Supplemento alla III parte |
Pare che sia lecito avere relazioni di carattere temporale con gli scomunicati.
1. La scomunica è un atto del potere delle chiavi.
Ma tale potere si estende solo alle cose spirituali.
Perciò con la scomunica non si escludono le relazioni di ordine temporale.
2. « Ciò che fu istituito in favore della carità non può andare contro di essa » [ Bern, De praec. et disp. 2,5 ].
Ora, il precetto della carità ci comanda di soccorrere i nemici, il che non può farsi senza avere relazione con essi.
Perciò è lecito avere relazioni di ordine temporale con gli scomunicati.
L'Apostolo [ 1 Cor 5,11 ] dice: « Con questi tali non dovete neanche mangiare insieme ».
Vi sono due specie di scomunica.
La prima è la scomunica minore, che esclude dalla partecipazione ai sacramenti, ma non dalla comunione dei fedeli.
Quindi si può trattare con chi è colpito da tale pena, ma non gli si possono amministrare i sacramenti.
L'altra è la scomunica maggiore: e questa esclude sia dai sacramenti della Chiesa che dalla comunione dei fedeli.
Perciò in questo caso non è lecita alcuna relazione.
Siccome però la Chiesa impone la scomunica non per la morte, ma come rimedio, da questa regola generale sono escluse le cose riguardanti la salvezza.
E così con gli scomunicati si può parlare di queste cose, e inserire anche altri discorsi allo scopo di fare accettare più facilmente, con la propria familiarità, una parola di salvezza.
Dalla stessa norma sono escluse anche quelle persone che sono tenute a speciali riguardi verso lo scomunicato: come « la moglie, i figli, i coloni e i servi » [ Decr. di Graz. 2,11,3,103 ].
Quanto ai figli, qui si intende di quelli non emancipati, poiché gli emancipati sono tenuti a evitare ogni relazione col padre scomunicato.
Le altre persone possono poi trattare con lo scomunicato soltanto se erano a lui sottomesse prima che egli incorresse nella scomunica.
- Alcuni però interpretano [ la legge ] in senso inverso, nel senso cioè che i superiori [ scomunicati ] possono trattare con gli inferiori.
Altri al contrario lo negano.
Bisogna però concedere anche agli scomunicati di soddisfare agli obblighi che essi hanno verso gli inferiori: poiché come questi devono ubbidire, così quelli devono prendersi cura dei sottoposti.
Sono poi sottratti [ alla norma suddetta ] anche altri casi [ can. cit. ]: ad es. « quando si ignora la scomunica »; e quando uno « viaggia o si trova come pellegrino entro un territorio di scomunicati », dai quali egli può « comprare », o anche « ricevere » l'elemosina.
E lo stesso si dica se una persona trova uno scomunicato nel bisogno: perché allora deve soccorrerlo in forza della carità.
Questi casi sono dunque espressi nel verso seguente: « Utilità, legge, inferiorità, ignoranza, necessità »: dove l'« utilità » si riferisce alle buone parole, la « legge » al matrimonio, l'« inferiorità » alla sudditanza.
Il resto è evidente.
1. Le cose temporali sono ordinate a quelle spirituali.
Perciò il potere su queste si può estendere anche a quelle: come « l'arte che ha per oggetto il fine dirige quelle che riguardano i mezzi » [ Arist., Ethic. 1,1 ].
2. Nel caso in cui uno è obbligato dalla carità a trattare con gli scomunicati, la proibizione non ha più valore, come si è visto [ nel corpo ].
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