Carlo Tessitore

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Malattia e calvario

La generosità di Tessitore fu messa a dura prova da eventi che sfuggivano completamente al suo controllo; fatto dolorosamente nuovo e inatteso per un uomo abituato a organizzare rutti i suoi impegni con ferrea meticolosità.

Intorno al 1989 cominciò ad essere afflitto da una serie impressionante di malanni: nel complesso quel calvario durò sette anni.

Tutto ebbe inizio quando, dopo una rovinosa caduta, avvenuta in casa, fu ricoverato in ospedale in seguito alla rottura del femore.

Per un camminatore come lui, la diminuita capacità motoria, era un fatto molto difficile da accettare.

Da quel momento la sua autonomia di movimento, in casa come in città, non fu più la stessa.

Il suo carattere autonomo e indipendente ne soffrì parecchio.

La caduta si era verificata di domenica: Tessitore era solo nella sua abitazione.

La signora Bronzino, la donna che lo assisteva dal 1954, da quando, cioè, era deceduta Caterina ( la sorella non sposata che viveva con lui ), si trovava a S. Ambrogio, in Val di Susa, presso alcuni familiari.

Erano molto rare le sue assenze, ma si sa … le disgrazie non arrivano mai sole.

Tessitore, dopo l'incidente, rimase per molto tempo disteso sul pavimento, immobilizzato, privo di qualsiasi assistenza.

Il caso volle che fossero fuori città anche i vicini, ragion per cui era perfettamente inutile invocare a gran voce il loro aiuto.

In qualche modo Tessitore riuscì a trascinarsi al telefono per chiamare i cugini di Orio che accorsero immediatamente, provvedendo a ricoverarlo presso l'Ospedale Mauriziano.

Dopo l'operazione, gli venne applicata una protesi alla rotula.

La signora Bronzino era troppo anziana ormai, per recarsi tutti i giorni all'ospedale.

Furono perciò i confratelli catechisti, coadiuvati dal nipote Claudio, a occuparsi della sua assistenza medica, in particolare il signor Rollino, attuale Presidente dell'Unione Catechisti, ebbe frequenti contatti con i medici e seguì da vicino i trattamenti e le cure a cui veniva sottoposto il paziente.

Una volta tornato a casa, Tessitore, dopo un periodo di riabilitazione, riuscì, in qualche modo, a ritornare in posizione eretta.

Sebbene la protesi lo costringesse a incedere in modo faticoso e stentato, non si perse d'animo: anzi, una volta dimesso, riprese ad uscire tutte le mattine per recarsi in chiesa, come faceva, ormai, da una vita.

Purtroppo, le sue tribolazioni erano appena cominciate, quasi che un destino beffardo volesse prendersi gioco di lui: ben presto, si verificò la seconda caduta, all'aperto, proprio nei pressi della chiesa intitolata alla Madonna del Buon Consiglio, il luogo di culto che il Catechista, data la vicinanza con l'abitazione di via Bicocca, ultima sua residenza, frequentava con grande assiduità da molti anni.

Avevano potato gli alberi senza curarsi di rimuovere i rami caduti sul marciapiede, e Tessitore vi era inciampato: si ruppe, purtroppo, anche l'altro femore.

Certe disgrazie sembrano ordite da un dio dispettoso e crudele: solo la Fede, in questi momenti, libera gli animi da quella disperazione cinica e rancorosa che tante volte opprime gli anziani tribolati dal peso di una vita "invivibile".

Tessitore, invece, mantenne intatto il suo buon umore: non era una posa da eroe, ma il frutto di quella "pace" interiore, alimentata nella preghiera, che seppe infondere anche in chi lo accudiva.

Questa volta la degenza fu lunga e tormentata: dopo il ricovero subì un altro intervento, nel corso del quale gli vennero inseriti dei chiodi nell'osso.

Purtroppo, l'operazione riuscì solo in parte; il femore non si allineò perfettamente.

Ben presto la situazione peggiorò: una mattina i chiodi, spostati dalla loro sede, perforarono l'epidermide, provocando un'infezione.

