Ritiro del 8/2/1986
1 - Consacrazione e voti
2 - Consacrazione, immolazione, santificazione
3 - Il Battesimo ci innesta in Gesù
4 - Siamo dei consacrati
5 - Santità nell'immolazione
6 - Consacrazione a Dio
7 - Episodio della vita di padre Lanfranco
8 - Vocazione alla santità per ogni battezzato
9 - Consacrazione
10 - I martiri
11 - Le vergini
12 - Fuga dal mondo: gli eremiti
13 - Consacrati nel secolo
14 - Monaci cenobiti
15 - Gli ordini mendicanti
16 - Il servizio
17 - Domenico
18 - Istituto secolare
19 - Consacrazione e voti
20 - Diversi carismi
21 - Necessaria la collaborazione
22 - Cosa ci riserverà il domani?
23 - Occorre sempre una concretezza
24 - L'imitazione di Gesù
25 - Salvezza e santità
26 - Il Purgatorio
27 - Ci sono molte cose da rivedere
28 - Tutti dobbiamo farci santi
29 - La consacrazione è un mezzo corrispondente al nostro bisogno
Vorrei invitarvi a riflettere su una traccia e poi in base a questa voi potete fare delle domande.
La traccia su quale argomento? Consacrazione e voti, metterei l'accento sulla consacrazione e meno sui voti.
Vedremo dopo come è l'innesto delle due cose; forse è una visione un tantino nuova in confronto a come normalmente si è vista, storicamente, la cosa.
Perché mi pare che si fosse confuso molto tra consacrazione e voti tanto da farli coincidere.
E questo crea delle difficoltà non indifferenti nello sviluppo ulteriore della consacrazione, che si può estendere anche agli sposati.
Perché se si confondono le due cose, tanto più se per i voti si fa leva molto sul voto di castità, sul celibato, la verginità consacrata si chiude la porta ad ammettere come consacrati nella vita della Chiesa anche gli sposati.
Invece se si distingue la consacrazione dai voti religiosi, per cui si vede poi nei voti una forma, concreta, magari storica, con cui si può realizzare una consacrazione, allora si è più aperti.
Non vi faccio una lezione teorica vi dico delle mie impressioni che sgorgano sia dal contatto che ho avuto con dei consacrati, sia dalla riflessione e preghiera della mia vita.
Quindi un confronto del genere non è una cosa teorica, perché nella teoria si è ancora molto nebulosi.
Se voi consultate dei dizionari di spiritualità riflettono molto quella impostazione storica che è avvenuta, per questo dico che ho una visione un tantino nuova.
Parto dalla consacrazione, innanzi tutto il termine consacrazione.
A noi, abituati alla vita della Chiesa, consacrazione subito ci fa venire in mente la Messa , l'Eucaristia, la consacrazione, dove una realtà, pane e vino, vengono decisamente trasformati in qualche cosa di così grande e sublime, da farlo diventare il mistero per eccellenza, difatti diventano Gesù.
Consacrazione: a me viene anche in mente il capitolo 17 di Giovanni, là dove Gesù parla del suo rapporto con i suoi.
Nelle diverse traduzioni ci sono termini che sono sfaccettature di una medesima realtà.
Nella volgata si diceva pro ei santificum me ipsum.
Traduzione letterale: per loro santifico me stesso.
In altre traduzioni saltano fuori: consacro me stesso.
Il termine consacrazione e santificazione sono risvolti di una medesima realtà.
Quel consacro me stesso, potrebbe anche essere tradotto, pensando a Gesù che cosa ha fatto, immolo me stesso.
I termini consacrazione, santificazione e immolazione, che già nell'eucaristia ci venivano richiamati.
Questi sono tre aspetti in questa preghiera sacerdotale, che può essere veramente il testamento di Gesù.
Consacrazione, immolazione, santificazione.
Non ci fa stupire questa correlazione se pensiamo a chi è Gesù, perché è venuto e che cosa ha fatto.
Per cui in quel termine, secondo me, c'è tutta la sintesi di quel che Gesù è e di quel che Gesù ha fatto. È il santo di Dio.
Sorgente della santificazione, di una santificazione che fa sì che l'uomo sia consacrato a Dio.
Chi più consacrato a Dio e più santo dell'umanità sacrosanta di Gesù, che è unita oramai in modo inseparabile nella unità della persona, alla natura divina?
Chi più santo di Lui, chi più consacrato di Lui, chi più immolato di Lui?
Che cosa c'è di più immolato che non la natura umana, che non solo sarà immolata sulla croce, ma anche per il fatto che questa natura umana non ha la persona umana, ma ha la persona divina
Che cosa è più immolato di questa natura, che, totalmente offerta e totalmente posseduta dalla persona del Verbo, è veramente la totale immolazione, per cui questa natura umana diventa il grande sacramento della salvezza; e sgorga di lì la santificazione di tutta l'umanità.
Da questa grazia del Cristo capo.
Cristo è capo dell'umanità, proprio perché è la persona del Verbo.
Vero Dio, vero uomo; ma lo strumento del sacramento, l'elemento sensibile è la sua natura umana.
Difatti è la natura umana che è stata immolata.
Chi più santo di Lui, chi più consacrato di Lui, chi più immolato di Lui?
Difatti il Cristo, l'unto, il consacrato, ma anche il Cristo, il santo: " Tu solo, tu solo, tu solo …" al termine del gloria.
È talmente l'immolato che diventa il Crocifisso, che è il termine ultimo dell'immolazione e il termine più espressivo.
Tanto è che anche da risorto ha voluto conservare i segni della sua passione: sarà sempre il crocifisso risorto.
La seconda serie è quest'altra: la realtà battesimale.
Il Battesimo che cosa ci fa? Ci innesta in Cristo morto e risorto, ci configura a Cristo morto e risorto è tutta la liturgia battesimale.
È anche il centro della celebrazione del culto della Chiesa, nel triduo pasquale, che costituisce il centro della vita liturgica.
Tutto questo diventa il momento in cui l'uomo, innestato in Cristo, viene configurato a Lui: quindi con Cristo muore, con "mortui" dirà san Paolo, con "sepulti", ma nel Battesimo, poi con risuscitati con Cristo.
È di lì che sgorga la santificazione dell'uomo.
È anche di lì che sgorga allora la consacrazione dell'uomo, quella consacrazione che veniva nel rito del Battesimo di una volta molto ben espressa, perché il catecumeno veniva unto dalla testa ai piedi.
La prima unzione dopo le rinunzie battesimali con l'olio dei catecumeni; ma anche la seconda unzione col crisma.
Unto per indicare questa dignità, come venivano unti i re, i profeti, i sacerdoti.
Veniamo a far parte di un popolo regale, sacerdotale, profetico.
Difatti con il battesimo noi veniamo a far parte di un popolo regale, sacerdotale, profetico.
