5 Febbraio 2016

Dalla Lettera di Papa Francesco sull'Anno Santo della Misericordia

Misericordiae Vultus

( continuazione di quanto presentato nei precedenti Cenacoli )

A chi dobbiamo guardare oggi?

8. Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso, possiamo cogliere l'amore della SS. Trinità.

La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre, è stata quella di rivelare il mistero dell'amore divino, nella sua pienezza.

« Dio è amore » ( 1 Gv 4,8.16 ), afferma per la prima e unica volta in tutta la Sacra Scrittura l'evangelista Giovanni.

Questo amore è ormai reso visibile e tangibile in tutta la vita di Gesù.

La sua persona non è altro che amore, un amore che si dona gratuitamente.

Le sue relazioni con le persone che lo accostano manifestano qualcosa di unico e di irripetibile.

I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all'insegna della misericordia.

Tutto in Lui parla di misericordia.

Nulla in Lui è privo di compassione.

Gesù, dinanzi alla moltitudine di persone che lo seguivano, vedendo che erano stanche e sfinite, smarrite e senza guida, sentì fin dal profondo del cuore una forte compassione per loro ( cfr Mt 9,36 ).

In forza di questo amore compassionevole guarì i malati che gli venivano presentati ( cfr Mt 14,14 ), e con pochi pani e pesci sfamò grandi folle ( cfr Mt 15,37 ).

Ciò che muoveva Gesù in tutte le circostanze, non era altro che la misericordia, con la quale leggeva nel cuore dei suoi interlocutori e rispondeva al loro bisogno più vero.

Quando incontrò la vedova di Naim, che portava il suo unico figlio al sepolcro, provò grande compassione per quel dolore immenso della madre in pianto, e le riconsegnò il figlio risuscitandolo dalla morte ( cfr Lc 7,15 ).

Dopo aver liberato l'indemoniato di Gerasa, gli affida questa missione: « Annuncia ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te » ( Mc 5,19 ).

Anche la vocazione di Matteo è inserita nell'orizzonte della misericordia.

Passando dinanzi al banco delle imposte gli occhi di Gesù, fissarono quelli di Matteo.

Era uno sguardo carico di misericordia, che perdonava i peccati di quell'uomo e, vincendo le resistenze degli altri discepoli, scelse lui, il peccatore e pubblicano, per diventare uno dei Dodici.

San Beda il Venerabile, commentando questa scena del Vangelo, ha scritto che Gesù guardò Matteo con amore misericordioso e lo scelse: miserando atque eligendo.

Mi ha sempre impressionato questa espressione, tanto da farla diventare il mio motto.

Le più belle parabole della Misericordia

9. Nelle parabole dedicate alla misericordia, Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che non si dà mai per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato e vinto il rifiuto, con la compassione e la misericordia.

Conosciamo queste parabole, tre in particolare: quelle della pecora smarrita e della moneta perduta, e quella del padre e i due figli ( cfr. Lc 15,1-32 ).

In queste parabole, Dio viene sempre presentato come colmo di gioia, soprattutto quando perdona.

In esse troviamo il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.

Da un'altra parabola, inoltre, ricaviamo un insegnamento per il nostro stile di vita cristiano.

Provocato dalla domanda di Pietro su quante volte fosse necessario perdonare, Gesù rispose: « Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette » ( Mt 18,22 ), e raccontò la parabola del "servo spietato".

Costui, chiamato dal padrone a restituire una grande somma, lo supplica in ginocchio e il padrone gli condona il debito.

Ma subito dopo incontra un altro servo come lui che gli era debitore di pochi centesimi, il quale lo supplica in ginocchio di avere pietà, ma lui si rifiuta e lo fa imprigionare.

Allora il padrone, venuto a conoscenza del fatto, si adira molto e richiamato quel servo gli dice: « Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? » ( Mt 18,33 ).

E Gesù concluse: « Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello » ( Mt 18,35 ).

La parabola contiene un profondo insegnamento per ciascuno di noi.

Gesù afferma che la misericordia non è solo l'agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli.

Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia.

Pausa di riflessione

Il perdono delle offese, diventa l'espressione più evidente dell'amore misericordioso, e per noi cristiani è un imperativo, da cui non possiamo prescindere.

Come sembra difficile tante volte perdonare!

