Appendici al supplemento della III parte |
Pare che i bambini non battezzati soffrano nella loro anima un'afflizione spirituale.
1. Come dice il Crisostomo [ In Mt hom. 23 ], nei dannati è più grave la sofferenza per la privazione della visione di Dio che quella dovuta al fuoco dell'inferno da cui sono tormentati.
Ma quei bambini saranno privati della visione di Dio.
Perciò avranno per questo una sofferenza spirituale.
2. Mancare di ciò che si vorrebbe avere non può essere senza sofferenza.
Ora, quei bambini vorrebbero avere la visione di Dio: altrimenti la loro volontà sarebbe attualmente perversa.
Poiché dunque ne sono privi, sembra che ne provino dolore.
3. Se si replicasse che essi non se ne affliggono poiché sanno di non esserne privati per colpa propria, si potrebbe sussumere: l'immunità dalla colpa non diminuisce il dolore della pena, ma lo accresce.
Se infatti uno viene diseredato o mutilato senza sua colpa, non per questo sente meno dolore.
Perciò, sebbene quei bambini non siano privati di un bene così grande per colpa propria, tuttavia non per questo viene eliminato il loro dolore.
4. I bambini non battezzati stanno ai meriti di Adamo come quelli battezzati stanno ai meriti di Cristo.
Ma i bambini battezzati per i meriti di Cristo ricevono il premio della vita eterna.
Quindi i non battezzati subiranno il dolore per il fatto che per i demeriti di Adamo vengono privati della vita eterna.
5. L'assenza di ciò che si ama non può non essere dolorosa.
Ora, i bambini suddetti avranno una conoscenza naturale di Dio, e quindi un amore naturale.
Perciò, essendo essi separati per sempre da lui, sembra che non potranno non sentirne dolore.
1. Se i bambini non battezzati soffrissero interiormente dopo la morte, soffrirebbero o per la colpa, o per la pena.
Se per la colpa, non potendosi essa più cancellare, quel dolore porterebbe alla disperazione.
Ora, nei dannati tale dolore è il verme della coscienza.
Quindi quei bambini avrebbero il verme della coscienza.
Ma allora la loro pena non sarebbe « la più mite », come dice il testo [ delle Sentenze 2,33,2 ].
- Se poi soffrissero per la pena, essendo la loro pena inflitta giustamente da Dio, la loro volontà sarebbe ribelle alla giustizia divina.
Quindi sarebbe attualmente perversa.
Ma ciò nessuno lo ammette.
Quindi essi non sentiranno alcuna pena interiore.
2. La retta ragione non tollera che uno venga turbato per delle cose inevitabili da parte sua: dal che appunto Seneca [ Epist. 85 ] dimostra che il turbamento va escluso dal sapiente.
Ora, in quei bambini c'è la retta ragione non distorta da alcun peccato attuale.
Perciò essi non saranno turbati dal fatto di dover soffrire una pena che in nessun modo potevano evitare.
Ci sono a questo proposito tre opinioni.
Alcuni affermano che i bambini suddetti non soffriranno alcun dolore per il fatto che in essi la ragione sarà così ottenebrata che essi non avranno coscienza di avere perso ciò che hanno perso.
-Non sembra però accettabile l'idea che delle anime libere dal peso del corpo non conoscano almeno quelle cose che si possono investigare con la ragione, e molte altre ancora.
Perciò altri dicono che in essi è perfetta la cognizione delle realtà che soggiacciono alla conoscenza di ordine naturale, che conoscono Dio e sanno di essere stati privati della sua visione, per cui ne sentono un certo dolore: tuttavia il loro dolore sarebbe mitigato dal fatto che non sono incorsi di propria volontà in quella colpa di cui soffrono il danno.
- Ma anche questa opinione non sembra accettabile.
Infatti il dolore per la perdita di un bene così grande non può essere piccolo, soprattutto mancando la speranza di ricuperarlo.
Per cui la loro pena non sarebbe « la più mite ».
- Inoltre, per la medesima ragione per cui non saranno puniti con un dolore sensibile che li affligge dall'esterno, non soffriranno nemmeno un dolore interiore.
