Quaresima 2006: invito alla conversione
1 - Quaresima di preparazione alla Pasqua, in particolare all'Eucaristia
2 - Moltitudini da catechizzare
3 - Pericolo di essere contagiati dalla secolarizzazione
4 - Vincere la tiepidezza
5 - Il paradiso: contemplazione gioiosa dell'Agnello immolato
6 - Sincera verifica della nostra offerta a Gesù
7 - Vigilanza cristiana e amore fraterno
8 - La Pasqua: passaggio autentico
Carissimi mèmbri dell'Unione Catechisti,
La quaresima che è il tempo liturgico che stiamo vivendo, ci prepara alla solenne celebrazione della Pasqua, il cui triduo inizia con il ripresentarci quanto è profondo l'amore di Gesù che, nell'imminenza del suo sacrificio, ci dona, come alimento spirituale, il suo corpo, il suo sangue, la sua anima e la sua divinità!
Perché questo speciale misterioso e inimmaginabile nutrimento?
Perché nell'eucaristia realizziamo già su questa terra quell'intensa e intima comunione con Dio e tra noi, che è il fine per cui siamo stati creati.
Sappiamo infatti che è la comunione di Dio con gli uomini, e degli uomini con Dio e tra loro in Cristo che costituisce il fine della vita.
Milioni di uomini ignorano ancora il fine per cui esistono, e questo li induce a condurre una vita vuota e senza speranza, spesso finalizzata al solo conseguimento di beni materiali, obiettivi che non dissetano l'angosciosa sete di infinito presente in ogni uomo.
Inseriti in questa dilagante superficialità nei confronti di Dio, molti anche tra i cristiani spesso finiscono di emarginarlo nel concreto delle loro scelte di vita, fino talvolta a vergognarsi di dichiararsi pubblicamente suoi seguaci.
È questa una forma di rispetto umano e di accidia cui occorre decisamente reagire.
Ma come vincere queste tentazioni e le insidie del nemico senza una forza interiore che ci venga da Dio, e ci consenta di rimanere fedeli al nostro battesimo?
Occorre respingere, appena ce ne rendiamo conto, i condizionamenti che ci giungono dal continuo bombardamento psicologico ad opera dei mass media, di certi giornalisti o di certi uomini politici, di imprenditori e di insegnanti che si vantano di essere laici, mentre in effetti sono autentici laicisti, e spesso anche materialisti.
In un simile clima anche i cristiani rischiano di venire contagiati da queste mentalità distorte e neo-pagane che portano, se non ce ne si sbarazza subito, ad un indebolimento o alla perdita della vita di grazia.
Questo contagio lo constatiamo tutte le volte che non aspiriamo più, come dovremmo, all'intimità con Gesù, magari adducendo che non abbiamo tempo, o che abbiamo tante cose da fare, o che non ce la facciamo …
Facilmente, in questo stato, avanziamo mille motivi, tutti apparentemente giustificati, per saltare la meditazione, il rosario, la lettura spirituale e talvolta anche la S. Messa.
I valori vengono capovolti: si antepone il fare all'essere, il che ci porta su un piano inclinato che conduce sempre più in basso, fino al crollo del nostro rapporto di intimità con Dio al quale abbiamo consacrato la nostra vita.
La constatazione di queste difficoltà, qualora anche in noi siano in parte presenti, non ci deve peraltro scandalizzare fino a portarci allo scoraggiamento e a non fare nulla per superarle.
Questa potrebbe essere una forma di superbia o un ripiegamento su se stessi.
In realtà le nostre fragilità sono molto maggiori di quelle che possiamo immaginare.
Se un eventuale rilassamento fosse la norma di ogni giorno, di ogni settimana, di ogni mese, o di ogni anno, questo dovrebbe preoccuparci perché denoterebbe un malessere spirituale che necessita di un oculato esame che metta a nudo davanti a Dio, e davanti a noi stessi, la verità, e una verità senza sconti, per scoprire da quale spirito siamo mossi.