Quello che poi il Vaticano II ha chiamato sacerdozio universale dei fedeli.
Siamo dei consacrati nel momento stesso del battesimo, e siamo dei consacrati perché siamo dei santificati; ma nello stesso tempo siamo anche degli immolati, dobbiamo morire al mondo, alla concupiscenza.
Capite che se esaminiamo bene le promesse e le rinunzie battesimali esprimono quella realtà dei consigli evangelici, che si contrappongono alla triplice concupiscenza.
Per cui ogni battezzato in quanto è battezzato è consacrato, è santificato, ma è anche immolato.
Consacrati, perché noi siamo membra vive di Cristo.
Il Battesimo diventa il punto di partenza per un impegno di vita nuova, novità di vita, sarà poi quello che noi dovremo realizzare nel cammino della nostra vita, nella fedeltà alle promesse battesimali.
Obbiettivamente, nonostante la nostra posizione personale comunque possa essere, noi siamo dei consacrati, abbiamo questa dignità: membra vive di Cristo.
Se il capo è consacrato, è immolato è santificato, se il capo diventa la sorgente di tutto questo per gli altri; noi per il semplice fatto che siamo stati innestati in Lui siamo consacrati, santificati, immolati.
Fossimo anche dei peccatoracci, obbiettivamente c'è in noi una santità.
Questa santità che fa sì che il Padre eterno ci guardi sempre con uno sguardo di predilezione, nonostante i nostri peccati e fa sì che Lui, fedele alle sue promesse, ci offra costantemente la sua misericordia.
Quella santità obiettiva diventa anche la nostra santità soggettiva, in quel lavoro faticoso di immolazione che è il lavoro della conversione, della riconciliazione.
Come si è affermato successivamente in questi ultimi anni: la conversione è un lavoro continuo.
La riconciliazione è un'opera di tutti i giorni: è già un dono esistente di cui io mi debbo appropriare, in un gesto di fede in Dio.
In un gesto sacramentale che diventa un segno della fede, farlo mio perché è un dato oggettivo.
La riconciliazione c'è già devo farla mia, il capitale c'è già devo farla mia, la santità c'è già devo farla mia.
Io sono già consacrato, se Cristo vuol dire consacrato, cristiano vuol dire consacrato con Cristo e come Cristo; questo è un dato di fatto.
Questo è il secondo fondamento del mio modo di pensare.
Qui si innesta a questo punto il discorso di quello che poi nella Chiesa si è chiamata consacrazione a Dio, che qualche volta è stata portata avanti quasi ignorando ciò che abbiamo detto prima della consacrazione battesimale.
Oppure quasi contrapponendo questo termine consacrazione alla prima consacrazione.
Specialmente in questi ultimi tempi si era portato avanti questo discorso, perché si era smarrito un tantino il senso della consacrazione battesimale, oppure per una visione un po' pessimistica.
La vita dell'uomo era talmente malandata e segnata dal peccato per cui il battesimo sì era una bella cosa, poteva essere la sorgente di tutto, però in fin dei conti se uno voleva essere veramente di Dio o se voleva veramente farsi santo doveva farsi frate o monaco, non è nemmeno sufficiente farsi prete.
Qui vi racconto un episodio della mia vita.
In terza liceo i gesuiti mi avevano bombardato, inseguito per tre anni, dalla quinta ginnasio alla terza liceo, perché mi facessi gesuita, grazie anche all'intervento del rettore del seminario di Giaveno, il quale si era messo in testa questo.
Mi avevano bombardato talmente che io ero sempre lì incerto:mi faccio non mi faccio gesuita?
Mi han perfino mandato a dare gli esami a Cuneo, perché là c'era il noviziato: mi han fatto il trabocchetto, per mandarmi là ecc.
Poi in terza liceo il buon Dio risolve tutto quanto il dilemma.
Lo risolve di fronte a me, ma lo risolve soprattutto anche di fronte a loro.
Ho la prima grossa batosta del cuore…
Mi ricordo ancora che avevo scelto come confessore un padre gesuita mio compaesano, che veniva a confessare in seminario.
Ogni tanto così, oltre il fatto che lui veniva tutte le settimane in seminario, andavo a trovarlo, perché era mio compaesano, professore e docente di università.
Mi ricordo ancora il posto preciso dove eravamo, a Chieri, davanti alla chiesa dell'Annunziata, del monastero delle benedettine.
Lo ero andato a trovare: vado a passeggio mi accompagni? Io l'ho accompagnato.
A un certo punto lui mi guarda bene così dall'alto in basso e mi dice che la compagnia non può assumersi un poveretto così, con la salute compromessa e quindi vada che pure a Torino ad iniziare teologia.
Poi si fa tutto serio, abbassa la testa e mi dice: che sono condannato alla mediocrità, per tutta la mia vita.
Pensate che parole: unicamente se io mi fossi fatto religioso avrei potuto tendere alla santità, diventare santo.
Ma farmi prete, andare a Torino in seminario … ero condannato alla mediocrità.
Lo diceva un eminente gesuita professore di morale, dottore in teologia ecc.
La cosa acquista ai miei occhi importanza.
Non vi nascondo la mia reazione personale psicologica.
Era diffusa l'idea che se uno voleva essere di Dio, con la consacrazione per essere di Dio, come Gesù è di Dio, è del Padre, essere di Dio.
Se voleva essere santo, se voleva essere per Dio, perché l'immolazione è essere per Dio, doveva farsi … non bastava farsi prete.
Vedete che era molto annebbiato il concetto della consacrazione battesimale, della vocazione universale alla santità, che il Vaticano II ha ripescato e ha messo come base, ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 40 ) prima di parlare delle diverse vocazioni nella chiesa.
Ha parlato della vocazione universale alla santità, per cui ogni battezzato,
per il semplice fatto che è battezzato, è chiamato a farsi santo, perché già
oggettivamente è santo, già oggettivamente è di Dio, è consacrato, già
oggettivamente è immolato ed è per il Signore.
Si tratterà nella vita di fede, cammin facendo, di prendere coscienza di questo
dono obbiettivo, di tradurlo nella vita di ogni giorno e allora la santità è
garantita.
Ma la santità non deve essere di categoria. a, b, c, z, ma per solo il fatto che siamo battezzati siamo in una posizione nuova.
Difatti dopo, quando parlerò della vita cristiana, tra virgolette consacrata, dirò che è un innesto del battesimo, è un modo per vivere il battesimo.
Non è più la santità che arriva ma la santità c'è già, sarà uno stile con cui si vive la realtà battesimale.
Dio è il centro della nostra vita.
È qui che io cerco in alcune espressioni di chiarire cos'è questa consacrazione.
Quand'è che una persona può essere chiamata "consacrata"?
Notate bene: prima ancora di collegarmi con delle formulazioni esplicite esterne di voti, io sono a monte.