Eppure, il perdono è lo strumento posto nelle nostre fragili mani, per raggiungere la serenità del cuore.

Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la violenza e la vendetta, sono condizioni necessarie per vivere felici.

Accogliamo quindi l'esortazione dell'apostolo: « Non tramonti il sole sopra la vostra ira » ( Ef 4,26 ).

E soprattutto ascoltiamo la parola di Gesù, che ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: « Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » ( Mt 5,7 ), è la beatitudine a cui ispirarsi con particolare impegno in questo Anno Santo.

Come si nota, la misericordia nella Sacra Scrittura, è la parola-chiave per indicare l'agire di Dio verso di noi.

Egli non si limita ad affermare il suo amore, ma lo rende visibile e tangibile.

L'amore, d'altronde, non potrebbe mai essere una parola astratta.

Per sua stessa natura è vita concreta: intenzioni, atteggiamenti, comportamenti che si verificano nell'agire quotidiano.

La misericordia di Dio è la sua responsabilità per noi.

Lui si sente responsabile, cioè desidera il nostro bene e vuole vederci felici, colmi di gioia e sereni.

È sulla stessa lunghezza d'onda che si deve orientare l'amore misericordioso dei cristiani.

Come ama il Padre, così amano i figli.

Come è misericordioso Lui, così siamo chiamati ad essere misericordiosi noi, gli uni verso gli altri.

Qual è l'architrave di tutta la vita cristiana?

10. L'architrave che sorregge la vita della Chiesa è la misericordia.

Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia.

La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell'amore misericordioso e compassionevole.

La Chiesa « vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia ».

Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia.

La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa.

Dall'altra parte, è triste dover vedere come l'esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata.

Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire.

Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato.

È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell'annuncio gioioso del perdono.

È il tempo del ritorno all'essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli.

Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde il coraggio per guardare al futuro con speranza.

Suggerimento ( 2 ) sul perché e sul come adorare il Crocifisso risorto

A poco più di 50 anni dal Concilio Vaticano II, avvertiamo, nonostante le apparenze, un rifiorire di religiosità e di speranza, attraverso i movimenti ecclesiali; è aumentato, infatti, l'impegno del laici e le opere di carità, in tutto il modo, sotto, la guida e l'esemplarità dei nostri pastori: sacerdoti Vescovi, e in particolare dei Papi che si sono succeduti in questi decenni.

Ci sono state in verità, anche deviazioni e defezioni, per cui dobbiamo sempre vigilare e implorare la grazia di Dio, anche se molti sono i segni e gli aspetti incoraggianti.

Uno di questi, senza dubbio, è la centralità sempre più intensa che assume il Crocifisso, non solo nella devozione dei fedeli, ma altresì nel Magistero e nella stessa teologia contemporanea, come abbiamo già sottolineato nel precedente "1° suggerimento".

Tutto ciò, peraltro, non è che l'attuazione del Vangelo, e la sempre maggiore consapevolezza delle parole di Gesù, come: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora riconoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato" ( Gv 8,28 ), il che è dichiarare la sua divinità e la sua natura trinitaria dall'alto della Croce.

Pausa di riflessione

Il culto del Crocifisso ha avuto incremento, nel corso della storia, dalle numerose e provvidenziali rivelazioni "private", cioè non dogmatiche, ma non per questo non veritiere, se non condannate dalla Chiesa.

Tra queste vi è quella, come molti di noi già sanno, del Servo di Dio fra Leopoldo Maria Musso, francescano laico, assecondato dal Venerabile fr. Teodoreto delle scuole cristiane.

Attraverso questi suoi Servi, il Signore ha voluto richiamare gli uomini ai piedi della Croce, con una preghiera ricca di sentimenti e di solidarietà comunitaria, per sempre più scoprire in Gesù Crocifisso, l'amore di Dio e ricambiarlo.

Dobbiamo quindi vigilare che in noi non penetri, e magari si sviluppi, una certa riserva verso il Crocifisso, una specie di ripulsa, pur amando Gesù, al pensiero della sua atroce passione e morte, mentre ora è il Risorto nella gloria, ripetendo in qualche modo la prima apprensione di S. Pietro all'annuncio della passione: sappiamo quale risposta ricevette! ( cfr. Mt 17,22-23 ).

Che si tema e si desideri allontanare la sofferenza è comprensibile, e umano, ma che qualcuno soffra volontariamente per noi, non può lasciarci indifferenti, anzi ci commuove nell'intimo.