Se, come talvolta po' accadere, fossimo renitenti a fare questo esame, come potremmo crescere nella vita di grazia e nell'intimità con Gesù, che pur diciamo di voler conseguire, senza attingere da lui il coraggio della fedeltà a quanto gli abbiamo promesso con la nostra consacrazione?
Gesù troppo ci ama per lasciarci preda della tiepidezza di una vita che non punta più all'essenziale.
Egli per darci il desiderio e la forza di convertirci ci dona la forza del suo Spirito, che ci comunica in modo particolare quando ci cibiamo di lui nell'eucaristia.
Gesù ci nutre con se stesso, pane degli angeli, per essere sempre al nostro fianco e sostenerci nel cammino verso la beata patria del Cielo, che è il fine per il quale Dio ci ha creati.
Partecipare alla gloria del Crocifisso risorto contemplandolo faccia a faccia in Cielo, è il nostro meraviglioso destino.
Il paradiso è dunque la meta del nostro pellegrinaggio terreno, il fine della nostra esistenza dove Gesù ci introdurrà nella più intima e perfetta comunione d'amore con lui e con tutti gli angeli e i beati, che uniti a Maria SS. adorano con immensa gioia l'Agnello immolato per la nostra salvezza.
È lì che potremo contemplare l'amabilissimo nostro Signore nel fulgore della sua gloria, è lì che potremo contemplare con immensa gioia le Piaghe sanguinanti e gloriose di Gesù che ci appariranno più luminose e più splendenti del sole nel suo massimo splendore.
Il soggiorno terreno degli uomini, ci ricorda Giobbe, è più veloce di una spola, tutto è vanità all'infuori del raggiungimento della meta per la quale Dio ci ha chiamati all'esistenza, meta alla quale facciamo bene a rivolgere il nostro pensiero.
Purtroppo molti scoprono il vero valore della vita, cioè la meta per la quale siamo stati creati, solo in punto di morte, al termine di un'esistenza vissuta in gran parte nella vacuità, nella superficialità e nell'effimero.
Per noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscere più direttamente il Signore, e al quale abbiamo consacrato la nostra vita, non è così e non dovrà mai essere così, carissimi fratelli e sorelle in Cristo, ma questo dipende solo da noi, dalle nostre libere scelte.
Non è sufficiente far parte di un istituto religioso per essere automaticamente salvati, sarà infatti salvato solo chi si lascerà guidare da Gesù, solo chi accetterà di rimanere docile, malleabile e come colpo morto nelle sue mani.
Qualcuno a questo punto potrà chiedersi: come possiamo essere certi se siamo docili, malleabili, o come corpi morti nelle mani di Gesù?
È abbastanza facile giungere a questa certezza: è infatti sufficiente esaminarci se operiamo le scelte di ogni giorno come avremo desiderio di averle fatte quando saremo in punto di morte.
In quel momento si abbandona la tiepidezza e si guarda ai valori veri della vita, valori che potremo avere accolto o respinto: in punto di morte si guarda all'essenziale, ovvero al fine per cui siamo stati creati.
Il Signore, che come sappiamo è il Dio della vita, altro non vuole da noi che il raggiungimento della pienezza di vita che desidera elargirci, e che elargisce a tutti coloro che si dispongono ad accoglierla con gioia e con cuore puro.
A quelli di noi che ritengono di possedere già sia la gioia che il cuore puro, ricordo che tali virtù possono sempre crescere, e all'infinito, per chi desidera davvero diventare santo, mettendo radicalmente in pratica il comando di Dio, che nel Levitico ci ha detto: "Siate santi, perché il Signore vostro Dio è santo". ( Lv 11,44 )
Il cammino di santità inizia con il coraggio di riconoscere le proprie colpe e nell'affidarsi all'amore misericordioso di Gesù.