I medici che avevano eseguito l'operazione non osavano rimuovere i ferri poiché, non essendosi ancora formato il callo osseo, c'era il rischio di un nuova frattura.

Tessitore, ormai, era costretto all'immobilità assoluta.

Gli ultimi tre anni di vita li trascorse confinato in casa, prigioniero dei suoi malanni.

Questo domicilio coatto fu interrotto da nuovi ricoveri: al S. Camillo per la riabilitazione, alla clinica S. Paolo, per l'asportazione dei chiodi, poi ancora alla clinica Bertalazona di S. Maurizio Canavese e al Gradenigo.

Ma Tessitore era afflitto anche da altri disturbi: febbri, infezioni polmonari, affezioni croniche di varia natura ecc.

In ospedale, durante il lungo calvario dei trattamenti terapeutici, una delle sue maggiori preoccupazioni riguardava l'assistenza del cappellano, per la Comunione.

Ritornando a casa, era sempre accompagnato dallo stesso assillante pensiero: continuare a ricevere il Corpo di Cristo.

Se dopo la prima caduta poteva ancora recarsi alla vicina chiesa del Buon Consiglio, ora non era più in grado di farlo.

A questo punto fu il sacerdote della vicina S. Agnese, che, invertendo il tradizionale percorso del Catechista, prese a visitarlo quotidianamente per offrirgli l'ostia consacrata.

Per il resto, Tessitore non si limitava a nutrire lo spirito: nei limiti del possibile cercava anche di mantenere in forma l'intelletto.

« Secondo le sue possibilità fisiche si teneva sempre occupato, attivo, anche nei mesi della sua infermità, e non si lasciava mai andare ». ( Leandro Pierbattisti )

« Negli ultimi anni della sua vita avevo ripreso i contatti con lui, ormai malato, e notavo come avesse conservato lo stesso spirito di mezzo secolo prima, e cioè una grande religiosità unita ad una disponibilità sempre pronta verso il Signore.

Aveva pure mantenuto la sua ironia saggia e bonaria, il suo senso dell'umorismo.

Non era un uomo cupo o "musone", ma era animato da una sana e incoraggiante arguzia, con la quale sdrammatizzava le situazioni difficili …

Non l'ho mai sentito lamentarsi della sua malattia, ha sempre mantenuto una grande serenità.

Anzi, dirò di più: quando andavo a visitarlo in casa o all'ospedale, come tutte le persone sane che avvicinano un ammalato, entravo nella sua camera con una certa angoscia; eppure, dopo l'incontro, uscivo completamente rasserenato.

La stessa impressione l'ha avuta mia moglie.

Andavamo a trovare un malato, una persona sofferente, e ne uscivamo confortati ». ( Ing. Michele Bertero )

Pur essendo in condizioni veramente deprimenti, a chi lo visitava nell'angoscia, sapeva trasmettere la "quiete" dello spirito, qualità distintiva, un tempo, dei monaci più avanzati nel "progresso della virtù".

Eppure, negli anni della vecchiaia, Tessitore aveva conosciuto momenti di grande sconforto.

La notizia della morte dell'ultima sorella, ad esempio, ebbe su di lui una grave ricaduta, sia a livello morale che fisico.

Probabilmente sperava di sopravvivere almeno ad una delle sorelle.

Peraltro, tra i familiari del defunto Presidente girava una voce secondo la quale Fratel Teodoreto aveva predetto al Catechista che la famiglia Tessitore si sarebbe estinta il giorno della sua - di Carlo - scomparsa.

La sorella Anna lo ripeteva spesso e i fatti le diedero ragione.

Prima morì il padre, poi la madre, quindi le sorelle fino all'ultimogenita, e infine lui, il primogenito.

La famiglia Tessitore, in effetti, si è estinta con la morte di Carlo.

