Supplemento alla III parte |
Pare che le chiavi non siano due, ma una sola.
1. Per una sola serratura non si richiede che una sola chiave.
Ora, la serratura alla cui apertura sono ordinate le chiavi della Chiesa è il peccato.
Perciò contro il solo peccato la Chiesa non ha bisogno di due chiavi.
2. Le chiavi vengono consegnate con il conferimento dell'ordine sacro.
Ma la scienza non sempre è avuta per infusione, bensì talora viene acquistata, né a possederla sono tutti e soli gli ordinati, ma anche alcuni non ordinati.
Quindi « la scienza » non è una chiave.
Perciò la chiave è una sola, ossia « il potere di giudicare ».
3. Il potere che il sacerdote ha sul corpo mistico dipende da quello che egli ha sul corpo reale di Cristo.
Ora, il potere di consacrare il corpo reale di Cristo è unico.
Quindi è unica anche la chiave che consiste nel potere riguardante il corpo mistico.
1. Le chiavi sono più di due.
Per un atto umano infatti si richiedono non solo la scienza e la potenza, ma anche la volontà.
Ora, tra le chiavi troviamo elencate « la scienza per discernere » [ cf. Sent. 4,18,2 ], e « il potere di giudicare ».
Perciò dovrebbe porsi tra le chiavi anche « la volontà di assolvere ».
2. A rimettere i peccati è tutta la Trinità.
Ora, mediante le chiavi il sacerdote è ministro della remissione dei peccati.
Quindi egli deve avere tre chiavi per rappresentare la Trinità.
In ogni atto che per essere esercitato richiede l'idoneità del soggetto che deve usufruirne sono necessarie due cose dalla parte di chi deve porlo: il giudizio circa l'idoneità di chi deve usufruirne e il compimento dell'atto.
Perciò anche nell'atto di giustizia in cui si rende a qualcuno ciò che gli spetta si richiede il giudizio per discernere se costui lo merita, e la consegna della cosa meritata.
E per entrambe le funzioni è indispensabile un'autorità, ossia il potere: infatti non possiamo dare se non ciò che è in nostro potere, né si può parlare di giudizio se questo non ha forza coattiva.
Il giudizio infatti è la determinazione di un caso concreto, che nelle scienze speculative avviene ricorrendo alla forza dei primi princìpi, che sono incontrovertibili, ma nel campo pratico avviene ricorrendo alla forza coattiva esistente nel giudice.
E poiché l'esercizio delle chiavi richiede l'idoneità di chi deve usufruirne, dato che con le chiavi « il giudice ecclesiastico riceve gli idonei ed esclude gli indegni », secondo le parole della definizione sopra riferita [ a. 2, ob. 1 ], di conseguenza sono qui necessari il giudizio discretivo, per giudicare dell'idoneità, e l'atto stesso del ricevere; e sia per l'uno che per l'altro si richiede una certa autorità, o potere.
Così dunque le chiavi sono due: la prima riguarda il giudizio circa l'idoneità di chi deve essere assolto, mentre la seconda riguarda la stessa assoluzione.
Queste due chiavi però non si distinguono per la natura dell'autorità che esse incarnano, ma in rapporto agli atti, di cui uno presuppone l'altro.
1. Ad aprire una sola serratura non è ordinata immediatamente che una chiave sola; nulla però impedisce che una chiave sia ordinata all'atto di un'altra.
Infatti la seconda chiave, denominata « potere di legare e di sciogliere », è quella che immediatamente apre la serratura del peccato; però la chiave « della scienza » mostra a chi la si deve aprire.
2. Circa la chiave della scienza ci sono due opinioni.
Alcuni hanno affermato che la scienza quale abito acquisito o infuso è qui denominata chiave non direttamente, ma solo in ordine all'altra chiave.
Perciò quando è indipendente da quella, come nella persona istruita che non è sacerdote, non è detta chiave.
E così pure capita che di questa chiave alcuni sacerdoti siano sprovvisti perché non hanno la scienza, né acquisita né infusa, per sciogliere e per legare; essi tuttavia ricorrono talvolta a una certa abilità naturale, che questi autori denominano « chiavina ».
Sebbene dunque la chiave della scienza non venga conferita con l'ordine sacro, è l'ordine a far sì che essa sia una chiave, mentre prima non lo era.
E pare che questa fosse l'opinione del Maestro delle Sentenze [ 4,19,1 ].
Ma ciò non sembra concordare con le parole evangeliche [ Mt 16,19 ], che promettono a Pietro « le chiavi »: quindi nell'ordine sacro non viene data una chiave soltanto, ma due.
E così l'altra opinione sostiene che la chiave non sta nella scienza quale abito, ma nell'autorità di esercitare l'atto del sapere.
E tale autorità in certi casi è priva di scienza, mentre in altri casi la scienza è priva di essa.
Come è evidente anche nei tribunali civili: ci sono infatti dei giudici che hanno l'autorità di giudicare senza conoscere il diritto; e al contrario ce ne sono di quelli che hanno la conoscenza del diritto senza avere l'autorità di giudicare.
Poiché dunque le funzioni del giudice, alle quali uno è ordinato in base all'autorità che riveste e non in base alla scienza che può avere, non possono essere compiute convenientemente senza queste due cose, ne viene che non si può accettare senza peccato l'autorità di giudicare, che è la chiave, quando si è privi della scienza; la scienza invece può essere posseduta senza peccato anche da chi è privo dell'autorità.
3. L'atto unico al quale è ordinato il potere di consacrare è di un altro genere, per cui non può rientrare nella medesima suddivisione delle chiavi; né può essere molteplice come quest'ultimo potere, che ha di mira atti diversi.
E ciò nonostante il fatto che il potere [ sacerdotale ] sia essenzialmente unico, come si è già notato [ nel corpo; a. 2, ad 1 ].
4. [ S. c. 1 ]. Ciascuno è sempre libero di volere.
Quindi per volere non si richiede un'autorità.
E così la volontà non è enumerata tra le chiavi.
5. [ S. c. 2 ]. Tutta la Trinità rimette i peccati come li rimette ciascuna Persona.
Perciò non è necessario che il sacerdote, che è ministro della Trinità, abbia tre chiavi.
E specialmente perché la volontà, che è appropriata allo Spirito Santo, non richiede chiavi, come si è detto [ ad 4 ].
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