Supplemento alla III parte |
Pare che i santi non conoscano le nostre preghiere.
Infatti:
1. Nel commentare quel testo di Isaia [ Is 63,16 ]: « Tu sei nostro padre, poiché Abramo non ci riconosce e Israele non si ricorda di noi », la Glossa [ interlin. ] afferma che « i santi morti ignorano ciò che fanno i vivi, anche i loro figli »
E l'affermazione deriva da S. Agostino [ De cura pro mortuis 13 ], il quale aggiunge: « Se tali patriarchi ignorarono le vicende del popolo da essi generato, è mai possibile che i morti si interessino di conoscere e cerchino di influenzare le vicende dei vivi? ».
Quindi i santi non possono conoscere le preghiere che ad essi rivolgiamo.
2. Al re Giosia fu detto [ 2 Re 22,20 ]: « Per questo ( cioè perché hai pianto al mio cospetto ) ti riunirò ai tuoi padri, affinché i tuoi occhi non vedano tutti i mali che io farò venire su questo luogo ».
Ora, la morte di Giosia non sarebbe servita in nulla a tale scopo se poi egli avesse potuto conoscere le vicende del suo popolo.
Quindi i santi dopo la morte ignorano le nostre cose.
Perciò neppure ascoltano le nostre preghiere.
3. Quanto più uno è perfetto nella carità, tanto più aiuta il prossimo in pericolo.
Ora, i santi da vivi aiutano e salvano manifestamente dai pericoli il loro prossimo, soprattutto i congiunti.
Siccome dunque dopo la morte essi hanno una carità molto maggiore, se conoscessero le nostre miserie provvederebbero ancora di più ad aiutare nelle necessità i loro cari.
Ma non sembra che essi lo facciano.
Perciò sembra che essi ignorino le nostre azioni e le nostre preghiere.
4. I santi dopo la morte vedono il Verbo al pari degli angeli, dei quali nel Vangelo [ Mt 18,10 ] si legge: « I loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio ».
Ma gli angeli, pur contemplando il Verbo, non hanno la conoscenza di ogni cosa: poiché, come dice Dionigi [ De cael. hier. 7,3 ], gli angeli superiori istruiscono gli inferiori.
Perciò neanche i santi, pur contemplando il Verbo, conoscono in lui le nostre preghiere e quanto ci accade.
5. Solo Dio « scruta i cuori ».
Ma la preghiera si fa soprattutto col cuore.
Quindi soltanto Dio conosce le nostre preghiere.
Perciò i santi non le conoscono.
1. S. Gregorio [ Mor. 12,21 ], commentando le parole di Giobbe [ Gb 14,21 ]: « Egli non saprà se i suoi figli saranno onorati o disprezzati », afferma: « Non si può pensare questo delle anime sante.
Poiché ad esse, che contemplano lo splendore di Dio Onnipotente, non si può assolutamente credere che possa sfuggire qualcosa ».
Quindi i santi conoscono le nostre preghiere.
2. Lo stesso S. Gregorio nei Dialoghi [ 2,35 ] scrive: « Per l'anima che vede il creatore ogni creatura diviene angusta.
Non appena infatti essa contempla lo splendore del Creatore, tutto ciò che è creato si restringe ».
Ora, l'unica cosa che potrebbe impedire alle anime dei beati di conoscere le nostre condizioni e le nostre preghiere è la distanza.
Ma siccome tale distanza non è un ostacolo, come appare chiaro dal testo allegato, sembra che le anime dei santi conoscano le nostre preghiere e le nostre vicende terrene.
3. Se i santi ignorassero le vicende umane e le nostre preghiere non pregherebbero per noi, ignorando anche le nostre necessità.
Ma questo era l'errore di Vigilanzio, come sappiamo dalla lettera che S. Girolamo scrisse contro di lui.
Quindi i santi conoscono le vicende che ci riguardano.
L'essenza divina è un mezzo sufficiente per conoscere ogni cosa: come risulta evidente dal fatto che Dio attraverso la sua essenza vede tutto [ cf. I, q. 14, a. 5 ].
Non ne segue però che chiunque vede l'essenza divina conosca tutto, ma solo chi ne ha la comprensione totale [ cf. I, q. 12, a. 8 ]: come dalla conoscenza di un principio può conoscerne tutte le conseguenze solo chi ne abbraccia tutta la virtualità.
Ora, siccome le anime dei beati non comprendono l'essenza divina, neppure conoscono necessariamente tutto ciò che si può conoscere attraverso di essa.
Infatti su certe cose persino gli angeli inferiori sono istruiti da quelli superiori, benché tutti vedano l'essenza divina.
Invece ogni beato potrà vedere nell'essenza divina quelle cose che sono indispensabili alla sua perfetta beatitudine.
Ora, la perfetta beatitudine esige che « l'uomo abbia tutto ciò che vuole, e nulla voglia disordinatamente » [ Agost., De Trin. 13,5.8 ].
Ciascuno poi desidera giustamente conoscere quelle cose che lo riguardano.
Siccome dunque i santi sono perfetti nella giustizia, essi desiderano conoscere le cose che li riguardano.
Bisogna quindi che nel Verbo essi le vedano.
Ora, appartiene alla loro gloria soccorrere i bisognosi in vista dell'eterna salvezza: poiché così facendo diventano « cooperatori di Dio, cosa di cui non vi è nulla di più divino », secondo l'espressione di Dionigi [ De cael. hier. 3,2 ].
È chiaro dunque che i santi non ignorano ciò che è richiesto per tale opera.
Perciò essi nel Verbo di Dio conoscono i desideri, le preghiere e le devozioni dei fedeli che implorano il loro aiuto.
1. Il testo di S. Agostino si riferisce alla cognizione naturale delle anime separate, che nei santi non è certamente ottenebrata come nei peccatori, ma non intende parlare della loro conoscenza nel Verbo, conoscenza che Abramo al tempo in cui Isaia pronunciava quelle parole non poteva avere: poiché nessuno giunse alla visione di Dio prima della passione di Cristo.
2. Non si deve credere che i santi, pur conoscendo dopo la morte le vicende umane, siano afflitti alla vista delle avversità di coloro che essi amarono nel mondo.
Essi sono infatti talmente pieni del gaudio beatifico che non c'è posto in essi per il dolore.
Per cui, sebbene conoscano dopo la morte le disgrazie dei propri cari, tuttavia sono sottratti alla sofferenza quando la morte previene in essi quegli infortuni.
Forse però le anime non glorificate potrebbero affliggersi nell'apprendere le avversità dei loro cari.
E così dal fatto che l'anima di Giosia non fu glorificata subito dopo la morte, S. Agostino [ De cura pro mortuis 13 ss. ] si sforza di concludere che le anime dei defunti non hanno alcuna notizia delle vicende dei vivi.
3. Le anime dei santi si conformano perfettamente alla volontà di Dio, anche riguardo all'oggetto.
Quindi, pur conservando la carità e l'affetto verso il prossimo, tuttavia adeguano il loro aiuto alle disposizioni della divina giustizia.
- È comunque da credere che esse portano un grande aiuto al prossimo con la loro intercessione presso Dio.
4. Pur non essendo necessario che chi vede il Verbo veda nel Verbo ogni cosa, tuttavia ciascuno vede in esso quanto è indispensabile alla sua perfetta beatitudine, come si è detto [ nel corpo ].
5. Soltanto Dio conosce direttamente i pensieri intimi del cuore; altri però possono conoscerli per rivelazione, oppure mediante la visione del Verbo, o in qualsiasi altro modo.
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