Quando io incontro un brav'uomo, una brava donna, un ragazzino il quale vive così intensamente il dono di Dio, il dono battesimale, questa sua appartenenza a Dio la vive in modo cosciente, in modo da farla emergere nella sua vita di ogni giorno; per cui Dio non c'è anche, nella sua vita, ma Dio diventa il centro della sua vita.
Costui è obbiettivamente, non solo per il battesimo consacrato, ma diventa anche soggettivamente consacrato, cioè vive la realtà della consacrazione.
Se lui coscientemente prende la sua vita da Dio, la riporta a Dio, la vive rapportando a Dio la sua vita di ogni giorno così come succede, nelle cose che fa, nei rapporti che egli ha, costui è consacrato; non solo più obbiettivamente per la realtà battesimale, ma diventa consacrato effettivamente.
Quindi dov'è il passaggio tra la consacrazione battesimale e questa consacrazione vissuta in modo cosciente?
Sta proprio in questo: nel mettere o nel lasciare Dio al centro.
Quando Dio diventa il centro della vita per cui tutto il resto diventa circonferenza, e tutto il resto entra in rapporto con me, ma passando da Dio; i raggi della ruota della bicicletta tutti sono rapportati con il centro se no altrimenti la ruota è scentrata, non gira più, per fare la sua funzione bisogna che sia centrata, e tutto è rapportato a Lui.
Costui allora vive in modo cosciente la sua consacrazione battesimale.
Costui è un consacrato, costui vive da santo, costui è costantemente immolato, il suo io capite non è il suo io al centro.
È Dio al centro, tutto il resto arriverà a lui da Dio, sarà vissuto da lui per Dio, sarà portato avanti con Dio, oppure se richiamiamo la realtà battesimale, sarà per Cristo, sarà con Cristo sarà in Cristo.
Capite subito di nuovo il richiamo che ho fatto all'inizio dell'eucaristia e della dossologia che conclude il canone: costui è un consacrato.
Realtà divine nella storia della Chiesa: i martiri.
Nella storia dei singoli, nella storia della chiesa ci sono sempre le realtà divine, che si manifestano sempre in momenti, in forme, in parole in gesti di cose concrete, sempre.
Allora se noi ripeschiamo nella storia della chiesa questa realtà vediamo che è stata tradotta in termini diversi.
Qual è il primo termine che noi troviamo nella storia della chiesa?
La storia della santità, della venerazione dei santi e di coloro che nella chiesa sono riconosciuti santi.
Quali sono i primi ad essere stati riconosciuti dalla chiesa come santi?
Coloro che sono stati visti così configurati a Cristo, per cui la santità di Cristo, l'immolazione di Cristo, la consacrazione di Cristo e la loro era così correlativa che se si adorava Cristo si doveva venerare il martire; perché chi più immolato del martire? che ha ripetuto il gesto di Cristo perdonando come Cristo; vedendo Cristo alla destra del Padre.
Che gioia celebrare l'eucaristia sulla tomba dei martiri, perché il sacrificio di Cristo è ripresentato nel martire che era talmente unito a Cristo.
Questa consacrazione eucaristica era tutt'uno.
Anche il nome del martire diventava il modello, l'emblema; per cui mettere dei nomi non più pagani, ma dei martiri perché era il richiamo a vivere così, che quella consacrazione si poteva vivere, che quella santificazione era possibile.
Perché mettere il nome di un santo vuol dire augurarsi che anche tu sia santo.
I primi santi sono stati martiri, questi sono vissuti nei primi secoli della chiesa.
Non si immaginava di venerare altri che i santi, di affidarsi ai santi.
I martiri erano allora nei graffiti delle catacombe, dove avveniva l'invocazione al martire.
Non solo si diceva: costui è martire di Cristo; ma prega per noi, intercedi per noi.
Quei graffiti hanno poi aiutato ad individuare con probabilità e certezza la stessa tomba di Pietro.
La persecuzione e l'emergere dei valori evangelici.
Poi dopo, già durante le persecuzioni, i valori evangelici emergevano di fronte ad un mondo pagano sempre più dissoluto.
Allora cosa noi notiamo? Notiamo che tra i cristiani incominciano ad emergere alcune figure che assumono uno stile di vita che è diverso dagli altri e che manifesta la loro volontà di essere totalmente di Cristo.
Compaiono le vergini.
Pensiamo alla dissolutezza del mondo pagano, pensiamo come era allora considerato il valore della verginità.
Alcune storie dei martiri sono intimamente collegate con il rifiuto del matrimonio con un pagano: non il rifiuto del matrimonio come tale, ma del matrimonio con un pagano.
Oppure l'affermazione chiara esplicita: Io sono di Cristo.
Le figure delle vergini molte volte sono martiri.
Non pensiamo che sia solo in campo femminile, c'erano anche gli asceti che erano i corrispettivi in campo maschile.
Gli asceti si distinguevano dagli altri per uno stile di vita più povero, in cui l'appetenza a Cristo era più manifestata all'esterno.
E quel: sono di Dio, sono per Dio faceva sì che abbandonassero molte cose.
Per cui i consigli evangelici, che interessavano tutti, venivano affermati, conclamati, testimoniati in modo… noi diciamo oggi in modo più radicale, in mezzo al popolo santo di Dio.
Man mano che diminuivano le persecuzioni, ma man mano che aumentava anche la dissolutezza del mondo esterno, ha preso piede quella fuga dal mondo caratterizzata poi con gli eremiti; pensate gli eremiti della Tebaide, il deserto di san Antonio …
Da una parte era lo sfuggire la persecuzione, perché non si sentivano sicuri e dall'altra parte sfuggire la corruzione di questo mondo.
E c'era l'anelito positivo di seguire radicalmente il vangelo.
La vita di san Antonio diventa emblematica in questo senso, perché prende alla lettera il Vangelo che sente annunciato, quando lui entra in chiesa.
Conosce la storia scritta da san Atanasio amico suo, che riporta i fatti storicamente capitati.
Perché lascia tutto?
Già invaghito dalla testimonianza degli apostoli e dalla primitiva chiesa cristiana, dove vendevano i beni e li davano a tutti.
Entra in chiesa mentre si legge il Vangelo del giovane ricco.
Lascia tutto, difatti lascia tutto, trecento campi, lascia tutto.
Poi la prima forma, vicino al paese vive del lavoro delle sue mani, ma poi è troppo disturbato.
Allora si inoltra sempre più nel deserto, e diventa modello di coloro che fuggono dal mondo, per vivere radicalmente Cristo.
Cos'è capitato successivamente? È capitato che la cornice o il modo concreto con cui uno voleva vivere la consacrazione è stato preso come consacrazione, mentre il discorso battesimale è sempre stato messo in second'ordine, per cui ancora oggi che siamo a 1600 anni dopo san Antonio troviamo degli autori che quando ci parlano di consacrazione, di santità polemizzano ancora con quella fuga dal mondo, oppure la richiedono come condizione per poter parlare effettivamente di uno che vuol vivere per Dio.
