Supplemento alla III parte |
Pare che la costrizione del timore non possa smuovere « un uomo risoluto » [ Decretales 1,40,4 ].
1. È proprio dell'uomo risoluto non temere il pericolo.
Essendo dunque il timore « una trepidazione dell'animo nell'imminenza del pericolo » [ Dig. 4,2,1 ], sembra che tale uomo non possa essere costretto dal timore.
2. Secondo il Filosofo [ Ethic. 3,9 ] « la morte è la cosa più terribile », essendo l'oggetto più perfetto del timore.
Ma gli uomini risoluti non si lasciano costringere dalla morte: poiché il coraggioso la sa affrontare.
Quindi nessun timore può smuovere l'uomo risoluto.
3. Fra tutti i pericoli i buoni temono specialmente l'infamia.
Eppure il timore dell'infamia non è considerato dalla legge civile come capace di smuovere un uomo risoluto: infatti si legge [ Dig. 4,2,7 ] che « il timore dell'infamia non rientra nell'editto: "Ciò che è stato compiuto per paura"».
Quindi neppure gli altri timori possono smuovere l'uomo risoluto.
4. L'intimidazione non lascia senza peccato colui che la subisce: poiché gli fa promettere ciò che egli non vuole mantenere, e quindi lo fa mentire.
Ma non è dell'uomo risoluto commettere peccati, anche minimi, per paura.
Quindi nessun timore può smuovere un uomo risoluto.
1. Abramo e Isacco erano uomini risoluti.
Eppure si lasciarono smuovere dal timore: poiché per paura dissero che le loro mogli erano loro sorelle [ Gen 12,13ss; Gen 20; Gen 26,7ss ].
Perciò il timore può smuovere anche un uomo risoluto.
2. In tutti i casi di violenza « mista » si riscontra l'influsso del timore.
Ma per quanto uno sia risoluto può sempre subire tale violenza: se infatti è in mare, getterà via le merci se c'è il pericolo di naufragio.
Quindi il timore può smuovere anche un uomo risoluto.
Un uomo viene smosso dal timore quando ne subisce la costrizione.
E tale costrizione viene subìta quando uno compie ciò che altrimenti non vorrebbe, per evitare ciò che teme.
Ma l'uomo risoluto si distingue dall'irrisoluto per due motivi.
Primo per la diversa qualità dei pericoli temuti.
Poiché l'uomo risoluto e costante segue la retta ragione, che gli indica ciò che deve preferire.
Ora, bisogna preferire sempre il minor male, oppure il maggior bene.
Perciò l'uomo risoluto dal timore di un male maggiore si lascia costringere a un male minore, mentre non si lascia mai costringere a un male maggiore per evitarne uno minore.
Invece l'irrisoluto si lascia costringere a un male maggiore per paura di mali minori: ad es. si abbandona al peccato per paura di un danno materiale.
L'ostinato al contrario non si lascia costringere a subire neppure un male minore per evitare un male maggiore.
Perciò il risoluto sta fra l'irrisoluto e l'ostinato.
Secondo, il risoluto si distingue dall'irrisoluto anche per il giudizio sull'imminenza del pericolo.
Poiché il primo si lascia smuovere solo da indizi gravi ed evidenti, il secondo invece da indizi leggeri: « l'empio » infatti, dicono i Proverbi [ Pr 28,1 ], « fugge anche se nessuno lo insegue ».
1. L'uomo risoluto, come il Filosofo [ Ethic. 3,7 ] dice anche del coraggioso, è intrepido, ma non nel senso che non teme in alcun modo, bensì nel senso che non teme ciò che non si deve temere, o quando non si deve temere.
2. I peccati sono il male supremo.
Per questo l'uomo risoluto non può mai esservi costretto: anzi, uno deve piuttosto morire che accettarli, come insegna anche il Filosofo [ Ethic. 3,1 ].
Ma fra i danni materiali alcuni sono più piccoli, altri più gravi.
E tra questi i principali sono i danni personali, come la morte, le percosse, lo stupro e la schiavitù.
Perciò l'uomo risoluto può lasciarsi costringere dal timore di essi a subire altri danni materiali.
E tali danni maggiori sono appunto riassunti in quel verso: « Stupro, schiavitù, fustigazione e morte ».
E non c'è differenza se queste minacce riguardano la persona propria o quella della moglie, dei figli o degli amici.
3. Sebbene l'infamia sia un danno grave, tuttavia può essere facilmente scongiurata.
Per questo secondo il diritto civile il timore dell'infamia non viene ammesso nell'uomo risoluto.
4. Il timore non costringe l'onesto a mentire, poiché in quel momento la persona virtuosa vuole dare; dopo però vuole chiedere la restituzione, o almeno denunziare la cosa al giudice, se promise di non chiedere la restituzione.
Invece non può promettere di non denunziare, essendo ciò contrario alla giustizia: quindi non può lasciarsi costringere a questo, dato che ciò equivarrebbe ad agire contro la giustizia.
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