« Sono stato tante volte in punto di morte " - diceva ( riferendosi specialmente alla "spagnola" che negli anni '10, oltre a infettarlo, aveva mietuto migliaio di vittime ) - però non aveva mai pensato che sarebbe arrivata la sua ora, fino a quando non è mancata mia mamma ( Anna ), l'ultima sorella.

Quando è arrivato il momento, però, non si è fatto prendere dallo sconforto, ha atteso la morte in piena consapevolezza.

Io non ho mai visto una persona spirare così serenamente, e soprattutto nessuno così preparato ad affrontare la "buona morte ".

Lui mi diceva sempre: "Aspetto la cartolina di Nostro Signore, aspetto la Sua chiamata".

Lui, pensando ai militari di leva, la chiamava "cartolina".

Nel corso delle varie malattie che lo hanno afflitto prima che mancasse mia mamma, ripeteva questa frase: "Non è ancora arrivata l'ora della cartolina".

Quando invece è morta anche Anna, non ha più usato questa espressione.

Probabilmente ricordava la predizione di Fr. Teodoreto.

Tutti gli anziani hanno il terrore della morte. Lui no: l'attendeva, come il passaggio ad una vita migliore.

Negli ultimi tempi diceva: "Ma che cosa sto a fare qua? Sono inutile.

Non servo più a nessuno, non riesco più a fare niente, sono bloccato qui… ".

Eppure, quando io andavo a visitarlo oppresso da problemi di famiglia o di lavoro, che magari cercavo di non far trapelare, io ne uscivo comunque rasserenato e rafforzato nella determinazione ad affrontare le mie difficoltà.

Quindi non è vero che non fosse utile, lo era ancora, aveva un suo ruolo.

L'unica cosa di cui aveva timore era il giudizio, dell'aldilà.

" Diceva: "Speriamo che Nostro Signore non sia troppo severo, con me. "

Per lui la morte era una liberazione, un risorgere ad una nuova vita, un qualche cosa di naturale come il passaggio delle stagioni ». ( Claudio Civalleri ).

La signora Vilma Huaman Bravo, l'assistente peruviana alla quale abbiamo già accennato, si alternò alla signora Dolgitta, nell'assistenza all'anziano catechista.

Nei suoi ricordi Tessitore non è "uno dei tanti", uno di quegli anziani spesso altezzosi e indisponenti che si lamentavano del suo cattivo italiano.

Rappresenta semmai un punto di svolta nel difficile cammino che la portò ad inserirsi in una società completamente nuova e spesso ostile.

Le sue parole hanno un valore speciale.

« È stato forse Dio che mi ha aiutato a trovare questa persona, mediante il signor Rollino, che stava cercando qualcuno in grado di assistere il Dr. Tessitore, ormai non più autosufficiente.

Quando sono arrivata io, ho trovato una persona molto affabile: ispirava un senso di familiarità fin dal primo sguardo.

La sua presenza mi dava la sensazione di una cosa "bostra", ossia familiare, naturale, come se l'avessi già conosciuto prima.

Il suo viso, il suo atteggiamento ti infondevano fiducia; il largo sorriso, che disegnava leggeri solchi sulle guance e gli zigomi, era schietto, sincero.

Assistevo Tessitore dall'una del pomeriggio fino alle nove del giorno dopo.

Grazie a lui ho imparato tutte le orazioni più importanti ( in italiano ): è lui che mi ha insegnato il Padre Nostro, l'Ave Maria, Ti Adoro, le preghiere del mattino e della sera.

Quando pregava, meditava.

Aveva la finestra volta verso la collina e mentre pregava guardava fuori, l'orizzonte, e dava l'impressione di parlare con qualcuno.

Io non avevo quella forza.

Diceva poche parole, concise e serene: "Metti in pace il tuo cuore".

Era animato da una grande voglia di vivere, di impegnarsi per qualcuno e di mantenersi attivo.

Ha sempre conservato il suo spirito fresco, giovane, brillante e moderatamente ironico, senza sarcasmi.

Col suo sorriso da bambino sapeva rispondere a tono, con battute spiritose.