Perché se no cosa volete, uno che vive nel mondo come fa a vivere di Dio? Sotto sotto c'è ancora questo.
Difatti ancora oggi ci sono le difficoltà di consacrati nel secolo, gli istituti secolari, a farsi capire, anche da qualche prete da cui vanno a confessarsi, a cui dicono: ma ho fatto i voti.
Come, sei una suora? Che storie sono queste? Ma se vuoi essere di Dio va a farti suora.
Oppure a un giovanotto: cercati una bella ragazza e sposati.
Cose che capitano oggi ancora.
Talmente è incarnata l'idea che per essere di Dio e per Dio bisogna fuggire dal mondo e bisogna che la radicalità evangelica sia concretizzata non solo nei voti, ma nei voti vissuti in quello stile.
Invece storicamente ci sono state delle forme diverse; io ho accennato alle prime, devo mica fare tutto il tragitto, dagli eremiti a venire ai monaci.
Dei monaci qui non dobbiamo solo pensare a san Benedetto, ma dobbiamo anche pensare a san Eusebio per restare qui in Piemonte; a san Martino per restare in Francia i quali volevano attorno a sé la brava gente più impegnata.
I loro preti erano tutti monaci, perché erano più validi.
Poi per riformare i monaci sono arrivati i mendicanti, in epoche storiche diverse.
Per cui il discorso storico delle esigenze del tempo ci indica poi le forme concrete di come questa radicalità viene vissuta.
Pensiamo ai monaci, che sorgono subito dopo le persecuzioni e siamo nel momento in cui si disgrega l'impero romano.
Allora questi eremiti che hanno seguito un capo, sono diventati, perché il termine monaco sarebbe uguale ad eremita, uno che vive da solo, invece sono diventati cenobiti, una regola e un maestro da seguire.
Poi questa congerie di cose capitate, finché si arriva a Benedetto legislatore.
La vita benedettina è nient'altro che la vita cristiana codificata, non c'è nulla di nuovo; come idealmente potrebbe vivere un cristiano non da solo, ma in comunità, perché la Chiesa è comunità e comunione noi oggi diremmo, sotto la guida del padre, dell'abate.
Per cui questi monasteri diventano fucine di santi, di studiosi, di letterati, di artisti di contadini, di fabbri ferrai, di tutto quello che voi volete.
Non è il singolo, ma è la comunità benedettina che diventa faro di civiltà, attorno a cui si aggregano tanti altri.
Ecco qui le radici cristiane dell'Europa, l'Europa è sorta così attorno a questa grandi monasteri benedettini, questi monaci che diventano fari di religione e di civiltà, missionari e civilizzatori dei barbari.
Poi andiamo avanti, arriva la borghesia.
Siamo in un'altra epoca a un'altra svolta e saltano fuori i mendicanti, gli ordini mendicanti escono dalla borghesia, gli artigiani di allora, saltano fuori di lì.
Allora non è più il monastero isolato dalla città, ma diventa di nuovo il convento al limite della città per avere il rapporto con la città.
Dove si fa il discorso della povertà vissuta in un altro modo che non dal monaco.
Perché il singolo monaco era poverissimo e l'abbazia era ricchissima, era la sorgente di salvezza per tutti, e datore di lavoro per tutti.
Qui invece siamo vicini ai liberi comuni, alla borghesia, dove la povertà diventa non più individuale, ma dell'ordine, la testimonianza dell'ordine.
Sottolineiamo la povertà come i francescani, sottolineiamo il discorso della parola di Dio e della sapienza con i domenicani.
Se sottolineiamo invece l'altro aspetto della comunione della pace, della riconciliazione con i serviti, sono sfaccettature diverse.
Oppure se sottolineiamo l'altro aspetto della liberazione degli schiavi, oppure del servizio degli ammalati.
Consacrazione vissuta in modo radicale = il servizio.
Allora alla consacrazione, alla radicalità che cosa si innestava?
Si innestava esplicitamente un servizio da compiere nella chiesa e nella società.
Mentre prima il servizio da compiere, legato alla consacrazione, non era esplicitato; qui la situazione concreta della mia vita di consacrazione, vissuta in modo più radicale diventa un servizio.
Anzi qualche volta il servizio stimola e fa individuare la forma nuova, lo stile nuovo con cui vivere la consacrazione.
Francesco riceve un dono dall'abate.
Assisi gli aveva fatto la Porziuncola, con una costruzione particolare sullo stile non del convento, ma del monastero.
Un altro stile, lo stile della povertà in cui appena ci si poteva stare, la testimonianza veniva da lì, c'era il servizio.
La preoccupazione di Francesco è di servire i fratelli, dal servizio del lebbroso al servizio della parola.
La predica della testimonianza era il servire.
Domenico invece è dall'altra parte, perché le circostanze storiche l'hanno portato sull'altra linea.
1500 - Riformare la vita del clero.
Andiamo avanti per arrivare all'altro salto.
Siamo nel 1500, quando si vuole riformare la chiesa e la colpa è la mala vita del clero, incominciando dal papa andando fino agli ultimi, per tutto questo che cosa si è dovuto fare?
Si è cercato di riformare il clero, ma riportando il clero a vivere da regolare, in modo regolare, cosa voleva dire?
Determinando il Vangelo in forme concrete: la regola per riformare i cristiani.
Allora lì abbiamo i teatini, i gesuiti, barnabiti i somaschi ecc.
Sono sorti tutti in quell'epoca lì.
Praticamente lo stile era questo: far vivere i consigli evangelici in modo radicale.
Tutti questi movimenti sono sorti da dei laici infiammati dal divino amore, i quali si dedicavano a un servizio di carità e davano un ampio spazio alla preghiera.
Era sempre quel mettere Dio al centro, vivere di Dio e per Dio, prendere la realtà evangelica, vivere in un certo qual stile e determinarne le forme.
Poi sono arrivati nei secoli successivi 700, 800 sono incominciate poi le società e non più nemmeno le congregazioni religiose.
E siamo arrivati fino ad oggi, si arriva all'Istituto secolare.
Dire istituto secolare non vuol dire esclusivamente laicale, perché ci sono anche istituti secolari per preti, quindi non vuol dire laicale.
Istituto secolare vuol dire che è innestato decisamente nel mondo.
Siamo partiti dalla prima parte, dalla fuga del mondo per arrivare all'innesto nel mondo, con l'istituto secolare.
Ciò che caratterizza tutto questo che cos'è? Per conto mio è la consacrazione.
Non sono nemmeno tanto i consigli evangelici determinati con voto, ma è la consacrazione a Dio; dove i consigli evangelici, che di nuovo interessano tutti, diventano forme concrete per vivere la consacrazione a Dio, cioè per essere di Dio, per Dio e con Dio.
