Supplemento alla III parte |
Pare che dopo la separazione il marito e la moglie non possano riconciliarsi.
1. Nel diritto [ Decr. di Graz. 2,6,4,6 ] si riscontra questa norma: « Ciò che è stato ben definito una volta non deve essere ritrattato con una nuova decisione ».
Ma che essi dovessero separarsi fu definito dalla Chiesa.
Quindi non possono più riconciliarsi.
2. Se la riconciliazione fosse possibile, pare che il marito dovrebbe essere tenuto a riprendere la moglie soprattutto dopo la sua emendazione.
Invece non è tenuto: poiché la moglie non può portare l'emendazione a propria difesa, quando il marito la accusa di adulterio.
Perciò la riconciliazione non può essere fatta in alcun modo.
3. Se fosse possibile la riconciliazione, la moglie adultera dovrebbe essere tenuta a tornare col marito che la richiama.
Invece non è tenuta: poiché ormai sono separati per un giudizio della Chiesa.
Quindi ecc.
4. Se fosse lecita la riconciliazione con la moglie adultera, questa dovrebbe avvenire soprattutto quando si riscontra che il marito dopo il divorzio ha commesso adulterio.
E invece neppure in questo caso la moglie può obbligarlo a riconciliarsi, dopo una giusta sentenza di separazione.
Quindi in nessun caso possono riconciliarsi.
5. Se un marito occultamente adultero rimanda la moglie convinta di adulterio dinanzi al tribunale della Chiesa, la separazione è un atto ingiusto.
Eppure il marito non è tenuto a riprendere la moglie: poiché questa non è in grado di provare in giudizio l'adulterio del marito.
Molto meno quindi può avvenire la riconciliazione quando la separazione è stata fatta giustamente.
1. S. Paolo [ 1 Cor 7,11 ] ha scritto: « Se [ la moglie ] si separa, rimanga senza sposarsi o si riconcilii col marito ».
2. Il marito aveva la facoltà di non rimandare la moglie dopo l'adulterio.
Quindi per lo stesso motivo può riconciliarsi con essa.
Se la moglie dopo la separazione si è emendata dal suo peccato facendo penitenza, il marito può riconciliarsi con essa.
Se invece rimane incorreggibile, non deve riprenderla: per lo stesso motivo per cui non può tenerla quando essa non intende desistere dal peccato.
1. La sentenza ecclesiastica di divorzio non imponeva la separazione, ma ne accordava la facoltà.
Perciò la riconciliazione può essere fatta senza la ritrattazione della sentenza precedente.
2. L'emendazione della moglie deve indurre il marito a non accusare e a non rimandare l'adultera, ma non è possibile costringerlo a questo; e neppure la moglie può costringerlo a desistere dall'accusa con il suo pentimento.
Poiché la colpa, anche se cessa come atto e come macchia, rimane ancora come reato; e pur cessando come reato rispetto a Dio, rimane come reato rispetto al castigo della giustizia umana, poiché l'uomo non può, al pari di Dio, vedere il cuore [ 1 Sam 16,7 ].
3. La sentenza che viene pronunziata a favore di una persona non può recarle pregiudizio.
Essendo dunque la separazione accordata a favore del coniuge [ innocente ], essa non toglie a quest'ultimo la facoltà di chiedere il debito coniugale o di riprendere la moglie [ colpevole ].
Perciò la moglie è tenuta a tornare da lui, se viene richiamata, a meno che non abbia fatto voto di castità con il suo consenso.
4. Per l'adulterio da lui commesso dopo la separazione, a rigore di legge il marito prima innocente non può essere costretto a riprendere la moglie adultera.
Tuttavia secondo le regole dell'equità e in virtù del suo ufficio il giudice deve costringerlo a evitare il pericolo della sua anima e lo scandalo altrui, sebbene la moglie non abbia il diritto di chiedere la riconciliazione.
5. Anche se l'adulterio del marito è occulto, esso non toglie tuttavia il diritto di avvalersene contro l'accusa portata da lui contro la moglie adultera, sebbene essa non sia in grado di provarlo.
Quindi tale marito chiedendo il divorzio commette peccato: e se dopo la sentenza di separazione la moglie chiede il debito coniugale oppure la riconciliazione, è tenuto all'una e all'altra cosa.
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