Non voleva far pesare a nessuno la sua condizione di malato, e, quasi si sentisse in colpa, mi diceva spesso: "Mah; che umiliazione, che lavoro umiliante fai! ".

Credeva che per me lavargli i piedi fosse un 'umiliazione.

Non si lamentava mai di niente, neanche se sentiva dolore.

Per me è un santo … forse non lo dimostro coi gesti, ma, nella mia mente, lo penso.

Non vado al cimitero, non gli porto i fiori … forse per mancanza di tempo, mi piacerebbe farlo… però nel mio cuore è sempre presente ». ( Vilma Huaman Bravo, assistente )

Soffriva molto a causa della malattia, ma era logorato, soprattutto, dall'immobilità forzata e da altri disturbi che lo tormentavano fin dalla gioventù.

Di fronte a trattamenti indubbiamente dolorosi ma necessari, insisteva col dire: "Non mi fa male, non mi fa male".

Fino alla fine ha cercato di convincere amici e parenti di questa sua presunta insensibilità, ma la realtà era ben diversa.

A volte erano evidenti i suoi sforzi per celare la rabbia e il dolore provocati da malanni che oltre a tormentarlo, ferivano la sua dignità.

Quando la signora Wilma, durante queste crisi, accorreva al suo letto, lui la interrogava: "Ma cosa hai fatto, per meritare questa vita? "

Alla bella età di 92 anni, malato e non autosufficiente, arrivava persino a rassicurare l'assistente, quando quest'ultima si mostrava preoccupata per la sua eventuale intolleranza ai trattamenti piuttosto invasivi che, suo malgrado, doveva eseguire.

Il dolore non era l'unico protagonista delle sue giornate: la mente, spesso, si annebbiava, facendogli perdere la cognizione del tempo e riportandolo ai tempi eroici della Casa di Carità, quando, insieme alla "vecchia guardia" dei Catechisti, si affannava a pagare conti, organizzare ritiri e stilare relazioni.

Una testimonianza indiretta, questa, della sua insopprimibile e contagiosa "voglia di fare".

« A lui piaceva pregare, parlare della Chiesa e della Casa di Carità.

Diceva: "Devo andare a lavorare, devo andare in ufficio, devo fare qualcosa…".

Si alzava al mattino, e poiché non ricordava nulla, diceva: "devo compilare tante documentazioni! "

Ma ormai era anziano e malato.

Parlava anche di Fratel Teodoreto, sognava di vederlo beatificato.

"Vorrei fare tante cose, ma mi sento impedito" diceva.

Durante il giorno stava seduto a leggere, a scrivere o a pregare.

Meditava passi della Bibbia o leggeva il Breviario e poi mi diceva: "Porta le tue amiche, facciamo un gruppo di preghiera, recitiamo il rosario! …Metti in pace la tua vita, prega… preghiamo".

Mi ha aiutato tanto: la sua pazienza, la sua fede, hanno segnato un cambiamento nella mia vita ». ( Sig.ra Vilma Bravo Huaman, assistente )

I suoi giorni erano scanditi dalla recita del Rosario e dell'Adorazione.

Quando il dolore tornava a sfidare la sua "tempra d'anima", come la chiamava Fr. Teodoreto, il buon "soldato" negava o minimizzava: "No, no… ho poco male".

Il giorno precedente alla sua morte, ebbe ancora la forza di accettare di buon grado un dono del Catechista Cagnetta.

A poche ore dal decesso era ancora perfettamente lucido e presente a sé stesso; dopo una prima esitazione - "Non è più il caso …" - con uno sforzo di volontà si impose di accettare il dono: "E va bene lo gradisco".

Desiderava portare la Croce in silenzio, anche per non far soffrire le persone che gli erano care.

Carlo Tessitore lasciò questo mondo la mattina del 2 ottobre 1995, nelle stesse ore in cui solitamente si alzava per recarsi a Messa.

« È mancato con una serenità eccezionale.