I valori evangelici prendono il sopravvento, possono essere determinanti e possono vincolarmi in forme diverse; tante volte senza esplicitare questi consigli evangelici, o riducendoli ad una formula comprensiva di tutto.
Pensate per esempio ai filippini.
Non hanno mica i voti, hanno la promessa di vivere in carità e in comunione caritatevole, niente di più.
Vincolo di promessa di servizio.
Altri non hanno più espresso esplicitamente il vincolo dei voti, ma hanno invece un vincolo di promessa di servizio, di impegno di servizio, il resto è desunto da uno stile di vita, che loro assumono senza formulare i voti.
Le società di vita apostolica, per esempio, secondo le ultime indicazioni del codice, vivono così.
Non hanno esplicitato dei voti, ma hanno esplicitato l'impegno per un servizio.
Mentre i consigli evangelici sono inclusi nello stile di vita che loro vogliono, per vivere la loro consacrazione a Dio, aperta nel servizio ai fratelli, in quel determinato servizio.
Vedete allora come il concetto di consacrazione si sia disgiunto molto dalla esplicitazione dei voti.
Questo ha permesso e permette una forma concreta di vita consacrata nel mondo e per il mondo che corrisponde ai bisogni dei tempi, ai sevizi diversi che si possono fare.
Si è arrivati a questa forma qui, si è arrivati in modo pacifico a tutta questa impostazione?
Per carità in modo pacifico. Si è arrivati in modo chiaro?
Non in modo chiaro, tutt'altro, ancora oggi c'è confusione, che è rispecchiata anche nella nostra legislazione canonica.
Per cui io affermo: bisogna ancora pregare perché si faccia del cammino nella chiesa, per percepire che cosa?
Ve ne dò subito una prova concreta.
Se voi parlate con qualcuno o leggete dei libri vi fanno coincidere la consacrazione a Dio con i voti.
Consacrazione e voti sono la medesima cosa, se tu non fai un voto non sei un consacrato.
A me pare questo una esagerazione.
Io dico che nessuno può dispensarmi dalla osservanza dei consigli evangelici, che interessano tutti i cristiani in forza del loro battesimo, ma nessuno mi può dire che per osservare i consigli evangelici io debba fare un voto.
Allora dico: Gesù ha predicato i consigli e che il diavolo ha inventato i voti; in modo paradossale, nel senso che il voto io lo faccio per difendermi dalla mia debolezza, per avere io un punto di riferimento chiaro.
Quindi il voto è in funzione, è a sevizio, è strumento per la consacrazione non è la consacrazione che si esprime nel voto.
Potrei anche non impegnami, mi impegno con promessa, mi impegno con voto, più vincolante, più sono debole più mi vincolo, mi spiego?
Per sorreggere la nostra debolezza
O se volete, di nuovo qui, io faccio per i voti la stessa affermazione che ho fatto a qualcuno quando parlavo di movimenti: allora tu sei un handicappato, come?
Sì tu sei un handicappato, devi accettare che c'è in te qualche handicap, perché tu hai bisogno di camminare con le stampelle.
Perché se la tua costituzione fosse talmente robusta, efficiente per cui ti basta guardare Gesù in faccia e vivere, tu non avresti bisogno di tante determinazioni.
Queste affermazioni arrivano proprio perché tu hai qualche punto di debolezza, per cui devi aver qualcosa che ti sorregga nella tua debolezza.
Io sono convinto di questo.
Beato il giorno in cui noi potremo avere la consacrazione battesimale vissuta in modo tale, per cui non abbiamo più bisogno di stampelle, beato quel giorno, quando sarà?
Forse: alla fine dei tempi; perché prima abbiamo bisogno di stampelle per la nostra debolezza o abbiamo bisogno di alcuni strumenti per qualche servizio nella Chiesa.
Abbiamo bisogno di qualche cosa ancora di diverso, perché in quel momento c'era bisogno di far emergere una realtà, che era sommersa, allora per tirarla fuori bisogna aver delle leve, aver qualche cosa.
Prendete l'immagine che voi volete.
È segno che qualcosa non funziona o a livello di Chiesa o a livello di singolo, avremmo bisogno di tante leve.
Se noi fossimo così muscolosi e forti per leva basterebbe il nostro braccio, la prima e fondamentale leva; se ho bisogno di un'altra leva è perché io sono impossibilitato a sollevare quel peso.
È perché ci sono delle situazioni di limite che superano la mia capacità.
Per quello dico che forse alla fine dei tempi saremo la: vedete come si proporzionano le cose?
Proporzionarle che cosa vuol dire? Vuol dire far emergere che la realtà più profonda di tutti è Cristo Gesù, che alla realtà della consacrazione nessuno di noi può sfuggire, pena il tradire il nostro battesimo.
Storicamente nella vita della Chiesa, e così storicamente nella mia vita sono sorti dei segni, dei servizi, conglobati in questo termine carisma.
Il servizio mi viene incontro, mi interpella.
Se mi interpella, ecco qui la vocazione particolare.
Io devo prendere questo strumento o questo carisma come dono del buon Dio, adoperarlo, ma non devo credere che sia la forza motrice.
La forza motrice è Cristo, Gesù dentro, ed è per me, per te, per tutti.
Solamente che per me quella forza motrice ha bisogno anche di quell'altra cosa, allora.
Questo è per proporzionare, e per impedire che i singoli carismi si sentano pienezza di Chiesa e non solo porzione di Chiesa o azione dello Spirito nell'ambito della Chiesa.
Per dare un tono di umiltà.
Lasciando al primo posto la consacrazione, è vero che se tu sei stato interpellato da un carisma determinato in quella forma e in quello stile tu devi vivere la tua consacrazione battesimale, ma non da viverla in modo talmente esclusivo da giudicare gli altri che non la vivono, dei poveretti.
Se no ricadiamo nel mio bravo padre gesuita che diceva: poveretto sei condannato alla mediocrità.
Se mi incontro con il tale movimento, con il tale istituto, il tale ordine, i privilegiati dal padre eterno siamo noi, gli altri sono poveretti.
Guardate che non si fanno le affermazioni così esplicite, ma delle equivalenti.
Come mai è così difficile far superare i limiti, far collaborare la gente nel rispetto vicendevole e dei diversi carismi perché?
Perché ognuno ha la convinzione che il suo carisma sia il carisma per eccellenza e gli altri poveretti … invece di gioire col cuore riconoscente a Dio, che mi ha dato il mio carisma, e che mi ci ha fatto imbattere.
Questo è per me, anzi non potrei immaginare di essere diverso da quello che sono.
Per cui è vero che il Signore quando mi ha fatto, ha già combinato anche quel carisma, che corrisponde esattamente a quello che io sono, perché per me diventa gioia.
Nella gioia, della diversità dagli altri, nella gioia della collaborazione: capite come sarebbe bello nella Chiesa e il più bello si realizzerebbe quando?
