Giovanni Baiano

Giovanni e le vicende della ditta

Finiti gli studi i fratelli Baiano andarono a lavorare nella ditta paterna, ma Giovanni non vi andò subito.

Il padre, constatando la bravura del figlio nel disegno, specie di arredamento, e del mobile, in particolare nell'"ornato" dove c'era molta scultura oltre al disegno, lo affidò ad un disegnatore molto quotato in Torino e gli fece fare arte scultorea.

Disegnò impianti di riscaldamento per una ditta, che non era precisamente il suo genere, ma il proprietario gli disse che con la sua abilità in poco tempo avrebbe ricevuto lo stipendio di un lavoratore di provata esperienza.

Per un certo periodo fece anche il disegnatore ad ore per i clienti che lo interpellavano, ma sorgeva una difficoltà: spesso i progetti realizzati entravano in concorrenza con quelli di suo padre.

Così più avanti decise di lavorare direttamente per la ditta paterna.

Quando morì il padre, era già un buon dirigente d'azienda e nel disegno aveva impostato la sua attività.

Fece di tutto per non fare sentire la mancanza del padre, con autentico spirito di sacrificio.

Passava intere nottate a disegnare per l'azienda mentre di giorno si recava dai clienti.

Questo fino all'ultima settimana prima della sua morte.

Lavorò fino all'ultimo momento.

Le sue mansioni riguardarono così, oltre al disegno, anche le pratiche d'ufficio, i bilanci, i preventivi, i contatti con i clienti, la direzione dei lavori.

Scrupoloso e ordinato, teneva il diario dei lavori che venivano eseguiti in una forma organizzativa molto creativa.

Diede una nuova immagine all'azienda, una nuova disciplina e forza interna, e ne favorì l'ampliamento.

Questo avvenne nel 1937 e fu favorito dal buon nome che la famiglia Baiano si era creata e dall'affidabilità che Giovanni ispirava.

Infatti ottenne i fondi necessari senza ricorrere alle banche, ma con prestiti di fiducia di familiari, fornitori, clienti e conoscenti.

Lavorò molto per l'azienda, non per interesse o per denaro, ma proprio per la sua volontà di donare qualcosa di sé, aiutando i fratelli e la madre.

Quando morì Giovanni la madre disse: "Questo dolore non lo sopporto più".

Dopo 7 mesi dalla sua morte anche lei lo raggiunse.

Seduta sul letto, sentendosi mancare, invocò la Consolata, guardando il suo ritratto e spirò proprio dicendo: " Madonna Consolata, fammi vivere per i miei figli ".

Può sembrare assurdo, ma anche in questa morte si può vedere il disegno della Provvidenza, che chiama ognuno a suo tempo, anche contro la nostra volontà.

E questa stessa Provvidenza ha guidato la famiglia Baiano tra molte traversie e difficoltà.

Quando morì anche Giovanni fu un vero colpo per Ferdinando e Albino, che abbracciandosi, disperati, si dissero: "E adesso, come facciamo?".

La ditta aveva dei debiti e del lavoro da portare avanti.

Albino di punto in bianco dovette industriarsi a fare più lavori.

Se prima era principalmente al banco, come falegname, ora doveva anche passare al disegno e sbrigare le pratiche d'ufficio.

Ma, tra tutte queste difficoltà, Albino ha sentito sempre vicino suo fratello Giovanni: " Come un angelo tutelare che, pur non essendoci più, mi ha insegnato a fare il disegnatore e l'arredatore.

Sono stati momenti terribili ma superati grazie all'aiuto del Signore ". ( Albino ).

Al lavoro, Giovanni era estremamente serio e fedele agli impegni presi coi clienti.

Quando veniva interpellato, le sue preoccupazioni erano: sentire cosa voleva il cliente, sapere quali erano i suoi gusti e le sue necessità, e in base a questo era subito disponibile a fare uno schizzetto su carta.

E aveva tale abilità, che spesso la linea che tracciava per prima era già poi l'ultima, la più importante.

Aveva già le idee chiare, soprattutto nella stesura di disegni tridimensionali, cogliendo subito la prospettiva.

Possedeva uno spirito arguto che intuiva le situazioni di tensione e sapeva intervenire con tatto e buon senso, per sciogliere le controversie in modo chiaro e sereno.

Come quando nella ditta nacquero dei dissensi tra i dipendenti: li chiamò ad uno ad uno nel suo ufficio, riuscì a comprendere i loro problemi e a ricreare un clima disteso e amichevole.

Sembra si rifacesse a Fratel Teodoreto nel motto: "Fare bene quello che si deve fare".

Alla sua morte molti clienti visitarono la famiglia e più di uno disse alla madre: "Lei non sa le qualità che aveva suo figlio!".

La madre invece, le conosceva bene.

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