Carlo Tessitore

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Alcuni aspetti della sua spiritualità

Tessitore era animato da una grande coerenza interiore, una sorta di intimo circolo virtuoso grazie al quale la preghiera comportava la buona azione e la buona azione conduceva alla preghiera, senza soluzione di continuità.

Novello "Servo di Cana", sembrava condividere con la Madonna la stessa apprensione che si rileva nell'invito rivolto a Gesù: "Non hanno più vino," ( Gv 2,3 ).

Non si accontentava di discutere i problemi altrui: desiderava risolverli.

La sua esistenza, pura come l'acqua del Vangelo, fu miracolosamente trasformata in vino, per molti: per i familiari, che gli confidavano le loro preoccupazioni circa l'avvenire dei figli, sicuri del fatto che avrebbe saputo orientarli nelle scelte decisive; ma anche per i suoi figli spirituali, i ragazzi della Casa di Carità ed i Catechisti, che seguiva con patema apprensione, richiamandoli con dolcezza e fermezza ai loro doveri. Nei colloqui settimanali o durante i ritiri, nella cappella di corso Brin o altrove, dedicava molte ore del suo tempo prezioso all'ascolto dei giovani.

Cosa davvero poco scontata, vista l'ostilità che tanti adolescenti mostrano nei confronti degli adulti.

Sovente la sua opera non è stata solo esemplare, ma anche preziosa, se non addirittura concretamente "utile", per chi l'ha conosciuto di persona, Ovvio che si sviluppasse intorno alla sua figura un "granitico" sentimento di gratitudine, affine a quello che può unire il fratello minore, inesperto e irruente, al fratello maggiore sempre pronto a chiarire equivoci ed incomprensioni.

Il Catechista Giovanni Baiano, nel lontano 29 giugno del '40, giorno della sua professione, gli manifestò apertamente questa riconoscenza, ma, ancora una volta, Tessitore colse l'occasione per delineare la sua particolare visione della "maturazione" umana.

« Non hai che da ringraziare Lui! Ed ora prosegui con fermezza, con fiducia filiale.

È stato Lui a condurti fin qui e sarà Lui a mantenerti fra di noi.

Iddio non fa mai le cose a metà, sta a noi non interrompere il Suo lavoro, tendendo sempre alla perfezione: non abbiamo che da seguiLo … nient'altro.

Il Signore ti da modo di santificarti in questa nostra congregazione, non hai che da disporre la tua volontà in modo favorevole.

Iddio non fa nulla, in noi, senza il nostro consenso.

Se questa donazione è sufficiente a farci santi, offriamoGli tutta la volontà, con generosità.

Esercita la tua mente a volere le piccole cose gradite a Dio, è dal poco che si comincia: poi si prosegue verso le vette più alte.

Ricordiamoci di pregare affinché la grazia del Signore sia sempre con noi ».

L'uomo in quanto tale non può che frapporre ostacoli alla crescita interiore; l'uomo pervaso dall'Amore di Dio, invece, accede realmente alla "pienezza" dell'età matura.

Agisce con le proprie mani, ma è sospinto dallo Spirito Santo.

Prendendo spunto da una fiaba di Andersen, Tessitore paragonava simpaticamente i giovani novizi ai "brutti anatroccoli," inesperti, incompresi, ma destinati ad una radiosa "metamorfosi".

Li esortava, perciò, a non scoraggiarsi, a reagire, a combattere i cattivi pensieri amando Dio sopra ogni cosa, con lo sguardo sempre fisso al premio del Paradiso: « Anche noi siamo dei paperottoli destinati a miglior vita.

Anche noi saremo tra i disprezzati, nel mondo.

Non lasciamoci abbattere.

Non lasciamoci attirare dalle cose del mondo, con l'affetto sregolato, ne lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà.

Ricordiamoci che la nostra carriera la faremo in Paradiso.

Là avremo la felicità, e ne godremo in misura di quanto si sarà faticato per la nostra e l'altrui santificazione.

Lassù tutto sarà chiaro, possibile, definitivo.

Il Paradiso sarà il compimento della nostra perfezione, se quaggiù tenderemo a questo traguardo.

Il pensiero del Paradiso ci aiuterà nello scoraggiamene.