Io l'ho detto a delle suore quando una suora del Cottolengo aiuta una ragazza a diventare suora non del Cottolengo ma, metti caso, la manda dalle salesiane; e viceversa una salesiana mi manda delle sue ragazze.
Li mandano nel carmelo a farsi suore di clausura o al Cottolengo.
Realmente hanno capito le cose.
Perché la consacrazione non è esclusiva degli uni e degli altri; ma caso mai cerchiamo il tipo di servizio corrispondente.
Per te l'handicap: il tuo handicap esige quello strumento.
La tua personalità e i tuoi doni si realizzeranno in quel servizio là; tu parti e vai la, non vieni da me.
Allora si sono veramente capite le cose.
Vedete come i voti sono proporzionati.
La realtà sta nella consacrazione, e i voti possono diventare la determinazione o la forma concreta con cui io vivo la consacrazione.
I voti sono diversi, sono uguali, ma sono diversi per la sfumatura con cui io li vivo, sono diversi quindi non sono identici.
Non mi fa difficoltà né l'eremita né il monaco, né il frate, né il chierico regolare, né il pio associato, né mi fa difficoltà l'istituto secolare.
Gli per istituti secolari potremmo anche di nuovo fare una gamma di secolarità.
Istituto secolare di celibi e di sposati, istituto secolare di preti.
Tirarne fuori quelli che volete, non mi fa più problema.
Perché ho capito che sono tutti nella chiesa del buon Dio e chissà che cosa ci riserva ancora il Signore da inventare.
Finora abbiamo visto come le vocazioni storicamente sono successive nel tempo, secondo i bisogni.
Che cosa ci riserverà ancora il domani? Penso che lo Spirito Santo non abbia esaurito la sua fantasia.
Il Padre eterno guarda giù le cose come vanno e ha ancora nel suo cassetto qualche parte di un progetto, che ancora non è arrivato a noi, penso che ci sia ancora.
Il capitale di Gesù non manca di valore infinito, chissà che cosa ci riserverà la vita?
Se non lo vedremo noi lo vedranno gli altri.
Però è vero che tutto ciò che ha fatto sorgere è ancora valido oggi, anche se i servizi possono essere proporzionati.
I valori evangelici sono di tutti, li portino avanti tutti, ma in forme diverse.
Tutti quanti possiamo far voti di povertà, castità e obbedienza; questi voti possono nella santa chiesa di Dio essere vissuti con animo diverso, con stile diverso, con testimonianze diverse, e qui non apro il discorso perché ce ne sarebbe di nuovo da parlare per un'ora e passa.
Consacrazione sempre valida, nella relatività delle forme storiche.
Adesso a me premeva solo far vedere il senso della consacrazione sempre valido, nella relatività delle forme storiche con cui si è realizzata e anche con quel pizzico di sottolineatura che è un servizio.
Questo anche per non dire: quel tizio lì è così bravo, ma perché non si fa né prete, né frate, né suora?
Io gli parlo di questo e lui non ne capisce proprio niente.
Lasciamolo stare, non ha bisogno di quello, va avanti da bravo cristiano, non ha bisogno di altro.
Io avrei detto: voi domandate, chiedete, se devo chiarire, perché è una visione di sintesi un po' personale se voi volete
Conti - Questa angolatura a me risulta estremamente valida, perché chiarifica la sostanza della vita e i mezzi secondo cui questa vita viene realizzata; e d'altra parte stabilisce anche un rapporto perché quando si dice sostanza di vita non si cada poi nel generico.
Occorre sempre una concretezza che in questo caso è offerta dai voti.
Voto di obbedienza
Mi va anche questo discorso dell'handicap, dell'handicappato capisco perché lei pone questo discorso; è proprio anche per l'umiltà in cui il consacrato deve crescere, proprio perché intende rispondere con particolare vigore, con particolare coerenza al suo battesimo.
Vorrei capire qualcosa di più sulla faccenda dell'handicap.
Sta bene che la proposta di voti debba essere accolta come una proposta di rimedi, di aiuti, però mi pare cha abbia anche l'altro aspetto.
Faccio voto perché così mi metto un po' al sicuro, ho davanti qualche cosa che mi obbliga a dei riferimenti precisi da un lato ma, dall'altro lato, pur essendo strumento e mezzo di consacrazione, è anche una forma attraverso cui la consacrazione si esprime e si alimenta.
Lanfranco - è una delle tante.
Conti - però ha anche questo aspetto di esprimere e di alimentare, non ci identifica con la consacrazione, perché alla fin fine dobbiamo sempre chiederci: siamo di Dio o di chi siamo?
Può anche darsi che uno pratichi materialmente una infinità di articoli delle regole e poi si accorge che il suo cuore è ben distante.
Tuttavia mi pare che la presentazione sia pure in questa luce di soccorso misericordioso, d'altra parte tutta la vita è così, ma è anche un dono.
Sia anche da tenersi presente come espressione e alimento di consacrazione.
Lanfranco - dove interessa specialmente per la storia del singolo.
Ad esempio quando io ho fatto il mio discorso con il cardinale Pellegrino Lui mi ha detto: mi pare sia azione dello Spirito Santo fai.
Io subito mi sono inginocchiato e ho detto: Padre però nell'obbedienza, subito faccio voto di obbedienza nelle sue mani.
Sulla impostazione di fondo questo voto di obbedienza, nei particolari interesserà il mio confessore, perché non tutti i momenti puoi correre dal vescovo.
Questo perché? Non per andare a dire in giro che il vescovo mi approva, ma per difendermi dalle mie altalene.
Ma intanto quel voto di obbedienza per me diventa vincolante anche nell'aspetto positivo, non solo mi difende, ma diventa la forma concreta con cui io ho aderito ad un disegno di Dio, allora c'è l'aspetto positivo sempre.
Conti - Poi c'è anche questo aspetto c'è l'imitazione di Gesù, in modo particolare, perché nella consacrazione, giusta la sua impostazione pienamente condivisibile; tanto più tenuto conto della prospettiva Berulliana e quella di Montfort dell'umanità di Cristo, che in qualche modo è come legata alla sua personalità.
C'è uno slancio, accetto quel voto, anzi i voti sono soprattutto da vedersi come una consacrazione, ma in Cristo, come Cristo e per Cristo proprio come partecipazione al modello, un aiuto personale.
Dico la preoccupazione che mi muove, ribadire questo riferimento a Gesù, che è particolarmente significativo come cristiani, ma è anche per poter presentare noi stessi agli altri; la consacrazione come dono di Dio, ma anche come perdono di Dio e dono a Dio.
Il monastero, approdo di salvezza - Testimonianza.
Lanfranco - Il Vaticano II parla di sequela Christi, che diventa la radicale sequela Christi.
Conti - Anche perché, se vado ad approfondire l'obbedienza ed essendo Catechisti del SS. Crocifisso penso che proprio prima ci sia lo spirito, poi il voto.
