Claudio Brusa |
Claudio Brumsa è un Catechista, esemplare nella sua fedeltà alla verità "tutta intera", che pur aprendo nuove vie all'apostolato dell'Unione, pur sperimentando forme didattiche innovative nella Casa di Carità, non perde mai di vista il carisma del Fondatore.
Uomo di grande risorse intellettuali e morali, mente quadrata, temperamento forte e volitivo, sul lavoro non lascia mai nulla al caso.
Al costo di ripetere una cosa cento, mille volte non desiste dall'impegno finché il risultato non corrisponde al suo progetto.
Questa assidua concentrazione sugli obiettivi lo fa apparire talvolta un po' ombroso e riservato, ma quando il lavoro termina, il suo carattere si trasforma.
Tra i veri amici come tra i giovani si mostra gioviale, disposto al gioco, allo scherzo, alla sfida.
Tutta la sua vita appare ispirata da una certa baldanzosa intrepidezza che cerca di trasmettere ai suoi ragazzi, con atteggiamenti perfino un po' spericolati, ma che gli assicurano l'ammirazione e quindi l'attenzione dei più giovani.
Del resto, non rileviamo gli stessi atteggiamenti anche nel giovane Don Bosco?
Al di là dello spirito d'avventura e degli stratagemmi adottati per coinvolgere emotivamente i più piccoli, Brusa, fin dal giorno della consacrazione, sembra entrare in quello stato d'animo che San Paolo chiamava "buona battaglia".
In cosa consiste esattamente? Difficile spiegarlo con esattezza.
Diciamo che al cristiano Brusa non piace l'immagine un po' logora dell'uomo di chiesa tutto moine e smancerie: egli incarna nell'Unione il prototipo del cristiano militante dal piglio energico e "sportivo" ( in questo lo possiamo avvicinare a Pier Giorgio Frassati ), ma anche e soprattutto una forma mentis metodicamente perseverante, quasi "intransigente".
Nella vita militare egli svilupperà gli aspetti congeniti del suo carattere riuscendo a disciplinarli in modo costruttivo.
Questo stile, lo "stile Brusa", silenziosamente permea di sé buona parte dell'impostazione didattica della Casa di Carità, ma lascia evidenti tracce anche nel lavoro svolto a favore di quello che avrebbe dovuto essere il "vivaio" giovanile dell'Unione: la "Sorgente" di Baldissero.
Perfino le attività ricreative vengono trasfigurate dal suo stile inconfondibile.
Qual'era ad esempio il significato dei giochi basati sull'uso dei codici cifrati?
Innanzitutto si intendeva sviluppare un forte spirito di collaborazione, ma il Catechista voleva anche manifestare il suo modo di concepire l'apostolato giovanile.
Più che l'esposizione fredda e codificata delle verità di fede, a Brusa interessava sviluppare una sintonia spirituale capace di superare la piatta banalità di gesti e parole.
Non intendeva fare cinema o cabaret, quanto piuttosto mettere i ragazzi nella giusta condizione d'ascolto, la stessa che si richiede ai militari preposti ad interpretare i messaggi cifrati inviati dagli Alti Comandi.
Il linguaggio di Dio non è quasi mai diretto.
Egli ci parla coi fatti della vita che vanno adeguatamente compresi e interiorizzati.
Il cristiano non si affida al caso: ogni evento ha un senso provvidenziale che va capito nel modo giusto, così da intuire il piano di Dio per la nostra vita.
Brusa, utilizzava il pretesto del gioco di squadra, per gettare il seme della vera Sapienza: non faceva solo intravedere la possibilità di un'intesa spirituale, superiore a quella grettamente verbale che intercorre tra insegnante e allievo, ma anche lo sforzo di leggere oltre le righe, di non fermarsi alle apparenze. Intuire il disegno di Dio e conformarvisi secondo le proprie attitudini, era un aspetto non trascurabile delle meditazioni svolte nei due tre anni successivi all'incidente ( si leggano in proposito le lettere di quel periodo ).
Lui così forte e prestante, veniva umiliato proprio in quello che era sempre stato un suo punto di forza: l'agilità.
Lui così coriaceo e resistente, ora non poteva sopportare neppure il minimo tocco agli arti inferiori, pena la percezione di sensazioni dolorosissime.
Lui che per anni aveva imposto una disciplina di ferro ai suoi allievi, ora dopo il periodo della contestazione, i cui primi anni avevano coinciso grosso modo la sua convalescenza, incontrava gravi difficoltà a mantenere l'ordine in classe.
Che cosa significava questo terribile abbassamento?
Forse un messaggio in codice del buon Dio da leggere con gli strumenti del Vangelo: "Chi si umilia sarà esaltato".
Come Giobbe, Brusa perde molte di quelle orgogliose sicurezze che confortano l'amor proprio dell'uomo comune, ma, aiutato anche dalla lettura dei diari di Fra Leopoldo, si sforza di reinterpretare questa umiliazione secondo la "chiave d'accesso" della Croce e ne ricava un messaggio sensato: restare forti anche nella debolezza più disarmante significa testimoniare la potenza della fede.
Come un legionario privato di corazza e scudo, Brusa continua a fare quello che faceva prima, ma senza le garanzie precedenti: nessuna certezza mondana, solo la forza di Cristo.
Questo è il suo modo di dare testimonianza ai giovani che lo avvicinano.
Ad essi non manifesta schiettamente questi pensieri, sarebbe segno di stupida superbia o di autocommiserazione.
Lascia tuttavia trapelare nel suo modo di essere e di fare, una serie di segnali che fanno capire il Mistero della Croce nella vita di tutti i giorni.
Non dimentichiamo la crudeltà delle sue sofferenze: i chiodi impiantati nelle ossa gli procurano sofferenze che, senza nessuna forzatura, richiamano alla mente una sorta di parziale, ma quotidiana crocifissione "fisica".
Il Catechista Brusa non ha paura di accettare la sfida della Croce, ne di misurarsi col mondo anche quando tutto congiura contro di lui.
Questa "buona battaglia" nella sua travagliata esistenza assume varie forme: la militanza nell'Unione Catechisti abbracciata ad appena 17 anni, l'intensa attività didattica e formativa presso la Casa di Carità, l'ascesi praticata perfino nelle scalate alpine, lo studio meticoloso della Sindone, immagine vivida e impressionante del Crocifisso.
In tutto lo stile di Brusa si avverte, più ancora che in altri due grandi Catechisti come De Maria e Tessitore, una forte dose di concretezza e pragmatismo, mai slegata, però, dall'intenzione profonda di transignificare ogni atto con la ricchezza della vita interiore e di avvalorare ogni sofferenza nel segno della Croce.
Qui forse risiede la cifra più profonda e autentica di quel carisma che Fr. Teodoreto aveva voluto lasciare in eredità ai suoi Catechisti.
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