6 Novembre 2015

Letture introduttive all'adorazione

Il vangelo di Luca presenta la regalità di Gesù riportando la ridicola caricatura della sua investitura a Re dei Giudei sulla croce, che richiama fortemente l'altra caricatura avvenuta nel pretorio di Pilato e riportata dagli altri evangelisti.

L'investitura regale di Gesù si svolge attorno alla croce, trono improvvisato del nuovo Messia.

Per rendere più evidente questo accostamento, Matteo ricorda l'iscrizione che domina sulla croce ( Costui è Gesù, il re dei Giudei ) ma senza dire che si tratta di un motivo di condanna ( Mt 27,37 ).

L'iscrizione sulla croce richiama quella fatta ad opera del Padre che investì il proprio Figlio al battesimo ( Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento )( Lc 3,22 ).

Matteo, inoltre, introduce un episodio riguardante la sete di Gesù in croce ( E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su di una canna e gli dava da bere ). ( Mt 27,48 )

Cristo è re di riconciliazione.

Ma,mentre i testimoni della investitura regale della trasfigurazione son due fra i principali personaggi dell'Antico Testamento ( Lc 9,28-36 ) e i testimoni della risurrezione sono pure misteriosi ( Lc 24,4 ); i due testimoni dell'intronizzazione sul Golgota sono soltanto due volgari briganti.

Investitura ridicola di colui che non sarà re se non andando fino in fondo della beffa!

Cristo re di perdono

I due termini di Re Messia risuonano intorno alla Croce in frasi beffarde e provocanti.

In questa situazione Gesù compie un gesto veramente regale e assicura al malfattore pentito l'ingresso nel regno del Padre.

Anche nei confronti degli avversari più accaniti, Gesù dirà parole di perdono.

Cristo è re perché perdonando e morendo per la remissione dei peccati, crea una nuova unità fra gli uomini.

Spezzando la spirale dell'odio offre la possibilità di un nuovo futuro.

Un re venuto a servire

Riconoscendo che Gesù è Re, noi riconosciamo che con lui Dio ha manifestato in modo pieno che la realizzazione dell'uomo può avvenire solo nell'obbedienza alla sua volontà.

La dottrina della signoria di Cristo ci insegna ancora che la vita a cui siamo chiamati è la stessa vita che ha vissuto Gesù Cristo: vita di servizio ai fratelli.

Nella Chiesa di Cristo, come in ogni comunità il ministero-servizio della autorità è dato non per l'affermazione personale, ma in funzione dell'unità e della carità.

Cristo, buon pastore, è venuto non per essere servito ma per servire e dare la vita per le pecore ( Mt 20,28; Mc 10,45; Gv 10,11 )

Riflessioni dopo l'adorazione ad ognuna delle cinque sacratissime piaghe di Gesù Crocifisso

Dopo aver letto la formula di adorazione alla ferita della mano destra

Lettore

Dall'alto della croce si udì questo grido straziante: Ho sete.

Nessuna meraviglia che un morente sottoposto a simili torture richieda una stilla d'acqua a causa degli spasimi, del sangue versato in grande abbondanza, della privazione di ogni refrigerio sopportata da parecchie ore.

Ma perché, allora, il Salvatore volle far sentire questo lamento e chiedere di essere dissetato?

S. Leone Magno ci assicura che, oltre alla sete fisica da cui era tormentato Gesù morente, di ben altra sete soffriva: la sete di anime.

Gesù bramava di rendere felici le anime con quella felicità che Egli soltanto poteva concedere.

Purtroppo Gesù non trovò nessuno che, impietosito della Sua sete, gli offrisse un sorso d'acqua ristoratore: non ebbe che aceto e la spugna compressa su quelle labbra accrebbe il suo dolore.

Riferendoci ancora alle parole del grande S. Leone, Gesù continua anche oggi a ripetere dall'alto della Croce: Ho sete.

Egli ha sete che si realizzi il Suo desiderio di rendere felici le anime di tutti; e noi con la divozione al SS. Crocifisso rispondiamo a questo appello scaturito non da una sola piaga, ma da cinque, quante cioè sono le sue piaghe dalle quali sgorga sangue salutare.

Rispondendo al primo appello di Gesù espresso dalla formula di adorazione, anche noi bramiamo che Gesù renda vissuta nella pienezza della gioia la missione del Sacerdozio e soprattutto quella del Suo Vicario in terra.

La mano destra di Gesù è simbolo di potenza; potenza è il Sacerdozio cattolico « Siamo cooperatori di Dio » diceva S. Paolo.

Noi vogliamo dissetare il Salvatore e lo scongiuriamo di rendere felici e santi i sacerdoti della sua Chiesa.

Dopo aver letto la formula di adorazione alla ferita della mano sinistra

Lettore

Il grido di Gesù: Ho sete, alla luce dalla ferita del braccio sinistro, che normalmente nel corpo umano simboleggia la debolezza, ci sollecita a chiedere a Gesù di essere misericordioso con i peccatori, e in particolar modo con i morenti e soprattutto che accolga le loro preghiere e li riceva tra le sue braccia in paradiso.

Dopo aver letto la formula di adorazione alla ferita del piede destro

Lettore

I santi piedi di Gesù ci ricordano i tanti passi da Lui fatti nello svolgimento della sua missione redentrice.

Hanno seguito il suo esempio numerosi altri apostoli, raggruppati in Ordini, Congregazioni religiose o Istituti Secolari, dediti tutti, sia pure in forme diverse, alla preghiera, alla contemplazione, alla penitenza, all'educazione, alla carità, all'evangelizzazione.

Tutti li raccomandiamo a Te, amabilissimo nostro Signore, perché per i dolori del Tuo piede destro, li faccia Santi e ti preghiamo di incoraggiarne e moltiplicarne le vocazioni, di difenderli dalle persecuzioni e di renderli veri seguaci dei loro santi Fondatori.

Dopo aver letto la formula di adorazione alla ferita del piede sinistro

Lettore

Il grido ho sete, Gesù lo emise perché giungesse lontano, lontano dalla terra: in purgatorio.

Ci sono anime che Egli ama e che vede ancora distanti dal suo abbraccio, cioè le anime dei fedeli defunti, in purificazione, in attesa di raggiungere la pienezza del Suo amore in paradiso.

Soddisfare questa sete di Gesù è un atto di sublime carità e di zelo e noi lo facciamo adorando la ferita del suo piede sinistro.

Dopo aver letto la formula di adorazione al fianco di Gesù

Lettore

Cogliamo dal Cuore di Gesù il desiderio di rendere felici i nostri fratelli; per questo, nell'adorare la ferita del Suo Costato, gli raccomandiamo il Pastore della nostra diocesi ( cioé il Vescovo locale ), l'angelo visibile, previsto dalla Provvidenza per governare un determinato settore della Chiesa Cattolica.

Sia egli forte e pascoli il tuo gregge, o Signore, sorretto dalla tua forza e nella sublimità del tuo nome.

Egli è nostro amico, benché non ci conosca tutti personalmente; prega ogni giorno per noi, ci difende ed è nostro maestro.

Con con lui raccomandiamo gli altri nostri amici, coloro ai quali siamo legati per vincoli speciali e che si sono raccomandati alle nostre preghiere.

In tal modo, Gesù, compiamo un apostolato alla nostra portata, capace di portare la salute spirituale in ogni più alta e bassa sfera della società.

La Provvidenza di Dio non rivela sempre i suoi segreti, ma verrà il giorno in cui le anime da noi sostenute col mezzo della preghiera ci saranno note.

Fortunati noi se molte di queste le avremo collocate a lato del Crocifisso.