Pausa di riflessione

Ora questo Qualcuno, che ha voluto soffrire volontariamente per noi, è il Crocifisso che ha voluto sperimentare e condividere la sofferenza dell'umanità, e perciò anche la nostra, non solo, ma la stessa morte, prezzo dei nostri peccati, per farsi Lui stesso peccato – Agnello innocente - in vece nostra, dinanzi al Padre, e sconfiggere in tal modo la stessa morte eterna.

Il Crocifisso pertanto, è fonte di partecipazione ai suoi dolori e pentimento del nostro odio, ma soprattutto è gioia, e gioia piena come Lui stesso ha annunciato proprio alla vigilia della sua passione: "Voi ora siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia" ( Gv 16,22 ).

Non per nulla, risorto, ha voluto conservare nel suo Corpo glorioso, le ferite della crocifissione.

Concludendo queste riflessioni, traiamo dal Diario di fra Leopoldo, un'esortazione contro le tentazioni: "Quando sei tentato di vendetta dal demonio, perché ti vengono fatti torti o disprezzi dalle persone, scaccia subito il pensiero diabolico e volgiti al mio Cuore!" ( 20 dicembre 1909 – Adorazione al SS.mo Crocifisso.

Detti di Maria SS.ma: Anche distogliere lo sguardo dal Crocifisso è una tentazione.

* * *

Si vive il grande Giubileo della Misericordia, quando ci si lascia rinnovare dall'amore misericordioso di Gesù, diventando a nostra volta, non solo a parole, operatori di misericordia.

Ciò comporta il rigettare ogni tentazione diabolica appena ci si presenti, e il coltivare sentimenti di umiltà, di castità e d'innocenza.

Siamo chiamati a proclamare le opere meravigliose del Signore

Quando il Signore opera, compie opere meravigliose.

Appena ebbe creato l'Universo, vide che era "cosa buona" ( Gen 1,25 ), mentre dopo aver creato l'uomo e la donna, affidando loro tutto il creato, vide che era "cosa molto buona" ( Gen 1,31 ).

Ma la sua opera che supera tutte, è quella compiuta da Gesù: con la sua morte e risurrezione ha creato un mondo nuovo.

Un popolo al quale ha donato la vita del Cielo, una fraternità autentica, nell'accoglienza reciproca, nella condivisione, del dono di se.

La lettera di Pietro, rende consapevoli i primi cristiani che l'amore di Dio li ha fatto diventare "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo di Dio".

Se anche noi, come i primi cristiani, prendessimo davvero coscienza di ciò che siamo, di quanto la misericordia di Dio ha operato in noi, fra noi e attorno a noi, rimarremmo stupefatti, non potremmo contenere la gioia e sentiremmo la gioia di condividerla con gli altri, di "proclamare le opere meravigliose del Signore".

Ma è difficile, quasi impossibile, testimoniare in maniera efficace la bellezza della nuova socialità, cui Gesù ha dato vita, rimanendo isolati gli uni glia altri.

É quindi normale che l'invito di Pietro sia rivolto a tutto il popolo.

Non possiamo mostrarci litigiosi e faziosi, o soltanto indifferenti gli uni verso gli altri, e poi proclamare: " Il Signore ha creato un popolo nuovo, ci ha liberati dall'egoismo, dagli odi e dai rancori, ci ha dato come legge l'amore reciproco che fa di noi un cuore solo e un'anima sola …".

Nel popolo cristiano, ci sono differenze nei modi di pensare, nelle tradizioni e culture, ma queste diversità non ci devono turbare, ma vanno accolte con rispetto, riconoscendo la bellezza di queste varietà, consapevoli che l'unità non è uniformità.

Dall'amore reciproco, dall'unità, dalla comunione, dalla solidarietà tutti sapranno che siete miei discepoli, ci ha detto Gesù.

7 gennaio 1913: Una promessa di: Maria SS.ma all'Unione Catechisti

Facciamo festa in paradiso per quest' "opera tanto santa".

"Lo Spirito Santo discenderà sopra l'Opera" "Ed avranno le più elette virtù"

"Copiosissimi saranno i frutti che darà"

"Le menti degli uomini si cambieranno"

"Il mondo si trasformerà"

"La carità fiorirà".