato di noi uomini, che da essa siamo stati redenti, come dice il Vangelo [ Gv 3,14s ]: « Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'Uomo, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna ».
- Secondo, considerandola in Cristo medesimo, il quale con l'umiliazione della passione doveva meritare la gloria dell'esaltazione.
Da cui le parole evangeliche [ Lc 24,26 ]: « Il Cristo doveva patire tali cose, e così entrare nella sua gloria ».
- Terzo, considerandola dalla parte di Dio, il cui decreto circa la passione di Cristo era stato preannunziato dalle Scritture e prefigurato nelle osservanze dell'antico Testamento.
Da cui le altre affermazioni evangeliche: « Il Figlio dell'Uomo se ne va, secondo quanto è stabilito » [ Lc 22,22 ]; « Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi » [ Lc 24,44 ]; « Sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno » [ Lc 24,46 ].
1. L'argomento è valido nella misura in cui esclude in Dio la necessità di coazione.
2. L'argomento è valido nella misura in cui esclude la necessità di coazione in Cristo, considerato come uomo.
3. La redenzione dell'uomo mediante la passione di Cristo era consona sia alla misericordia che alla giustizia di Dio.
Alla giustizia, perché Cristo con la sua passione riparò il peccato del genere umano: e così l'uomo fu liberato dalla giustizia di Cristo.
Alla misericordia, perché non essendo l'uomo, di per sé, in grado di soddisfare per il peccato di tutta la natura umana, come si è visto sopra [ q. 1, a. 2, ad 2 ], Dio gli concesse quale riparatore il proprio Figlio, secondo l'insegnamento dell'Apostolo [ Rm 3,24s ]: « Tutti sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù, che Dio ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue ».
E ciò fu un atto di misericordia più grande che il condono dei peccati senza alcuna soddisfazione.
Da cui le parole [ Ef 2,4s ]: « Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo ».
4. Contrariamente al peccato dell'uomo, quello degli angeli non era riparabile, come si è visto nella Prima Parte [ q. 64, a. 2 ].
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