Cenacolo N° 48
Noi non siamo esclusi da questa proclamazione, se non vogliamo che il nostro paese continui a essere, come dice Dante, « l'aiuola che ci fa tanto feroci ».
Occorre, perciò, tornare a proclamare il vangelo dell'amore di Dio in Cristo Gesù.
Se non lo facciamo, noi siamo quegli uomini che mettono la fiaccola sotto il moggio.
Defraudiamo il mondo della sua più segreta attesa.
Altri, nel mondo, condividono con i cristiani la predicazione della giustizia sociale e del rispetto dell'uomo; ma nessuno - dico nessuno - tra i filosofi, né tra le religioni, dice all'uomo che Dio lo ama e lo ama per primo.
Eppure, tutto è retto da questa verità, essa è la forza motrice di tutto.
La causa stessa del povero e dell'oppresso non è mai al sicuro, finché non riposa su questo fondamento incrollabile che Dio ci ama, che ama il povero e l'oppresso.
Ma non bastano le parole e le deplorazioni.
Occorre essere disposti, come Gesù, a soffrire e perdonare chi fa soffrire: « Padre, perdona loro … ».
Gesù ha lasciato in eredità a noi cristiani questa sua parola pronunciata sulla croce, perché noi la tenessimo viva nei secoli e la usassimo come la nostra vera arma.
Non per perdonare i nemici di Gesù di allora, che non ci sono più, ma per perdonare i nemici di Gesù di oggi, i nostri nemici, i nemici della Chiesa.
Il cristianesimo è la religione del perdono dei nemici!
Nessuno dovrebbe dire di conoscere l'amore di Dio riversato nel suo cuore per mezzo dello Spirito Santo, se questo amore non gli è servito, almeno una volta, a perdonare un nemico.
Dobbiamo dire pubblicamente grazie a quei fratelli di fede che, raggiunti dall'odio e dalla violenza omicida, hanno sentito l'impulso dello Spirito Santo a perdonare anche pubblicamente chi aveva ucciso un loro congiunto e lo hanno seguito con umiltà.
Essi hanno creduto all'amore!
Hanno dato una splendida testimonianza a Cristo che il suo amore, manifestato in questo giorno sulla croce, è ancora possibile, grazie al suo Spirito, e che è l'unico, anzi, a cambiare qualcosa nel mondo, perché cambia le coscienze.
Ecco, io ho raccolto l'invito del profeta Isaia che dice: « Consolate, consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che è finita la sua schiavitù » ( Is 40,1s ).
Come una piccolissima voce che viene dal silenzio e torna nel silenzio, ho osato parlare anch'io « al cuore di Gerusalemme », cioè della Chiesa, per ricordarle la cosa più preziosa che ha: l'amore eterno del suo Sposo divino.
Ora è lo Sposo stesso che si rivolge alla Chiesa con le parole del Cantico e le dice: « Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata; i fiori sono apparsi nei campi il tempo del canto è tornato » ( Ct 2,10-12 ).
In questo giorno santissimo della morte di Cristo, un soffio di gioia solleva il mondo.
( cfr. Il potere della croce di R. Cantalamessa )
Per essere più umani possibili, dobbiamo essere più divini possibili, perfetti come il Padre nostro … e non è impossibile se ce l'ha indicato Gesù!
Dice il Signore: "Voi siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". ( Mt 5,48 )
Tutti i membri della famiglia, ognuno secondo il proprio dono, hanno la grazia e la responsabilità di costruire, giorno per giorno, la comunione delle persone, facendo della famiglia una "scuola di umanità più completa e più ricca": è quanto avviene con la cura e l'amore verso i piccoli, gli ammalati e gli anziani; col servizio reciproco di tutti i giorni; con la condivisione dei beni, delle gioie e delle sofferenze.
Un momento fondamentale per costruire una simile comunione è costituito dallo scambio educativo tra genitori e figli, nel quale ciascuno dà e riceve.
Mediante l'amore, il rispetto, l'obbedienza verso i genitori, i figli portano il loro specifico e insostituibile contributo all'edificazione di una famiglia autenticamente umana e cristiana.
In questo saranno facilitati, se i genitori eserciteranno la loro irrinunciabile autorità come un vero e proprio "ministero", ossia come un servizio ordinato al bene umano e cristiano dei figli, e in particolare ordinato a far loro acquistare una libertà veramente responsabile, e se i genitori manterranno viva la coscienza del "dono", che continuamente ricevono dai figli.
La comunione familiare può essere conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio.
Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla riconciliazione.
Ogni famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l'esperienza gioiosa e rinnovatrice della "riconciliazione" cioè della comunione ricostruita, dell'unità ritrovata.
( Beato Giovanni Paolo II )
Faremo conoscere il Vangelo se noi stessi ne saremo irradiati; lo faremo amare se noi ne saremo innamorati.
L'evangelizzazione non è un'attività, è testimonianza personale e comunitaria … ogni sforzo è un seme sepolto nel solco.
Può germogliare!