Supplemento alla III parte |
Pare che non basti la confessione generale per cancellare i peccati mortali dimenticati.
1. Non è necessario confessare di nuovo un peccato già cancellato dalla confessione.
Se quindi con la confessione generale venissero cancellati anche i peccati dimenticati, non sarebbe necessario che uno li confessasse quando se ne ricorda.
2. Chi non ha coscienza di peccato o è innocente, oppure si è scordato del suo peccato.
Se dunque con la confessione generale venissero cancellati anche i peccati mortali dimenticati, chi non ha coscienza di alcun peccato grave potrebbe essere certo, con la confessione generale, di essere immune dal peccato mortale.
Il che va contro l'affermazione dell'Apostolo [ 1 Cor 4,4 ]: « Anche se non sono consapevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato ».
3. Nessuno può ottenere un vantaggio dalla propria negligenza.
Ora, non può capitare senza negligenza che uno dimentichi un peccato mortale prima che gli venga perdonato.
Perciò egli non può ottenere da questo fatto il vantaggio di essere perdonato di una colpa senza confessarla espressamente.
4. È certamente più lontano dal pensiero di chi si confessa ciò che è del tutto ignorato che ciò che è da lui dimenticato.
Eppure la confessione generale non cancella i peccati commessi per ignoranza: perché altrimenti gli eretici, e anche certa gente semplice, i quali ignorano che certi peccati in cui si trovano sono peccati, verrebbero assolti anch'essi con la confessione generale: il che è falso.
Quindi la confessione generale non cancella i peccati dimenticati.
1. Nei Salmi [ Sal 34,6 ] si legge: « Accostatevi a lui e sarete raggianti, i vostri volti non conosceranno la confusione ».
Ma chi confessa tutto ciò che sa si avvicina a Dio per quanto gli è possibile.
Da lui infatti non si può esigere di più.
Egli perciò non viene confuso, così da essere respinto, ma riceve il perdono.
2. Chi si confessa riceve il perdono, a meno che non agisca con finzione.
Ma chi confessa tutti i peccati che ha in mente, se ne dimentica qualcuno non agisce con finzione: poiché è vittima dell'ignoranza di fatto, che scusa dal peccato.
Quindi ottiene il perdono.
E così i peccati dimenticati sono condonati: essendo « cosa empia sperare un perdono a metà » [ De vera et falsa poenit. 9 ].
La confessione presuppone la contrizione che cancella la colpa.
E così la confessione è ordinata direttamente a cancellare la pena: e realizza questo effetto per la vergogna che implica, e per il potere delle chiavi a cui si sottopone chi si confessa.
Ora, può capitare che un peccato, cancellato quanto alla colpa per la contrizione precedente, sia in generale, se non se ne aveva coscienza nell'atto del pentimento, sia in particolare, venga però dimenticato prima della confessione.
Allora la confessione generale sacramentale produce il condono della pena per il potere delle chiavi, a cui il penitente si sottomette senza porre ostacoli, per quanto dipende da lui.
Però non ne consegue la diminuzione della pena derivante dalla vergogna della confessione, in riferimento a quel peccato che il penitente non ha confessato in particolare davanti al sacerdote.
1. Nella confessione sacramentale si richiede non soltanto l'assoluzione, ma anche il giudizio del sacerdote che deve imporre la soddisfazione.
E così sebbene uno sia stato assolto, tuttavia è tenuto a confessare [ il peccato dimenticato ], per supplire a quanto era mancato nella sua confessione.
2. La confessione, come si è detto [ nel corpo ], non agisce che in forza della contrizione precedente.
E questa nessuno può sapere quando sia vera; come nemmeno può sapere con certezza se abbia la grazia.
Perciò uno non può sapere con certezza se con la confessione generale gli siano stati perdonati i peccati dimenticati; sebbene possa arguirlo da alcuni indizi.
3. Costui non ritrae un vantaggio dalla sua negligenza.
Poiché in tal modo non ottiene la piena remissione che altrimenti avrebbe ottenuto.
E neppure merita allo stesso modo.
Inoltre è tenuto a riconfessarsi, quando il peccato torna alla mente.
4. L'ignoranza della legge non scusa, essendo essa stessa un peccato [ cf. I-II, q. 76, a. 2 ]; scusa invece l'ignoranza del fatto.
Se quindi uno non confessa dei peccati che per ignoranza della legge divina non riconosce come peccati, non viene scusato dal peccato di finzione.
Ne sarebbe invece scusato se non li ritenesse peccati perché ignora una circostanza particolare: come se uno, p. es., compisse l'atto matrimoniale con una donna estranea ritenendola sua moglie.
Ora, la dimenticanza di un atto peccaminoso rientra nell'ignoranza del fatto.
E così uno è scusato dal peccato di finzione, che impedisce il frutto sia dell'assoluzione che della confessione.
Indice |