Occorre avere con noi stessi e con Gesù la massima sincerità; occorre essere radicalmente veritieri, guardandoci dal mimetizzare il male che riscontriamo in noi e che gli chiediamo di distruggere.
Nello stesso tempo occorre avere una grande fiducia nella sua misericordia per non cadere nello scoraggiamento o nella disperazione della salute, alla constatazione della mole delle nostre infedeltà.
Il motivo per cui non dobbiamo scoraggiarci si fonda sull'amore di Gesù, che ci può e ci vuole guarire.
Solo Lui ci può liberare e ci libererà da ogni nostra miseria, se davvero ci affidiamo con umiltà e amore alla sua infinita misericordia.
Lo scoraggiamento è una falsa umiltà, una sottile forma di superbia, da respingere al suo primo apparire.
La consacrazione di tutto noi stessi al Signore non ci ha liberati dall'inclinazione ai vizi capitali che continuamente insorgono in noi, come conseguenza di una natura indebolita dal peccato d'origine.
Su queste inclinazioni al male il diavolo punta con ogni astuzia e suggestione, con l'unico e malvagio obiettivo di distoglierci dalla santità.
Per distoglierci dal cammino di santità, satana riveste di bene il male, facendolo apparire come una normale tendenza che farebbe parte della nostra natura, per cui assecondare la natura non sarebbe peccato, perché così siamo fatti: quindi assecondare la natura sarebbe una libertà voluta dal Signore.
Ma questo argomento è specioso.
La fede ci dice di guardarci dalle tentazioni del demonio, dato che assecondare la natura in tutto ciò che sa di disimpegno e di inclinazione verso il basso non è compatibile coll'intimità con Gesù.
Egli abita nei cuori puri come in un tempio, per comunicare loro amore, pace e gioia.
In questo tempo di quaresima esaminiamoci dunque sul livello della nostra fedeltà a Dio.
Il nostro esame non sia una generica considerazione su ciò che facciamo per Dio e per il prossimo, ma una riflessione che metta a nudo la nostra risposta a lui, verificando tale risposta nel concreto dei doveri del nostro stato, guardandoci dall'ardire di giustificare le mancanze che riscontriamo in noi allo scopo inespresso di tranquillizzarti la nostra coscienza.
In particolare dobbiamo anche soffermarci e verificare se anche noi qualche volta cadiamo in quella situazione di ipocrisia che Gesù apostrofa usando la parola "korbàn", termine aramaico che significa doni offerti a Dio ( Mc 7,11-12 ), nel senso che non potrebbe essere oggetto di aiuto ai genitori bisognosi ciò che appunto è stato offerto a Dio.
Sottraiamo forse affetto, solidarietà, collaborazione, buon esempio, sopportazione ai fratelli, mentre dobbiamo reciprocamente gratificarci?
Il cammino verso la santità è innanzitutto un atteggiamento di umiltà senza la quale non si potrà accogliere l'amore del Signore.
Dire è "korban" quanto è dovuto al confratello o alla consorella non è secondo il cuore di Dio.
Il cammino verso la santità è dunque un cammino concreto, non immaginario, un cammino da verificare ogni giorno per accertarci che sia un vero itinerario che ci conduca a tu per tu con Gesù che contempliamo ogni giorno nell'adorazione delle sue sacratissime Piaghe.
Esse ci attestano che il suo amore per noi è stato un amore concreto, non un amore immaginario.
Dalla nostra fedeltà al Signore, così come ci viene formulata nelle nostre Costituzioni, come pure dalla nostra carità fraterna dipenderà non solo la nostra santità, ma anche quella di tutta l'Unione e del suo sviluppo.
Coraggio dunque, e avanti!
La prossima Pasqua segni anche per noi il passaggio ad una più intima comunione d'amore con Gesù e ad una più profonda comunione d'amore tra noi.
Se davvero lo vorremo, non sarà difficile conseguire tutto questo; perché Gesù farà tutto per noi, se noi faremo tutto per lui.
Buona quaresima e buona Pasqua!