Io l'ho visto la sera prima che morisse, era ancora cosciente; gli ho chiesto come stava - era già molto provato - e lui mi ha guardato con un flebile sorriso, come per dirmi: "Eh.. lo vedi anche tu come sto! Sono alla fine ".

Nel corso della notte entrò in coma, per spirare nelle prime ore del mattino successivo, all'alba, verso le sei ». ( Claudio Civalleri ).

La signora Huaman, l'ultima persona a vederlo in vita, restò molto affezionata al suo ex assistito e continuò a ricordare il suo esempio di cristiana fortezza, specie durante le avversità, anche molto dure, che dovette affrontare negli anni successivi.

La sua mente aveva ormai stabilito una sorta di nesso logico tra il "saper soffrire" e la figura del catechista: l'uno richiamava immediatamente l'altra.

Il seme gettato da Tessitore, evidentemente, non era caduto sull'arida roccia.

« Io ho subito un incidente molto grave: i medici pensavano che sarei diventata invalida, che non avrei camminato mai più.

In un primo momento ho provato una gran rabbia contro il mondo intero… non volevo più vivere.

La mia vita, da quando era morto il signor Tessitore, aveva preso una brutta piega.

Ma non era finita. Un giorno, durante la convalescenza, ho fatto un movimento scomposto e mi sono detta: "questa volta ho combinato un guaio ".

Il giorno seguente mi dovevano visitare i medici per dirmi cosa era successo … ero disperata.

Quella notte ho pregato tanto: ho pregato il dottor Tessitore, e, per intercessione sua, Fr. Teodoreto, e perfino Padre Pio.

Terminata la visita i medici mi hanno tranquillizzata.

Quell'osso che dava l'impressione di essere fuori posto, sembrava, invece, avere assunto una posizione più corretta.

Per me questo è stato un miracolo.

Pensavo di aver compromesso la stabilità dell'osso e invece ….

È stata una grazia, adesso cammino, avverto ancora dei dolori, ma cammino!

I dottori me l'hanno detto chiaramente: "Guardi, è già tanto che lei cammini!" ». ( Vilma H. Bravo ).

Aldilà delle considerazioni personali che ciascuno di noi può fare in merito a certi eventi, resta comunque notevole e profonda la "traccia" spirituale lasciata dal Dr. Tessitore nella vita e nella memoria dei suoi conoscenti.

Alla luce di questo fatto, il suo stile di vita resta, dunque, un prezioso modello di testimonianza per chiunque si riconosca negli ideali di vita proposti da Fr. Teodoreto e Fr. Leopoldo.

Un vero Catechista del Crocifisso, infatti, non si accontenta di lasciare dietro di sé cumuli di parole o carte bollate: pretende, innanzitutto, di migliorare il mondo con un'azione riflessa che Tessitore aveva ben compreso: "santifichiamo noi stessi - diceva - affinché in noi siano santificati i nostri fratelli, … se vogliamo che vincano gli altri, vinciamo noi stessi".19

Una simile opera d'apostolato, geniale e semplice allo stesso tempo, comporta uno sforzo, per molti versi, sovraumano, tale da richiedere un aiuto soprannaturale.

Non per niente le Regole e le Costituzioni dell'Unione si configurano come un "trattato di cooperazione alla grazia".20

Tessitore, in vita come in morte, ebbe la costanza di non rompere mai quella cooperazione, di non "contristare"21 mai lo Spirito Santo: ecco spiegata quella profonda "serenità" che egli sapeva comunicare, persino nell'ora dell'agonia, agli amici, ai parenti ed in genere a quanti hanno avuto la fortuna ed il privilegio di assimilare qualche particella del suo inestinguibile amore per la Croce.

Indice

19 G. Baiano, "Conferenze di Carlo Tessitore", Torino, marzo 2001, pag. 25
20 Fr. Teodoreto Garberoglio FSC, "Pensieri sulle Regole e Costituzioni", Torino, novembre 1999, pag. 10
21 G. Baiano, "Conferenze di Carlo Tessitore", Torino, marzo 2001, pag. 27