1 Aprile 2016
Dalla Lettera di Papa Francesco sull'Anno Santo della Misericordia
( continuazione di quanto presentato nei precedenti Cenacoli )
Il pellegrinaggio è un segno peculiare nell'Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza.
La vita è un pellegrinaggio e l'essere umano è un pellegrino ( viator ) che percorre una strada fino alla meta agognata.
Anche per raggiungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio.
Esso sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio.
Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi.
Il Signore Gesù indica le tappe del pellegrinaggio attraverso cui è possibile raggiungere questa meta: « Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati.
Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio » ( Lc 6,37-38 ).
Dice anzitutto di non giudicare e di non condannare.
Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello.
Gli uomini, infatti, con il loro giudizio si fermano alla superficie, mentre il Padre guarda nell'intimo.
Quanto male fanno le parole quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia!
Parlare male del fratello in sua assenza equivale a porlo in cattiva luce, a compromettere la sua reputazione e lasciarlo in balia della chiacchiera.
Non giudicare e non condannare significa, in positivo, saper cogliere ciò che di buono c'è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto.
Ma questo non è ancora sufficiente per esprimere la misericordia.
Gesù chiede anche di perdonare e di donare.
Essere strumenti del perdono, perché noi per primi lo abbiamo ottenuto da Dio.
Essere generosi nei confronti di tutti, sapendo che anche Dio elargisce la sua benevolenza su di noi con grande magnanimità.
Misericordiosi come il Padre, dunque, è il "motto" dell'Anno Santo.
Nella misericordia abbiamo la prova di come Dio ama.
Egli dà tutto se stesso, per sempre, gratuitamente, e senza nulla chiedere in cambio.
Viene in nostro aiuto quando lo invochiamo.
È bello che la preghiera quotidiana della Chiesa inizi con queste parole: « O Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto » ( Sal 70,2 ).
L'aiuto che invochiamo è già il primo passo della misericordia di Dio verso di noi.
Egli viene a salvarci dalla condizione di debolezza in cui viviamo.
E il suo aiuto consiste nel farci cogliere la sua presenza e la sua vicinanza.
Giorno per giorno, toccati dalla sua compassione, possiamo anche noi diventare compassionevoli verso tutti.
In questo Anno Santo, potremo fare l'esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica.
Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi!
Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell'indifferenza dei popoli ricchi.
In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l'olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l'attenzione dovuta.
Non cadiamo nell'indifferenza che umilia, nell'abitudinarietà che anestetizza l'animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge.
Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto.
Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell'amicizia e della fraternità.
Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l'ipocrisia e l'egoismo.
È mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale.
Sarà un modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina.
La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia perché possiamo capire se viviamo o no come suoi discepoli.
Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti.
E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.
Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base ad esse saremo giudicati: se avremo dato da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete.
Se avremo accolto il forestiero e vestito chi è nudo.
Se avremo avuto tempo per stare con chi è malato e prigioniero ( cfr Mt 25,31-45 ).
Ugualmente, ci sarà chiesto se avremo aiutato ad uscire dal dubbio che fa cadere nella paura e che spesso è fonte di solitudine;
se saremo stati capaci di vincere l'ignoranza in cui vivono milioni di persone, soprattutto i bambini privati dell'aiuto necessario per essere riscattati dalla povertà;
se saremo stati vicini a chi è solo e afflitto;
se avremo perdonato chi ci offende e respinto ogni forma di rancore e di odio che porta alla violenza;
se avremo avuto pazienza sull'esempio di Dio che è tanto paziente con noi;
se, infine, avremo affidato al Signore nella preghiera i nostri fratelli e sorelle.
In ognuno di questi "più piccoli" è presente Cristo stesso.
La sua carne diventa di nuovo visibile come corpo martoriato, piagato, flagellato, denutrito, in fuga … per essere da noi riconosciuto, toccato e assistito con cura.
Non dimentichiamo le parole di san Giovanni della Croce: « Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore ».
Nel Vangelo di Luca troviamo un altro aspetto importante per vivere con fede il Giubileo.
Racconta l'evangelista che Gesù, un sabato, ritornò a Nazaret e, come era solito fare, entrò nella Sinagoga.
Lo chiamarono a leggere la Scrittura e commentarla.
Il passo era quello del profeta Isaia dove sta scritto: « Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di misericordia del Signore » ( Is 61,1-2 ).
"Un anno di misericordia": è questo quanto viene annunciato dal Signore e che noi desideriamo vivere.
Questo Anno Santo porta con sé la ricchezza della missione di Gesù che risuona nelle parole del Profeta: portare una parola e un gesto di consolazione ai poveri, annunciare la liberazione a quanti sono prigionieri delle nuove schiavitù della società moderna, restituire la vista a chi non riesce più a vedere perché curvo su sé stesso, e restituire dignità a quanti ne sono stati privati.
La predicazione di Gesù si rende di nuovo visibile nelle risposte di fede che la testimonianza dei cristiani è chiamata ad offrire.
