Supplemento alla III parte |
Pare che il coniuge non sia tenuto a rendere alla comparte il debito coniugale per una necessità di precetto.
1. Nessuno viene impedito dal ricevere l'Eucaristia dall'adempimento di un precetto.
Ma chi rende il debito coniugale alla moglie, secondo S. Girolamo [ P. Lomb., Sent. 4,32,3 ], non può cibarsi delle carni dell'Agnello.
Quindi rendere il debito coniugale non è di precetto.
2. Chiunque può astenersi lecitamente da quanto è nocivo alla sua persona.
Ma talora rendere il debito coniugale alla comparte che lo chiede è nocivo alla propria persona, o per causa di malattia, o perché è stato già reso.
Perciò sembra che sia lecito negare il debito coniugale.
3. Chi si rende impotente a compiere ciò a cui è tenuto per un precetto, commette peccato.
Se quindi uno fosse tenuto per precetto a rendere il debito coniugale, peccherebbe quando digiunasse o debilitasse il proprio corpo rendendosi inabile a rendere il debito coniugale.
Il che non sembra vero.
4. Secondo il Filosofo [ Ethic. 8,12 ], il matrimonio è ordinato alla procreazione e all'educazione della prole, nonché alla comunanza di vita.
Ma la lebbra è incompatibile con entrambi tali fini: poiché essendo una malattia contagiosa, fa sì che la donna non sia tenuta a convivere col marito lebbroso; inoltre questa malattia spesso si trasmette alla prole.
Quindi la moglie non è tenuta a rendere il debito coniugale al marito lebbroso.
1. Come lo schiavo è sotto il dominio del padrone, così un coniuge è sotto il dominio dell'altro, secondo l'insegnamento di S. Paolo [ 1 Cor 7,4 ].
Ma lo schiavo è tenuto per necessità di precetto a prestare servizio al suo padrone, stando a quelle parole dell'Apostolo [ Rm 13,7 ]: « Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi le tasse, le tasse », ecc.
Quindi un coniuge è tenuto per necessità di precetto a rendere all'altro il debito coniugale.
2. Il matrimonio è destinato a far evitare la fornicazione, come afferma S. Paolo [ 1 Cor 7,2 ].
Ma ciò sarebbe impossibile se non ci fosse l'obbligo reciproco di rendere il debito quando uno è molestato dalla concupiscenza.
Perciò rendere il debito coniugale è di necessità di precetto.
Il matrimonio fu istituito principalmente come compito naturale.
Perciò negli atti che lo riguardano si deve seguire il processo della natura.
Ora, in tale processo la facoltà nutritiva fornisce alla generativa solo quegli umori che formano il sovrappiù di quanto serve alla conservazione dell'individuo: poiché l'ordine naturale esige che uno prima completi se stesso, e successivamente trasmetta ad altri la propria perfezione.
E tale è anche l'ordine della carità, che perfeziona la natura.
Siccome dunque la moglie ha potere sul marito solo rispetto alla potenza generativa, e non su quanto è ordinato alla conservazione dell'individuo, di conseguenza il marito è tenuto a renderle il debito coniugale in quelle cose che riguardano la generazione della prole, salva però innanzitutto l'incolumità della persona.
1. Uno può rendersi inabile a un ufficio sacro anche eseguendo un'opera di precetto: come è evidente nel caso del giudice che condannando a morte per dovere di precetto un delinquente, diventa irregolare.
E così chi per dovere di precetto rende il debito coniugale viene reso non idoneo a eseguire gli uffici sacri non perché quell'atto sia un peccato, ma per la sua carnalità.
Difatti il Maestro delle Sentenze [ l. cit. nell'ob. ] spiega che S. Girolamo intende parlare solo dei ministri della Chiesa, e non dei semplici fedeli, che sono da lasciare al loro personale giudizio, avendo essi la facoltà di ricevere il corpo di Cristo senza peccato o di privarsene per devozione.
2. La moglie, come si è spiegato [ nel corpo ], ha dominio sul corpo del marito salva però l'incolumità della sua persona.
Per cui se passa questo limite la sua non è più una richiesta, ma un'esazione ingiusta.
E il marito non è tenuto ad accontentarla.
3. Se uno è reso impotente a rendere il debito coniugale per un fatto dovuto al matrimonio, ad es. per un atto matrimoniale precedente, allora la donna non ha il diritto di chiederlo ancora: e facendolo mostra di essere più una meretrice che una moglie.
Se invece uno è reso impotente per altre cause, qualora si tratti di una causa lecita, anche allora l'uomo non è tenuto, e la donna non può esigere il debito coniugale.
Se però fosse una causa illecita, in tal caso peccherebbe, e a lui andrebbe in qualche modo imputato anche il peccato della moglie, se essa commettesse per questo un atto di lussuria.
Perciò il marito, per quanto gli è possibile, è tenuto a fare in modo che la moglie osservi la continenza.
4. La lebbra scioglie gli sponsali, ma non il matrimonio.
Perciò la moglie è tenuta a rendere il debito coniugale al marito lebbroso.
Non è tenuta però a coabitare con lui: poiché l'infezione non si propaga tanto col rapporto sessuale, quanto piuttosto con la frequente convivenza.
E quand'anche ne nascesse una prole malata, meglio è per questa esistere in questo modo che non esistere affatto.
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