Giovanni Cesone |
La vita di Giovanni Cesone è la riprova, se ce ne fosse bisogno, di come sia concretamente possibile applicare alla realtà quotidiana di una grande metropoli industriale, l'invito evangelico a farsi bambini per entrare nel Regno di Dio.
È difficile, in effetti, trovare concentrate m un'unica persona le pesanti responsabilità che derivano dalla gestione di un gruppo di laici ed insieme quella freschezza e mansuetudine ulteriore che tanto compiace lo Spirito Santo.
Di solito i posti di comando, per quanto modesto possa essere il contesto in cui si opera, rendono l'uomo cinico, calcolatore.
Per l'Unione Catechisti, l'Istituto Secolare fondato da Fratel Garberoglio, Cesone, più che un amministratore puntiglioso, fu un alfiere, un portabandiera, un instancabile animatore.
Colui che diventerà, in un certo senso, "il pupillo" del Fondatore, non brillava certo per erudizione o per spirito imprenditoriale.
Anzi, non è mancato qualcuno che lo giudicò inidoneo a ricoprire certi incarichi di alto livello: ma il Fratello cercava di radicare il suo Istituto sulla roccia della "santità irradiante" e dell' "umiltà che penetra dappertutto" ed il discepolo prediletto rispondeva appieno a queste qualità.
Giovanni nacque a Torino il 26 luglio 1898 ( quando la modernizzazione industriale e culturale del Paese si apprestava a cambiare per sempre il volto della vecchia capitale sabauda ), servì come un fedele soldato la causa dell'Unione per più di mezzo secolo e infine, 66 anni dopo, il 28 novembre 1964, rese l'anima al Signore degli Eserciti, cui aveva donato le sofferenze dei suoi ultimi giorni, penando e pregando senza sosta in una cameretta della clinica Bertalazona, presso Caselle, dove era stato ricoverato a causa di un male incurabile.
Le notizie biografiche che lo riguardano sono piuttosto scarse: sappiamo che la madre sosteneva a stento il magro bilancio familiare rivendendo giornali all'angolo della strada.
Rimasto orfano del padre in tenera età, a causa delle ristrettezze economiche in cui versava la famiglia, fa affidato ad una cugina.
In seguito frequentando le scuole popolari della ROMI, ebbe modo di conoscerne il Direttore, Fratel Teodoreto Garberoglio che lo prese subito in simpatia.
Lo "storico" incontro avvenne quando il Fratello, nell'aprile 1913, iniziò a costituire il primo nucleo della futura Unione Catechisti; aveva intenzione di selezionare un gruppo di ragazzini volenterosi e capaci, disposti a sostenere le fatiche della preghiera e così passando di classe in classe, non senza esaminare i compiti e le pagelle degli scolaretti, finì coll'incrociare lo sguardo buono e allegro del piccolo Gioanin.
I voti dell'allievo erano discreti, la bontà di carattere evidente.
Fu, insomma, "amore" a prima vista: cogli anni Fr. Teodoreto divenne il padre spirituale del ragazzo, un punto di riferimento essenziale nel suo percorso di crescita, quella garanzia di certezza patema che Giovanni non aveva mai avuto.
Fu, infatti, Fr. Teodoreto che lo spronò a sostenere da privatista l'esame necessario a conseguire il diploma di ragioniere, e quindi a spianargli la strada per divenire prima Presidente e poi Economo dell'Unione Catechisti.
Cesone rivendicava con forza questo privilegio particolare, ne andava fiero, ed era chiaro che per lui il tutto assumeva una forte e per certi aspetti commovente valenza sentimentale.
Col tempo si era sviluppata tra i due una santa amicizia, una comunione di anime che ricorda da vicino il rapporto che anticamente poteva legare il monaco al proprio discepolo.
Non si trattava solo di una severa e rigorosa direzione spirituale, ma di un affetto che permetteva a Giovanni di sfogare con una persona amica le proprie angosce e miserie, sicuro di riceverne in cambio rassicurazioni e incoraggiamenti.
I segni di questo affiatamento erano pochi ma preziosi.
Cesone amava ricordare un episodio in particolare: durante un corso di esercizi spirituali chiusi, Fr. Teodoreto si accorse di avere dimenticato chissà dove il proprio rasoio e perciò con la massima naturalezza del mondo chiese a Giovanni di prestargli il suo, dicendo, quasi fossero parenti strettì, "Tra di noi…".
Dopo qualche esperienza professionale, Cesone cominciò a dedicarsi a tempo pieno ai problemi dell'Unione occupandosi ora dell'amministrazione, ora della scuola serale.
