Summa Teologica - III |
Infra, a. 8, ad 4
Pare che si debbano battezzare i peccatori.
1. Zaccaria [ Zc 13,1 ] ha predetto: « In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l'impurità »; e ciò si riferisce al fonte battesimale.
Quindi il sacramento del battesimo va dato anche ai peccatori.
2. Il Signore [ Mt 9,12 ] ha affermato: « Non sono i sani ad aver bisogno del medico, ma i malati ».
Ora, i malati sono appunto i peccatori.
Essendo quindi il battesimo la medicina del medico spirituale, cioè di Cristo, ai peccatori non va negato il sacramento del battesimo.
3. Nessun sussidio va rifiutato ai peccatori.
Ma i peccatori battezzati trovano un aiuto spirituale nello stesso carattere battesimale, essendo esso una disposizione alla grazia.
Quindi ai peccatori va concesso il sacramento del battesimo.
S. Agostino [ Serm. 169,11 ] insegna: « Chi ti ha creato senza di te, non ti giustificherà senza di te ».
Ma il peccatore, non avendo la volontà ben disposta, non coopera con Dio.
Quindi il battesimo non gli serve per la giustificazione.
Uno può dirsi peccatore in due sensi diversi.
Primo, per la macchia e il reato della colpa passata.
E a tali peccatori va conferito il sacramento del battesimo: poiché esso fu istituito particolarmente a questo scopo, cioè per mondare le sozzure dei peccati, secondo le parole di S. Paolo [ Ef 5,26 ]: « Purificando la Chiesa per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola ».
Secondo, uno può dirsi peccatore per la volontà di peccare e per il proposito di persistere nel peccato.
E a tali peccatori il sacramento del battesimo non va conferito.
Primo, poiché mediante il battesimo gli uomini vengono incorporati a Cristo, come dice S. Paolo [ Gal 3,27 ]: « Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo ».
Ma finché uno ha la volontà di peccare non può essere unito a Cristo, poiché sta scritto [ 2 Cor 6,14 ]: « Quale rapporto ci può essere tra la giustizia e l'iniquità? ».
Perciò S. Agostino [ Serm. 351,2 ] dice: « Nessuno che sia padrone della propria volontà può iniziare una nuova vita se non si pente della vita passata ».
- Secondo, poiché nelle funzioni di Cristo e della Chiesa non ci deve essere nulla di inutile.
Ma è inutile ciò che non raggiunge il fine a cui è ordinato.
Ora, nessuno che abbia la volontà di peccare può ottenere la purificazione dei peccati, che è il fine del battesimo: infatti ciò equivarrebbe a porre insieme due cose contraddittorie.
Terzo, poiché nei riti sacramentali va esclusa qualsiasi falsità, e d'altra parte è un segno falso quello a cui non corrisponde la realtà significata.
Ora, il fatto che uno si presenti per essere lavato nel battesimo significa che è disposto all'abluzione interiore.
Il che invece non accade in chi ha il proposito di persistere nel peccato.
È evidente quindi che a tali persone non va concesso il sacramento del battesimo.
1. Il testo si riferisce a quei peccatori che hanno la volontà di recedere dal peccato.
2. Il medico spirituale, cioè Cristo, agisce in due modi.
Primo, da se stesso interiormente: e così prepara la volontà umana a volere il bene e a odiare il male.
Secondo, per mezzo dei suoi ministri, applicando esteriormente i sacramenti: e allora egli opera portando a termine quanto è stato iniziato esteriormente.
Perciò il sacramento del battesimo non va concesso se non a coloro nei quali appare qualche segno di conversione interiore; come anche una medicina corporale non viene data a un infermo se in lui non si manifesta qualche segno di vita.
3. Il battesimo è « il sacramento della fede ».
Ma la fede informe non basta alla salvezza, e neppure ne è il fondamento, ma è necessaria la fede formata, « che opera mediante la carità », come spiega S. Agostino [ De fide et op. 16.27 ].
Quindi nemmeno il sacramento del battesimo può conferire la salvezza quando perdura la volontà di peccare, che esclude la fede formata.
- Né si deve mai disporre una persona alla grazia mediante l'impressione del carattere battesimale finché essa manifesta la volontà di peccare, poiché « Dio non costringe nessuno alla virtù », come avverte il Damasceno [ De fide orth. 2,30 ].
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