Supplemento alla III parte |
Pare che in fin di vita un penitente non possa essere assolto da qualsiasi sacerdote.
1. Per assolvere si richiede la giurisdizione, come si è detto sopra [ a. 4 ].
Ma il sacerdote non acquista la giurisdizione sul penitente per il fatto che questi è in fin di vita.
Quindi neppure allora può assolverlo.
2. Chi in punto di morte riceve il battesimo da altri, non deve essere ribattezzato dal proprio sacerdote.
Se quindi in punto di morte qualsiasi sacerdote potesse assolvere da qualsiasi peccato, il penitente che sopravvive non sarebbe tenuto a ricorrere al proprio sacerdote.
Il che è falso, poiché in tal caso costui non potrebbe « conoscere il volto della sua pecora » [ Pr 27,23 Vg ].
3. In punto di morte la facoltà di battezzare viene data sia a un sacerdote estraneo che a un non sacerdote.
Ma chi non è sacerdote non può mai assolvere in confessione.
Perciò neppure in punto di morte un sacerdote può assolvere chi non è sotto la sua giurisdizione.
1. La necessità spirituale è più impellente di quella materiale.
Ora, nell'estrema necessità chiunque può servirsi della roba altrui, anche contro il volere del padrone, per le necessità del proprio corpo.
Quindi in pericolo di morte, per soddisfare a una necessità spirituale, si può essere assolti da qualsiasi sacerdote.
2. In tal senso si esprimono i testi riferiti dalle Sentenze [ 4,20,6 ].
Ogni sacerdote per il potere delle chiavi ha facoltà su tutti i fedeli e per tutti i peccati, e il fatto che non possa assolvere tutti da tutti i peccati dipende dalla limitazione o dalla privazione totale della giurisdizione, ordinata dalla legge ecclesiastica.
Ma poiché « la necessità non ha legge » [ Decretales 3,46,2 ], in caso di urgente necessità la disposizione della Chiesa non impedisce che egli possa assolvere anche sacramentalmente, dal momento che ha il potere delle chiavi: e l'effetto di tale assoluzione è pari a quello ottenuto mediante l'assoluzione dal proprio sacerdote.
Anzi, in questo caso uno può essere assolto da qualsiasi sacerdote non solo da qualunque peccato, ma anche da qualsiasi scomunica, da chiunque sia stata data.
E anche questa assoluzione rientra nella giurisdizione, che è coartata dalle leggi ecclesiastiche.
1. Poiché i compiti che implicano giurisdizione possono essere delegati, uno può sempre usare la giurisdizione di un altro, col suo permesso.
Ora, per il fatto stesso che la Chiesa ammette che qualsiasi sacerdote possa assolvere in pericolo di morte, ogni sacerdote che non ha la giurisdizione ne acquista l'uso.
2. Costui è tenuto a ricorrere al proprio sacerdote: non per essere assolto di nuovo dai peccati dai quali era stato assolto in punto di morte, ma affinché il parroco sappia che è stato assolto.
- E così pure chi fu assolto dalla scomunica deve andare dal giudice che aveva la facoltà di assolverlo, non per chiedere l'assoluzione, ma per offrire la soddisfazione.
3. Il battesimo deve la sua efficacia alla consacrazione della materia sacramentale: perciò da chiunque sia amministrato, esso risulta valido.
Invece l'efficacia del sacramento della penitenza deriva dalla consacrazione del ministro.
Quindi colui che si confessa a un laico, sebbene per parte sua compia quanto spetta alla confessione, tuttavia non può ricevere l'assoluzione sacramentale.
E così tale confessione gli vale per quella diminuzione della pena che è dovuta al merito e al valore espiatorio del proprio atto, ma egli non consegue quella diminuzione della pena che deriva dal potere delle chiavi.
Per questo è tenuto a riconfessarsi dal sacerdote; altrimenti, morendo dopo tale confessione, verrà punito più che se si fosse confessato da un sacerdote.
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