Cenacolo N° 37
La pratica dell'Adorazione a Gesù crocifisso esprime il nostro amore a Colui che ci ha amati fino a dare la vita per noi.
S. Gregorio ci ricorda che " Come i rami di un albero procedono tutti da una sola radice, così tutte le virtù sono generate dall'amore".
"L'amore non viene mai meno …
Ora soltanto queste tre cose perdurano: fede, speranza e amore, ma la più grande di tutte è l'amore". ( 1 Cor 13,8.15 )
L'Adorazione a Gesù crocifisso, che ci è stata espressamente richiesta da Gesù, è un atto d'amore, il più apostolicamente fecondo in ordine alla salvezza delle anime.
Ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore
Gli ebrei si astenevano dal pronunciare il nome ineffabile di Dio sostituendolo con la parola Adonai, che in greco suona Kyrios, in latino Dominus e in italiano Signore.
S. Paolo, in Fil 2,8 , afferma: "Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, alla morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore", a gloria di Dio Padre.
S. Paolo non è il solo proclamare questa verità: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo - dice Gesù nel vangelo di Giovanni - allora saprete che Io Sono". ( Gv 8,28 )
Nell'orto degli ulivi Gesù chiese a chi era vento a catturarlo.
"Chi cercate?
Gli risposero Gesù, il nazareno", "sono Io" disse Gesù, ed essi indietreggiarono e caddero a terra perché aveva pronunziato il suo nome divino e per un istante, era stato libero di sprigionare la sua potenza.
Il Nome divino è strettamente legato all'obbedienza di Gesù fino alla morte.
"Quando avrete innalzato il Figlio dell'Uomo allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo" ( Gv 8,28 )
Gesù non è il Signore contro il Padre, o al posto del Padre, ma a gloria di Dio Padre.
( Cfr. Il potere della croce di R. Cantalamessa )
Molte volte, soprattutto in certe situazioni di difficoltà in famiglia, è necessario saper sdrammatizzare, saper fare ironia e autoironia, saper prendere la vita con più semplicità e leggerezza, per non amareggiarsi e abbattersi …
"Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti". ( Fil 4,4 )
Ecco come gioia, sorriso ed umorismo nascono dal cuore buono, mite e profondamente umano.
Come una forza creativa che nel nostro cuore non si rassegna alla tristezza e ai limiti, come uno scoppiettio della speranza che cerca altre soluzioni ed altre ragioni, semina allegrezza, perché è della natura umana, ad immagine di Dio, comunicare, donare, condividere …
Ma tutto questo nella verità, altrimenti la gioia è vuota ed effimera, ingannevole e pericolosa, lascia una tristezza ancor più grande.
Il sorriso e la risata chiedono la verità e la schiettezza, ma anche una certa bontà ed una bellezza un po' arlecchina, anche quella del clown che, consapevole dei limiti propri ed altrui, strappa sorrisi ai bambini e agli adulti …
Basterebbe questa serie di osservazioni per capire quanto importante sia la gioia, il sorriso e l'umorismo, quanto si addicano alla vocazione umana e cristiana, quanto siano un dono di Dio ed una invidiabile qualità, quanto possano contribuire a cambiare il mondo, incominciando a cambiare il volto e il cuore delle persone, i rapporti, gli incontri.
E tuttavia quanto fragile è l'equilibrio e sottile la demarcazione fra la vera gioia, piena di bontà e di bellezza, che si cobra di umorismo e trasfigura i volti nel sorriso, e la falsa gioia che produce smorfie e non sorrisi …
Se poi si guarda questo mondo dove c'è tanta tristezza e tanta gioia superficiale, viene da pensare che i cristiani, uomini della gioia, del sorriso e del buon umore, devono diventare apostoli di un nuovo apostolato umanistico, quello del buon umore e dell'ottimismo cristiano.
La Chiesa ha bisogno di diventare insieme una casa ed una scuola di comunione nella gioia vera, tanto più umana quanto divina …
( p. Jesùs Castellano Cervera )