Infatti il dolore della pena corrisponde al piacere della colpa.
Per cui mancando ogni piacere nel peccato originale, viene escluso ogni dolore dalla sua pena.
E così altri affermano che i bambini non battezzati avranno la conoscenza perfetta di quanto rientra nella conoscenza naturale, sapranno di essere stati esclusi dalla vita eterna e conosceranno la causa di tale esclusione, senza tuttavia provare afflizione alcuna per questo.
Dobbiamo ora vedere come ciò sia possibile
Si deve dunque considerare che se uno è dotato di retta ragione non si affligge per la carenza di ciò che sorpassa la propria condizione, ma solo per la carenza di ciò che in qualche modo era a lui proporzionato.
Come nessun uomo saggio si affligge perché non può volare come un uccello, oppure perché non è re o imperatore, non essendo ciò a lui dovuto; si affliggerebbe invece se venisse privato di ciò a cui era in qualche modo predisposto.
Ora, tutti gli uomini dotati dell'uso del libero arbitrio sono proporzionati a conseguire la vita eterna: poiché sono in grado di prepararsi alla grazia, con la quale si consegue la vita eterna.
Se quindi costoro non la raggiungono ne devono provare un dolore grandissimo, poiché perdono quanto sarebbe stato loro possibile possedere.
I bambini invece non furono mai proporzionati a conseguire la vita eterna: poiché essa non era loro dovuta per i princìpi naturali, superando ogni capacità della natura; né essi ebbero mai la possibilità di avere degli atti propri, con i quali conseguire un bene così grande.
Perciò tali bambini non si addoloreranno in alcun modo per la mancanza della visione di Dio: anzi, godranno di partecipare in molte cose della bontà divina e delle perfezioni naturali.
Né si può dire che essi erano proporzionati a conseguire la vita eterna per l'opera altrui, sebbene non per la propria, inquantoché avrebbero potuto essere battezzati da altri, come anche molti bambini nelle stesse condizioni conseguirono con il battesimo la vita eterna.
Infatti si deve a una grazia sovrabbondante il fatto che uno sia premiato senza un atto personale.
Perciò la mancanza di una tale grazia non causa, nei bambini non battezzati, una tristezza maggiore di quella causata nei sapienti dal fatto che non vengano ad essi concesse molte grazie che invece furono concesse ad altri loro simili.
1. In coloro che avendo l'esercizio del libero arbitrio si sono dannati per una colpa attuale ci fu una vera attitudine a conseguire la vita eterna.
Questa non ci fu invece nei bambini, come si è spiegato [ nel corpo ].
Perciò il caso è diverso.
2. Sebbene la volontà abbia per oggetto le cose possibili e quelle impossibili, come dice Aristotele [ Ethic. 3,2 ], tuttavia un volere ordinato e completo non può aversi che per quelle cose a cui in qualche modo uno è preordinato.
E gli uomini si addolorano se vengono frustrati in un volere di questo tipo, non già se vengono frustrati in quei voleri che hanno per oggetto delle cose impossibili.
Questi infatti, più che dei voleri, sono delle velleità: poiché tali cose uno non le vuole puramente e semplicemente, ma le vorrebbe se fossero possibili.
3. Ad avere il proprio patrimonio, o le membra del proprio corpo, ciascuno si sente preordinato.
Per cui non c'è da meravigliarsi se uno si addolora della perdita di queste cose, comunque ne sia privato, o per colpa propria, o per colpa altrui.
È evidente quindi che il paragone non regge.
4. Il dono di Cristo sopravanza il peccato di Adamo, come dice S. Paolo [ Rm 5,15ss ].
Quindi non è necessario che i bambini non battezzati abbiano tanto nel male quanto quelli battezzati hanno nel bene.
5. I bambini non battezzati, pur essendo separati da Dio quanto all'unione che si consegue mediante la gloria, non sono tuttavia da lui separati totalmente.
Anzi, gli sono uniti mediante la partecipazione dei beni di natura.
E così possono anche godere di Dio con una conoscenza e un amore di ordine naturale.
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