Cenacolo N° 51
Questa "crisi" può avere due soluzioni: o quella di Giuda, che disse: « Ho tradito sangue innocente » e andò a impiccarsi ( cf Mt 27,4s ), o quella di Pietro che, uscito all'aperto, « pianse amaramente » ( Mt 26,75 ).
Avendo sperimentato la forza del pentimento, Pietro può, ora, additare ai fratelli questa via di salvezza, gridando con tanta fermezza: « Pentitevi! ».
Ma cosa significa questa parola?
Come si realizza?
Si realizza passando dallo stato di imputazione di peccato, allo stato di confessione di peccato; dall'ascoltare uno che ti dice: « Tu hai ucciso Gesù di Nazaret! », al dire tu stesso, con una fitta al cuore e con tutta la tua sincerità: Sì, io ho ucciso Gesù di Nazaret!
Questo passaggio non dipende solo da noi; è operazione dello Spirito Santo che « convince il mondo di peccato » ( cf Gv 16,8 ).
È qualcosa di miracoloso.
Quando avviene, si producono, spiritualmente, nel cuore di un uomo, gli stessi fenomeni che si verificarono, quel giorno, nella natura. Il velo che ricopre la sua mente si squarcia; il suo cuore di pietra si spezza; il sepolcro in cui è tenuto prigioniero dal peccato si apre; egli è finalmente un uomo libero.
È rinato a nuova vita.
Che cosa grande, degna dell'uomo, è la confessione di peccato, quando è sincera e libera!
Essa permette a Dio di essere se stesso, cioè « il Dio che perdona i peccati » ( cf Mic 7,18 ).
Schierandosi con Dio contro se stesso, l'uomo induce Dio a fare altrettanto: a schierarsi per l'uomo, contro se stesso, contro la propria giustizia.
S'intende, non per necessità, ma per misericordia.
Dio, infatti, vuole usare misericordia al mondo, ma non può farlo, se l'uomo nega l'oggetto stesso della misericordia di Dio che è il suo peccato.
Un « cuore contrito e umiliato » è la cosa più difficile da ottenere per Dio; non gli basta, a questo scopo, la sua onnipotenza, gli occorre anche la nostra libertà.
Per questo, esso è anche la cosa più preziosa e che più commuove il cuore di Dio: « Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi - dice Dio -.
Su chi volgerò lo sguardo?
Sull'umile e su chi ha lo spirito contrito » ( Is 66,1s ).
( Cfr. il potere della croce di R. Cantalamessa )
A partire da questo foglietto iniziamo alcune riflessioni bibliche sull'inno della carità di S. Paolo, riportato nella prima lettera ai Corinzi, cap.13°: « Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo.
Se avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede in modo da spostare i monti, ma non avessi amore, non sarei nulla.
Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente.
L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.
L'amore non verrà mai meno.
Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno; e la conoscenza verrà abolita; poiché noi conosciamo in parte, e in parte profetizziamo; ma quando la perfezione sarà venuta, quello che è solo in parte, sarà abolito.
Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino; ma quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino.
Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato perfettamente conosciuto.
Ora dunque queste tre cose durano: fede, speranza, amore; ma la più grande di esse è l'amore. »
Da duemila anni risuona nella Bibbia l'esortazione a "crescere e a maturare in continuità, affinché non siamo più dei bambini sballottati e portati qua e là da ogni soffiar di dottrine, succubi dell'impostura di uomini esperti nel trarre nell'errore" ( Ef 4,14 ).
Faremo conoscere il Vangelo se noi stessi ne saremo irradiati; lo faremo amare se noi ne saremo innamorati.
L'evangelizzazione non è una attività, è testimonianza: personale e comunitaria … ogni sforzo è un seme sepolto nel solco.
Può germogliare.
Il 29 settembre 1913
fra Leopoldo ha scritto nel suo diario: "Voglio strapparti il
cuore e mettere invece il mio: lavora! Ti
riposerai in cielo!"
"Gli adoratori chiamali tuoi figli del SS.mo Crocifisso e miei servi fedeli e figli" .
"… Ti dicono che sei antico, perché non vuoi adattarti alle fellonie che usano gli uomini!
Sappi che è meglio l'essere antico e amare Iddio, che avere l'indifferenza del mondo moderno al bene!"
Il Vangelo è la buona novella della liberazione dal peccato ( Mt 1,21; Gv 1,29; Gal 1,4; Col 2,13-15; 1 Tm 1,15 )
mediante la fede nell'opera perfetta di Gesù ( Gv 19,28-30: "Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto … disse: « È compiuto! » …";
At 16,31: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia'';
1 Pt 1,8-9: "Perciò esultate dì gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime" ).
Mio Dio, guidami Tu, mio Gesù Crocifisso! e come orologio sia il mio cuore, di cui ogni battito sia ( all'unisono ) col sacro Cuore del mio Crocifisso, per la cui passione e croce, tutto il mondo ebbe il ricordo monumentale, eterno della nostra salvezza ( Fra Leopoldo, Diario 15-9-1908 ).