Fra gli elementi della prima leva del 1913, Cesone fu uno dei pochi a sostenere attivamente la Crescita dell'Unione per più di cinquant'anni, dal primo ritiro a Pessinetto fino alla inaugurazione della Casa di Carità di Corso Brin e oltre.
La sua presenza ha caratterizzato in maniera costante il periodo della fondazione e le prime fasi di sviluppo dell'Istituto, diventando per molti indecisi una garanzia di continuità.
Non perse mai la voglia di lottare sul "fronte delle operazioni", anche se prediligeva il confronto diretto con zelatori, catechisti e benefattori, piuttosto che le laboriose strategie di ingegneria finanziaria.
Davanti ai prestigiosi interlocutori che sempre più spesso, gestendo le pubbliche relazioni dell'Unione, gli capitava di incontrare non poteva certo vantare titoli od onorificenze particolari: discretamente però, la sua figura piccola e gentile era diventata familiare anche alle persone ricche e potenti della città.
Le sue iniziative "diplomatiche" erano ardite, talvolta perfino un po' avventate: come un avanguardista, come un esploratore sempre in avanscoperta, cercava nuovi spunti di crescita perché ambiva ad estendere l'Unione in tutto il mondo.
Ma non dimenticava di curare le relazioni con l'Onnipotente.
L'abitudine spesso manifesta uno stile di vita virtuoso.
Cesone, perciò, osservava con scrupolosa dedizione due appuntamenti che periodicamente rinnovavano la sua fedeltà all'insegnamento di Fra Leopoldo Musso o.f.m. ( ispiratore dell'Unione Catechisti ed estensore della devozione alle Cinque Piaghe ) e alla spiritualità del Crocifisso: questi appuntamenti erano la Messa commemorativa svolta sulla tomba del francescano il 27 di ogni mese e la "Via Crucis" che Cesone seguiva tutti i venerdì, incurante dei ritardi o delle difficoltà che tale pratica ininterrotta poteva causargli.
Dalla costanza nella preghiera discendeva, come naturale conseguenza, l'assiduità del suo insegnamento catechistico, che dai tempi dell'adolescenza, quando istruiva i bambini della parrocchia di San Massimo, lo aveva portato ad insegnare religione dapprima presso la scuola serale di via delle Resine e poi alla Casa di Carità.
Ai giovani di questo istituto, in un periodo che va dal 1931 al 1964, dedicò gran parte del suo tempo libero, alternando le lezioni di religione, con i corsi di Cultura Generale e più raramente ( appena tre anni ) di matematica.
Giovanni Cesone contagiava tutti col suo ottimismo e buon umore, eppure il ricordo della sua fanciullezza trascorsa tra mille disagi economici, avrebbe dovuto farne ( a sentire le moderne teorie sociologiche ) un emarginato, un persona frustrata e piena di livore contro la società.
Si racconta che la cugina, quando Giovanni aveva appena un anno e mezzo, per ovviare alla cronica scarsezza di vestiti, si ridusse a tagliuzzare ai lati la federa di un cuscino, per ricavarne una camiciola adatta alle esigenze del bebé.
Questo episodio da l'idea di quanto poco rosea fosse la condizione sociale del piccolo Gioanin: eppure il bambino, quasi ispirato da un'angelica serenità, appariva sempre allegro e giocoso.
Evidentemente gli affetti familiari compensavano egregiamente le ristrettezze economiche: oggi al contrario, sempre più spesso, i nostri adolescenti conoscono la depressione ed i disturbi più o meno gravi ad essa connessi, pur vivendo in contesti economici di pieno benessere.
A mancare forse è proprio la terapia dell'amore cristiano che per anni Cesone cercherà di inculcare ai suoi giovani allievi.
Per la verità tutto quel buon umore non suscitava sempre e solo simpatia attorno alla sua persona.
Al tempo delle scuole elementari, ad esempio, un maestro pizzicò Giovanni in uno dei suoi caratteristici scoppi di allegria.
Apriti cielo: l'insegnante, interpretando il riso come un insulto alla propria autorità, additò il ragazzino e pieno di risentimento esclamò: "Tu ridi. Fuori!".
Solo il provvido intervento di Fr. Teodoreto impedì al maestro di ottenere l'espulsione del bimbo dalla scuola.
La mano ferma del Fratello accompagnò e protesse Cesone anche in altre delicate circostanze "scolastiche": Giovanni, infatti, aveva incontrato, a causa degli impegni di lavoro, non poche difficoltà a preparare in maniera adeguata l'esame da privatista per il diploma di ragioniere.