Il mondo ride mentre voi piangete: non temete … procurate d'essere sempre lieti … la tristezza è una ruggine che vi predispone alla noia, all'inoperosità ». ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 8 settembre 1935 )

La tensione che si avverte, in modo quasi palpabile, nelle parole di queste "lezioni" rivolte ai novizi - nella versione fornita dal giovane catechista Giovanni Baiano ( morto nel '41 ) - è orientata senza scampo al dono del sé, al totale abbandono in Dio, ed è un richiamo continuo a riconoscere la propria debolezza di creature imperfette.

Tutti gli affetti e le energie intellettuali devono essere diretti, per l'appunto, all'unico legittimo detentore della bellezza e della grandezza, quel Creatore a cui spesso, con ridicola presunzione "rubiamo" il merito dei nostri piccoli successi mondani.

Nei passi seguenti emerge con forza la matrice rigorosamente ascetica di queste convinzioni: « Gesù ci annunciò non come comandamento, ma quale premessa: "Io sono il Signore Dio tuo!"

Signore vuoi dire padrone. Lui il tutto, noi il niente.

Noi siamo qui in quanto Lui è, e Lui vuole.

Tutto il creato a Lui obbedisce, così noi pure, benché liberi, usiamo di questa libertà per servir Dio.

Tutta la perfezione di una creatura è riposta nella legge di Dio.

Gesù venne a noi per compiere la volontà del Padre.

La sua vita è un continuo atto di obbedienza.

Gesù ci ha redenti per mezzo dell'obbedienza, e per l'obbedienza noi giungeremo alla nostra salvezza con la sottomissione della volontà …

Per imitare Gesù bisogna che la nostra vita sia un atto di amore, amore perfetto.

Noi dobbiamo sforzarci di conoscere la volontà di Dio.

Tutti gli uomini devono l'obbedienza, ma in noi dev'essere completa ».

E ancora: « Consideriamo i diritti di Dio. egli è geloso del nostro cuore.

Occorre cercare e amare Dio in tutte le cose, con tutte le proprie forze, con tutta l'anima.

L'umiltà ci insegna a vedere la nostra posizione reale, nella verità del nostro essere: noi non abbiamo nulla.

Tutto ci viene da Dio. Vengo da Dio, sono di Dio, vado a Dio.

Dal timore del Signore scaturisce l'umiltà e chi è veramente umile è anche obbediente ». ( G. Baiano, Conferenze di C. Tessitore, 1° marzo 1936, 15 agosto 1939 )

La rinuncia diviene il sigillo della totale sottomissione all'Altissimo.

Il breve testamento spirituale di Tessitore, riportato dal dott. Domenico Conti nel discorso commemorativo pronunciato durante le esequie del 4 ottobre 1995 ( all'interno di un laboratorio della Casa di Carità ), rivela un altro aspetto fondamentale di un retroterra spirituale tipicamente cristocentrico: la riparazione.

In ciò si intravede chiaramente l'impronta di Fra Leopoldo.

« Domando perdono a tutti delle mie mancanze, anche di omissione, e anche se non avvertite.

Confido nella misericordia di Dio, ma anche nelle preghiere dei miei confratelli.

Accetto volentieri quel genere di morte che Dio vorrà destinarmi, e, se ha un senso, la offro in riparazione delle tante offese che gli uomini recano a Dio, unendomi così al sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo e alle sofferenze della Vergine Maria Addolorata ».

Al giorno d'oggi ci sfugge il senso di queste "offese".

L'unico "vulnus" degno di considerazione è ciò che danneggia materialmente l'individuo.

Per Tessitore non era così: al centro di ogni cosa c'è Cristo e la sua sofferenza.

Prima vengono i "diritti di Dio", poi quelli dell'uomo.

Ritornare a questa gerarchia delle priorità significa rieducarsi e rieducare il prossimo alla fede autentica: se, infatti, non ci "preoccupiamo" più di Cristo, come possiamo pensare che Egli intenda "preoccuparsi" di noi ( Fra Leopoldo ), donandoci il divino "sovrappiù" promesso dal Vangelo?

In  questo senso tutta la spiritualità e le iniziative catechistiche promosse da Tessitore ( pensiamo alle "giornate del Crocifisso" ) sono l'esatta negazione di quell'"indifferentismo" religioso, di quella inettitudine a pregare, che tanto angustiava Fr. Teodoreto.

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