Pietro Bagna |
Poche persone hanno conosciuto, al pari di Piero Bagna, il dolore della separazione, della solitudine e della malattia.
Da bambini diamo quasi per scontato l'affetto delle persone care ( genitori, amici, cugini ecc. ), ma crescendo ne scopriamo tutta la pericolosa precarietà, scoperta amara perché dagli abissi della tristezza e della malinconia, che talvolta riempiono come una fitta coltre di nebbia la vita adulta, ci salva solo l'affetto sincero e disinteressato delle persone amate.
Bagna, animo nobile e sensibile, attraversò più volte le amare paludi della depressione ( allora si chiamava "esaurimento" ) eppure, in quei momenti, furono in pochi a cogliere la gravità delle sue sofferenze morali.
Poi, all'improvviso, il suo corpo divenne lo specchio di queste sofferenze e gli si spalancò dinanzi il baratro del morbo incurabile.
Ma persino dopo l'ictus i medici continuavano ad avere le idee piuttosto confuse sulla natura del suo male.
Al clima di perplessità che circondava il quadro clinico del Catechista certo non pose rimedio la diagnostica, che allora, almeno in campo neurologico, era priva di adeguati strumenti d'analisi.
Forse anche queste incertezze ed incomprensioni ( pensiamo alla degenza nella clinica di Trofarello ) rientravano negli "esami dell'umiltà" coi quali la Provvidenza chiamò Piero a testimoniare la saldezza della Fede ( Gb 2,10 ).
La fase più intensa del suo pellegrinaggio terreno gli costò 11 anni di forzata inattività, eppure ne riuscì ad intuire chiaramente la valenza mistica, ovvero quell'applicazione dei meriti di Nostro Signore che attivamente promuove la salvezza delle anime.
Di qua la benevolenza e la pietas che Bagna riuscì a trasmettere con stupefacente continuità fino alla fine dei suoi giorni.
Giovanni Trovati, l'amico delle medie superiori, ci ricorda come i riflessi di questa opzione per Dio fossero manifesti prima ancora della consacrazione ( 1950 ), "impressionando i cuori" di adolescenti già segnati dalle prove della vita: "… ti volevo scrivere la sera stessa del funerale di tuo fratello.
In chiesa m'aveva sopraffatto un'onda di ricordi …
Ma erano ricordi fatti di sensazioni ed era difficile metterli in ordine.
Di tutti i compagni di scuola uno solo era Pietro Bagna.
Gli volevo bene, lo ammiravo. Era diverso da tutti noi.
Già aveva scelto senza tentennamenti, senza i momentanei entusiasmi propri dell'età e le repentine delusioni, di essere "uomo di Dio".
Il primo giorno di scuola della prima superiore salii le scale di casa di corsa per gridare la bella notizia: "Mamma, mi hanno messo nel banco con Bagna".
Allora ci si chiamava per cognome.
Tanto ero contento e sapevo che contenta sarebbe stata mia madre, che per i pochi momenti delle scale, mi ero dimenticato che nessuno sarebbe stato ad ascoltarmi.
Mia madre era morta tre mesi prima.
Questo episodio, che mi porto fisso nella memoria, ti dice quanto tuo fratello valesse per me e per i miei genitori. " ( Giovanni Trovati ).
L'ex Presidente dell'Unione Carlo Tessitore, in un ricordo personale redatto in occasione della morte di Bagna, ci ha lasciato il profilo esemplare di quella che non è l'interpretazione cattolicamente ortodossa del calvario di un malato cronico, ma una realtà nitida, cristallina e vera che come un raggio di luce, dopo tante tenebre, squarcia il buio delle disillusioni restituendo ai Catechisti e agli amici di Bagna il "senso" costruttivo e luminosamente esaltante di tanta sofferenza.
" ( P. Bagna ) attese la fine con eroica pazienza e serenità, offrendo a Gesù Crocifisso, al quale si era consacrato, la più difficile e profonda partecipazione: quella del dolore e di un dolore particolarmente penoso.
Caro Bagna, non avrei mai immaginato, io assai più anziano di te e pieno di acciacchi, di dover stendere il tuo necrologio.
Non vedremo più il tuo contegno raccolto, edificante, specie nei Ritiri, né il tuo sorriso limpido e sereno, che riempiva il tuo silenzio, ma non dimenticheremo il tuo contegno esemplare in tutte le circostanze, né le lacrime silenziose con cui ci accoglievi all'Ospedale.
E contiamo sulla tua intercessione per ciascuno di noi e per tutta l'Unione Catechisti, da te tanto amata, che ti ha perduto in questo mondo, ma ti ha acquistato in Cielo, accanto a Fratel Teodoreto e ai nostri fratelli dell'Unione. " ( "L'Amore a Gesù Crocifisso", C. Tessitore, settembre 1987 ).
Quante volte, nel corso delle quotidiane traversie, ci sentiamo inappagati e fuori posto.
Pensiamo a come dovesse trovarsi "fuori posto", al limite dell'alienazione, un uomo così solerte e pieno di interessi, ma costretto ad una sosta forzata di 11 anni, costretto a diventare un "peso" per gli altri, lui che aveva sempre cercato di rendersi utile al prossimo.
Parlare di frustrazione, di senso di inadeguatezza sarebbe davvero riduttivo: essere coscienti della propria inutilità e non avere la possibilità fisica di sfogare questo peso sull'anima, di condividere con amici e conoscenti, almeno a parole, questa angoscia, è una prova maiuscola per qualunque "spirito forte".
Piero tuttavia sapeva che per sollevare, in ossequio a Cristo, le grandi croci che toccano ai consacrati spiritualmente più forti, era necessario abbassarsi e di parecchio: essendo riuscito a perseverare sino alla fine, come un cero consumato e livellato dall'inesausta fiamma di Cristo, il buon Piero, all'approssimarsi dell'innalzamento promesso ( Lc 18,14 ), non poteva che sentirsi legittimamente gratificato.
" Alla vigilia della morte, pur non potendo più parlare, mi sussurrò in modo distinto e chiaro un "grazie". " ( Vittorio Bagna )
È la firma di un apostolato oscuro e dimenticato, che si apre, finalmente, con immensa gratitudine, alla meritata ricompensa.
Noi restiamo qui, ad inseguire i nostri finti successi temporali, le nostre effimere gioie materiali e Piero, invece, immensamente più saggio e più "forte", ha scalato fino alla vetta il monte della sofferenza.
Non dobbiamo guardare alla sua memoria con pena e tristezza, ma pensare alla gioia incontenibile di chi ce l'ha fatta, di chi finalmente da lassù può aiutarci, meglio di qualsiasi Catechista, ad uscire fuori dai labirinti dei nostri desideri mancati, delle nostre ambizioni frustrate che crediamo di poter soddisfare qui sulla terra, con i surrogati illusori della mondanità, e che invece troveranno piena soddisfazione solo nell'intimità con Cristo.
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