Ecco questo è il classico caso in cui il voto c'è e non c'è.
Lanfranco - Questi discorsi vengono poi chiarificati quando si parla esplicitamente dei voti; adesso invece come impostazione di fondo è questa.
Perché soprattutto io dico di non fare coincidere la consacrazione coi i voti, per essere aperti a capire coloro che non hanno voti, e poi per capire i voti mettendoli al loro giusto posto.
La consacrazione, mettiamo caso, può essere per circostanze concrete e non aver nessun riferimento con il voto di obbedienza.
Ma la virtù dell'obbedienza e lo spirito di obbedienza dobbiamo sempre averli.
È molto più esteso che non il voto, perché se io non ho la consacrazione vissuta in pieno, il voto mi farà poi sempre difficoltà nella realizzazione.
Conti - A parte il fatto che poi non viene mai usato, quando mai un superiore dice: in virtù di santa obbedienza ti ordino.
Lanfranco - Invece se io vivo effettivamente la consacrazione, per cui ogni cosa è rapportata per Cristo, con Cristo in Cristo nel suo stato concreto di santità e di sorgente di santità e di modello di immolazione, allora sono preso talmente, per cui i voti quasi sono un surplus.
Perché quando trovo che un consacrato che mi fa appello al voto, il più delle volte lo fa per liberasi dagli impegni e non invece come punto fermo, per fare il salto, per buttarsi più avanti.
Anche sotto un altro aspetto che non è solo più il voto, ma il complesso delle cose che io relativizzo nel senso dell'handicap.
Ho seguito per un po' di tempo un ragazzo che finalmente è approdato in monastero, è ciò che io dicevo.
Tu hai bisogno del monastero per il tipo che sei tu, non sei nemmeno capace a pregare ad essere fedele alle preghiere del mattino e della sera, tu hai bisogno di tutta la cornice.
Là tu vai in estasi, ma fuori di là tu non sei nemmeno capace ad essere fedele a cinque minuti di preghiera al giorno.
Hai bisogno del monastero ti salverai l'anima unicamente se andrai a farti monaco.
Non c'era solo questo d'accordo c'era anche tutta l'aspirazione costante di Dio centro della sua vita ma l'incapacità di poter realizzare questa cosa nella vita normale, allora diciamo: benissimo per te il monastero diventa l'approdo veramente di salvezza.
Ma c'è tutto l'aspetto positivo, anche di aspirazione a Dio con l'incapacità connaturata.
Se io lo avessi trovato capace di fare tutto questo, non gli avrei suggerito il monastero, gli avrei detto: tu vuoi consacrarti a Dio in che forma? Avrei studiato altri aspetti.
Ho poi ricevuto dal monastero una telefonata del superiore che mi ringraziava …e mi diceva: andiamo bene, certo che andiamo bene, perché per questo tipo qui c'è la classica vocazione contemplativa, che presenta questa aspirazione profonda, ma dall'altra parte questo abisso, per cui fuori non sarebbe mai stato capace a fare le cose.
Invece con tutto il sostegno …è portato su, è sostenuto e lui può realizzarlo in pieno.
Gli aspetti positivi e negativi sono sempre correlativi
Proporzionarlo non vuol dire toglierlo, anzi vuol, dire valorizzarlo, ma al suo giusto posto, perché se io non lo valorizzo al suo giusto posto faccio delle confusioni; e al momento giusto mi viene a reggere effettivamente.
Allora vedo che l'impegno di consacrazione è molto più esteso, che non il voto.
Confusione: l'istituto secolare lo si vede nella linea del religioso.
Voglio fare una applicazione in questo senso: se noi puntiamo molto solamente sui voti per parlare di consacrazione, mai avremo nella chiesa approvato un istituto secolare per gli sposati, perché c'è poi il voto di castità, di verginità.
Ci sono già esistenti delle forme di associazione in attesa di approvazione e c'è il braccio di ferro con Roma.
Uno sbaglio per conto mio aver affidato il discorso degli istituti secolari alla congregazione dei religiosi.
Questo vuol ancora dire che c'è una confusione, che si vede ancora l'istituto secolare, cioè il laico o il prete consacrato lo si vede ancora nella linea del religioso.
Ne parleremo in un altro incontro, invece di avere una linea della secolarità dove allora i principi affermati dal Vaticano II della universale chiamata alla santità di tutti, vuol dire vissuti in forma anche da consacrato in modo cosciente e voluto interessa tutti, i consigli evangelici interessano tutti, vedete che non è ancora arrivata.
Conti - ancora un chiarimento c'è la consacrazione, la salvezza la via dei voti rappresenta nel concreto, secondo la chiamata di Dio, quello che io devo necessariamente fare se voglio io nel concreto, non dico salvarmi, perché c'è una distinzione, ma raggiungere la pienezza della mia dedizione a Dio.
Lanfranco - anche della salvezza
Conti - necessariamente?
Lanfranco - sì necessariamente.
Conti - c'è il problema salvezza e santità.
La salvezza è una santità coattiva, la santità è nella pienezza.
Tradizionalmente si è sempre detto che, per quello riguarda la chiamata, è la chiamata al meglio, soprattutto rappresentata dai voti.
Quindi se mai la chiamata alla santità, però uno se poi viene meno, insomma non è che sia pregiudicata; in qualche modo la salvezza viene messa in crisi, ma uno si può salvare lo stesso anche se non risponde ad una vocazione, questo è il problema.
La mia domanda era questa se allora dovevamo intendere la consacrazione come un puntare , consacrazione quindi lascio stare i voti, i voti poi li trovo in funzione alla consacrazione.
La consacrazione è la condizione fondamentale per salvarmi, ma la consacrazione legata nel concreto alle stampelle per così dire … dunque se non seguo quella strada lì pregiudico la mia salvezza.
Lanfranco - È qui che penso che si debba approfondire anche da un punto di vista teorico.
Se vale l'affermazione fatta che c'è la chiamata universale alla santità e in paradiso non si entra se non santi, allora c'è da ripensare tutta la nostra formulazione di una volta, in cui pensavamo: si va in paradiso dietro la porta.
Posso andare in paradiso? Farò il purgatorio tutto, fino alla fine del mondo, ma intanto mi salvo.
Sono obbligato a seguire il più perfetto?
Concilio Vaticano II - Molte cose da rivedere.
Dobbiamo rivedere tutte queste posizioni, tanto più se vediamo il discorso del rapporto di Dio con l'uomo; un discorso di amore, che di nuovo è stato evidenziato profondamente dal Vaticano II, e dove la Chiesa stessa ci è stata presentata come comunione d'amore.
Allora alcune posizioni teologiche, che sembravano solo una opinione di qualcuno, per cui siamo obbligati a seguire il più perfetto, quello che hic et nunc diventa più perfetto, perché la resistenza alla grazia esiste.