Ci accompagnino le parole dell'Apostolo: « Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia » ( Rm 12,8 ).
In sintesi questa è la risposta:
• Perché la devozione - Adorazione a Gesù Crocifisso è preziosa per incrementare la nostra adorazione e predilezione a Dio;
• Perché esprime la misericordia e l'amore di Dio per ognuno di noi, avendoci donato il suo Figlio;
• Perché con l'immagine dell'anima sollevata da terra e le toccanti parole ci facilita l'intimità con il Crocifisso;
• Perché ci sprona a presentare a Gesù le necessità di tutta l'umanità, della Chiesa e di coloro che si raccomandano alle nostre preghiere;
• Perché perpetua ogni giorno la preghiera universale della liturgia del Venerdì Santo.
Quando ci poniamo in adorazione dinanzi al Crocifisso, quali sentimenti del cuore e moti della mente ci devono animare?
Questo ce lo insegna la stessa devozione, se bene intendiamo il significato delle sue parole:
1 La prima invocazione è "Mio", ad attestare che ognuno di noi è stato riscattato da Lui sulla Croce, per cui siamo suoi e, con gratitudine, lo riconosciamo nostro Signore
2 La dignità di questo "mio" è perché Lui è "Signore" e per sua generosità nostro fratello.
Ci prostriamo di fronte a Lui perché lo riconosciamo nostro Dio e, per sua generosità, nostro fratello;
3 Consegue l'invocazione e la dichiarazione "Ti adoro e Ti amo", propria della creatura e dell'innamorato che eleva il suo grido di estasi all'Adorato e Amato.
Nelle precedenti versioni della devozione ( ora leggermente modificate per l'aggiornamento del linguaggio ), tali espressioni erano sintetizzate in due superlativi: "Amatissimo" a significare che il Crocifisso è l'amore più grande del fedele, e "Amabilissimo", ad indicare che per quanto grande sia la nostra predilezione, non potrà mai adeguarsi all'infinita amabilità di Gesù, degno di un amore senza limiti.
Questi due superlativi specialmente Amabilissimo, ci siano familiari, pulsino nel nostro cuore durante la pratica dell'Adorazione, ed anche nel corso della giornata: nella veglia e nel riposo.
Fra Leopoldo, la mattina del 12 marzo 1915 ha riportato, nel suo Diario, la risposta data da Gesù: "La santa Adorazione di Me, Crocifisso Gesù, l'ho fatta sorgere per riformare gli uomini dal mal costume e portarli nella via di santificazione; risparmierei flagelli per l'Italia, ma se si rendono sordi alla mia chiamata diranno il mea culpa".
Nelle scuole di ogni ordine e grado è ormai una realtà l'introduzione di corsi di "educazione sessuale" o di indottrinamento gender mascherati sotto varie forme.
Si deve prendere coscienza del vero scopo e della gravità di queste iniziative finalizzate a corrompere i nostri figli.
Ma non basta: è necessario riappropriarsi del diritto - dovere di educare circa la sessualità anche proponendo corsi e iniziative che educhino a relazioni affettive sane e alla diversità tra maschio e femmina.
Chi e perché ha inventato l'educazione sessuale come oggi erroneamente è concepita?
Roberto Marchesini ci precisa che storicamente l'educazione sessuale, come intesa in questi ultimi anni, proviene dal filosofo Lukacs che la propose alle agenzie ONU.
É lui che ha "inventato" l'educazione sessuale, con lo scopo dichiarato di rimuovere l'etica cattolica.
Tenendo alla larga i genitori dai loro figli.
L'educazione sessuale, concepita secondo questa distorta visione, è un arma di distruzione del cristianesimo.
L'educazione sessuale è un tema controverso per almeno due motivi.
Il primo è che mediante l'educazione sessuale si trasmettono messaggi ( quantomeno ) ambigui dal punto di vista morale e sui quali le famiglie non hanno alcun controllo.
Svendono, ad esempio, i recenti Standard per l'educazione sessuale in Europa, che si fregiano del logo dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità ( OMS ).
Questi Standard prevedono che i bambini sperimentino "gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione infantile precoce "dagli 0 ai 4 anni; amicizia e amore verso le persone dello stesso sesso", dai 4 ai 6 anni, e "i diversi metodi contraccettivi dai 6 ai 9 anni".
Il secondo è che quasi la totalità dei corsi di educazione sessuale si basa sull'uso del preservativo come prevenzione di gravidanze precoci, aborti e malattie sessualmente trasmissibili; ed è ormai ampiamente dimostrato che tali corsi aumentano, anziché diminuire, la frequenza di gravidanze indesiderate, aborti e malattie sessualmente trasmissibili. ( Per ulteriori chiarimenti vedi : Il Timone del mese di Gennaio 2016 )
"Non posso passare sotto silenzio, ci precisa il Papa Benedetto XVI, un'altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, la dove è imposta la partecipazione ai corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un'antropologia contraria alla fede e ala retta ragione".
Benedetto XVI, 10 gennaio 2011