Il giovane, che aveva ripreso con fatica gli studi a più di trent'anni, era assai dubbioso circa l'esito della prova orale.
Fr. Teodoreto lo rassicurò con un'affermazione profetica: « "Sarai interrogato sulla pagina che scorrerai cinque minuti prima dell'esame".
Ed effettivamente le cose si svolsero proprio in questo modo, indicando, in maniera indiretta e misteriosa, i frutti sorprendenti di quell'abbandono totale in Cristo che il Fratello sapeva insegnare coi piccoli fatti della vita.
Sotto la sua guida spirituale Cesone, in qualità di primo Presidente Generale dell'Unione ( 1926-1933 ) e quindi di Economo, seguì personalmente tutte le fasi cruciali di sviluppo dell'Unione: i primi passi della Casa di Carità presso la chiesa Madonna della Pace, il trasferimento della stessa in via Feletto, la collaborazione con la Messa del Povero.
Come Presidente seguì alla lettera le indicazioni lasciate da Fra Leopoldo nel suo Diario, cercando di installare nuove sedi dell'Unione in tutti i Paesi in cui operavano i Fratelli delle Scuole Cristiane, la cui collaborazione gli sembrava già allora indispensabile.
I tempi, però, non erano ancora maturi e Cesone dopo sette anni di onorata presidenza passò all'economato.
A partire dal 1933, tra gravi crisi economiche e inaspettate riprese, si dedicò senza tregua alla ricerca dei fondi necessari all'avvio della Casa di Carità: fu uno sforzo immane che non di rado assunse i toni di una vera e propria lotta per la sopravvivenza.
Anche se impedito da un'imperfezione congenita al piede destro, Cesone macinava senza sosta chilometri e chilometri di strade cittadine per arrivare laddove lo attirava il buon cuore e la generosità dei torinesi.
Molti furono i successi, ma altrettanti furono i contrasti e i fallimenti dovuti in parte alla precocità eccessiva di certe decisioni, in parte alla durezza degli uomini.
Tuttavia, il meglio di sé Cesone lo diede animando i gruppi di zelatori e zelatrici, diffondendo la spiritualità del Crocifisso, intessendo una fitta rete di conoscenze e di cordiali rapporti con umili e potenti che si rivelò preziosissima per l'immagine pubblica ed il buon nome dell'Unione.
Nel 1938 lascia l'appartamento della cugina, e si trasferisce, insieme al catechista Giovanni Cordiale, presso la Casa di Carità, dove l'Unione avvia un primo esperimento di vita comunitaria ( Colloqui con Fr. Teodoreto, pag. 25/618 bis ).
Dopo la morte di Fr. Teodoreto ( 1954 ), gli acciacchi dell'età e in particolare alcuni disturbi circolatori cominciarono a tormentarlo in maniera sempre più insistente, costringendolo a limitare la sua attività "sul campo".
Tuttavia, continuava ad animare con grande solerzia le riunioni delle Zelatrici e ad impartire lezioni di Catechismo presso la Casa di Carità e la Casa provinciale delle Figlie della Carità.
Nel 1964, in seguito al ricovero in clinica, non gli fu più possibile nascondere il suo precario stato di salute: era ormai chiaro che stava per scoccare la sua ultima ora.
Da quel momento ogni incontro coi Catechisti che venivano a visitarlo si trasformò in una riunione di preghiera.
Alla vigilia della morte l'orazione si fece realmente "continua", secondo gli auspici che lo stesso Fra Leopoldo aveva più volte espresso nel suo Diario ( anche 1 Ts 5,17: "pregate incessantemente" ).
L'agonia era scandita dalle invocazioni al Signore, invece che dai sospiri di un'anima disarmata e sconfitta: l'insospettabile energia manifestata in quelle ore nasceva dalla perfetta consapevolezza del momento.
Il veterano dei Catechisti per tutta la vita aveva combattuto "l'ignoranza religiosa" e, dunque, non si era fatto cogliere impreparato; il suo spirito ingenuo e fanciullesco ancora una volta aveva avuto ragione di tutti quei dubbi e quelle esitazioni che tante volte deprimono anche i temperamenti più forti nell'ora solenne e decisiva del trapasso.
Giovanni morì la mattina del 28 novembre 1964, giorno dedicato alla festività di Santa Caterina Labourè, la messaggera di Maria Regina dell'Universo, alla cui intercessione si era rivolto, affinché l'Unione potesse estendersi in tutto il mondo.
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