Ora ve lo formulo con le diciture di una volta che avete potuto trovare sui catechismi, sui commenti dei nostri libri di una volta.
Se resisto alla Grazia cado in peccato mortale.
La resistenza alla grazia mi pone in pericolo di peccato, di dire di no a Dio.
La formulazione che noi facevamo allora qual'era? Chi non prega si danna, chi prega si salva, Sant'Alfonso.
Chi prega molto si fa santo, ma questa santità, se stiamo alla formulazione del resto, implica e interessa il cristiano come tale, non per altri impegni particolari; ma in forza del battesimo si è chiamati alla santità, quindi se io resisto alla grazia, infallibilmente cado nel peccato mortale.
Ma c'è anche detto che chi non lotta contro il peccato veniale deliberato, un'altra formulazione, cade nel peccato mortale.
Ma io dico: l'esperienza lo dimostra.
Chi non lotta contro l'imperfezione cade infallibilmente nel peccato veniale deliberato, vedete che le cose sono collegate?
Per non cadere nell'imperfezione bisogna dire costantemente che imposto la mia vita in positivo, cerco quello che più è gradito a Dio, in quel momento.
Quindi ciò che è più gradito a Dio diventa anche il più perfetto, chi non cerca ciò che è più perfetto, più gradito a Dio in quel momento si mette in pericolo di dannazione eterna, perché per forza di gravità scivola nel peccato mortale.
Questo poi è stato suffragato,purtroppo dalla esperienza, ora mai io ho già i capelli grigi, ho potuto avvicinare delle anime per una vita, e ho potuto amaramente constatare che effettivamente una resistenza ad una buona ispirazione ha generato il peccato mortale; magari in epoche successive della vita fino a portare sull'orlo…
Perché se c'è il peccato mortale siamo sull'orlo, ma proprio un peccato mortale cosciente, voluto, proprio mortale mi capite?
Non quelli che obbiettivamente noi diciamo sono peccati mortali, ma proprio consumato nella malizia del peccato, soggettivamente che è spaventoso.
Molte volte noi diciamo peccato mortale sottolineando l'aspetto obbiettivo, poi l'aspetto soggettivo chissà?
Solamente il Padre Eterno può giudicarlo, tant'è che noi abbiamo avuto dei nostri grossi moralisti qui a Torino come il Mons. Castrale, il quel ci diceva che nella Torino di allora alla fine del secolo, quanti abitanti aveva Torino? 400 mila?
Al massimo ma forse non ci arrivava, e diceva 4 o 5 peccati mortali, se ci sono.
Obiettivamente chissà quanti, ma proprio peccato mortale consumato 4 o 5, affermava quello.
O come quell'altro parroco che diceva al vice parroco: in questa parrocchia qui nessuno è capace di fare un peccato, nemmeno tu, perché per fare un peccato mortale bisogna essere intelligenti, quindi nemmeno tu sei capace.
Necessario revisionare le cose passate.
Vedere questo declino è doloroso.
Se poi ci sono queste affermazioni: la chiamata universale alla santità, la santità sta nella perfezione della carità; o queste affermazioni le portiamo cogenti anche nel campo morale, oppure cosa sono?
Affermazioni teoriche, ma le affermazioni teoriche vanno bene per cosa? Per fare la commedia, ma nella vita?
Allora è vero, capite che ci sono da revisionare alcune cose passate, per cui se noi effettivamente andiamo a fondo di un discorso teologico del Vaticano II è tutt'altro che semplice.
Era l'impressione che ho avuto immediatamente dopo che avevo letto la Lumen gentium.
Dopo questo concilio Vaticano II tutti siamo impegnati, tutti dobbiamo farci santi, la santità è di tutti.
È molto più cogente che non il Tridentino, se accettiamo alcune affermazioni.
La perfezione sta nella carità
La perfezione sta nella carità, nelle cose più perfette , quindi il resistere, il rifiutare una buona ispirazione può diventare grave.
Questo non per creare degli scrupoli, ma se il dialogo è d'amore.
Come dico per il pentimento dei peccati , qual è il peccato più grosso, qual è il più grosso peccatore tra di noi?
Se guardiamo obiettivamente il rapporto di amore , la mancanza di sorriso fa soffrire di più due persone che si vogliono bene; una mancanza di attenzione, fa soffrire di più che l'insulto, che io ricevo da uno sconosciuto, o una pistolettata che uno mi spara nella schiena.
Una puntura di spillo è più grave che non la pistolettata dell'altro: è uno sconosciuto, è un mentecatto, poveretto non saprà cosa si fa, ma tu che mi vuoi bene?
Noi abbiamo rapporti interpersonali, se parlo di religione , se parlo di consacrazione sono rapporti interpersonali; questo fa soffrire molto di più che non quel peccato obbiettivamente mortale di fronte a domine Iddio.
Dovremmo vederne delle belle, quando arriveremo là, questo per darci la giusta dimensione di una vita di amore e di una corrispondenza di amore, per cui non posso prendere sottogamba, così con facilità nemmeno una buona ispirazione, se vivo in un rapporto di amore.
Questo lo dico facendo leva sulla consacrazione, perché è amore.
Se poi il modo concreto con cui questa consacrazione io la vivo è determinato e indicato e io ho accettato questo mezzo, non solo, ma ho visto che questo mezzo corrisponde proprio a un mio bisogno, o a un servizio nella Chiesa.
Vedete che i motivi di vincolo e di attenzione mi vengono, non solo più dal mio rapporto con Lui, ma anche dalle conseguenze che possono capitare per me.
Perché io non procuro il mio bene, quindi manco di carità anche verso me stesso e non procuro il bene della Chiesa.
Manco di carità verso il prossimo, quindi manco di carità sotto tutti quanti gli aspetti, verso Dio e verso me stesso e verso il prossimo.
Per il trascurare una cosa minimissima; allora quello mi mette in uno stato che si chiama lo stato di tiepidezza, di cui non se n'é più parlato, che è il più terribile.
Dove si soffoca la carità, ma la soffochi in tutte le dimensioni, è terribile questo stato.
La secolarizzazione con l'Io al centro della vita.
Qui è il grosso guaio per conto mio di tutta questa secolarizzazione e di conseguenza di tutta questa mancanza di vocazioni che ci sono nella Chiesa, di tutta questa mancanza di slancio nonostante tanti carismi esistenti; perché ci siamo agganciati tutti al nostro io, non abbiamo accettato la regola, l'orario; il superiore, come punto determinante di amore per Dio, per me, che mi difende dal mio io che mi apre al servizio di amore, che mi indica come devo amare Dio.
Vedete che le mie affermazioni che a prima vista possono sembrare così di manica larga, se veniamo nella applicazione, proprio perché faccio leva su quel discorso di amore diventano vincolante fin nell'ultima piccola determinazione, sono fortissime, veramente.
È immolazione, santità e immolazione e consacrazione, ma è anche totale immolazione dell'io e totale santità.