La mia vita nel tuo Cuore
N° 7 - Giugno 2001
Il mio cuore: più vado avanti con gli anni, più mi accorgo che è un povero cuore di uomo.
Quando ero più giovane, desideravo essere amato, ma ancora oggi lo desidero più di allora.
E non c'è creatura alcuna che si senta amata come vorrebbe.
In fondo, si resta sempre degli incompresi, dei male-amati.
Ha sete di bellezza, di candore, di santità, il mio cuore, e si accorge di essere soltanto un povero "guazzabuglio" in cui si agitano le aspirazioni più nobili e guizzano, anzi, dilagano, le passioni umane.
Vorrebbe solo e sempre compiere il bene, ma, spesso rovina verso il male, che poi diventa un tormento.
Quale contraddizione, mio Dio! Gli anni passano e più cresce nel mio cuore un desiderio struggente di vita, di vita piena, della totalità della vita - la vita che non muore - e sperimenta ogni giorno di più un fremito di morte, la più sgretolante rovina di sé e di tutto.
Le lacrime allora diventano amare e deprimenti.
Che enigma è mai l'uomo, il cuore dell'uomo: l'esistenza passa e non si conosce ancora e non è mai sazio, percorso ogni istante di più dalla brama dell'Infinito e dell'Eterno.
Da chi andare, che cosa fare, per trovare risposta, soluzione, pace?
Sul cammino dell'uomo, è dato per singolare grazia di Dio, di incontrare Gesù Cristo, l'Uomo-Dio, il Mediatore tra Dio e gli uomini.
Subito la sua voce, il suo invito: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò" ( Mt 11,28 ).
"Deserto della vita, o spiaggia desolata, arido suolo e caldo, senza verzura e fiore, soggiorno nero e triste, o deserta vallata, in cui l'uomo costretto cammina nel dolore!" è la realistica constatazione di una scrittrice d'oggi.
Ma non è tutto qui. La medesima, rapita dall'incontro con Gesù, invita: "Sali! Tu troverai, oh scoperta sublime!
Troverai un cuore, ed è il Cuore di un Dio!
Là ognuno può entrare. La porta è aperta: che tutti qui vengano. La pace regna in questo luogo".
Il Cuore di Gesù: giugno è il suo mese, a Lui dedicato, portando in esso la sua festa liturgica ( quest'anno il 27 giugno 2003 ), ma tutta la Rivelazione, tutta la Liturgia, tutta la storia della Chiesa, ardono di Lui, perché è il Centro, che affascina, attrae e conquista.
In questo Cuore di carne – che è Cuore di Dio – trovo tutto l'amore che io cerco dal giorno della mia nascita.
Mi sento amato – amato fino all'effusione del suo sangue, fino alla Croce, all'infinito – soltanto come un Dio sa e può amare.
Amore di amico, di Fratello, di padre e madre insieme, di sposo dell'anima mia.
Amore tenerissimo, forte, efficace, unico. Non sono più male-amato, ma amato all'infinito.
Così Egli opera una trasformazione in me: mi accoglie come sono, ma mi cambia come vuole Lui.
Non tollera che io faccia compromessi con il mio egoismo e con il mio peccato.
Per trarmi fuori di me, mi mostra l'ardore implacabile del suo amore e insieme il castigo – l'inferno eterno – della giustizia divina, se vivo nel peccato.
Gesù mi purifica, mi fa suo, mi fa un altro, a sua immagine.
Mi sostiene con la sua grazia e mi dà il candore del suo essere divino, mi rende degno di Lui, degno di Dio.
Ed infine, questo Cuore in cui abita Dio nella Sua pienezza, fa dilagare nel mio cuore scosso dalla morte, la sua prorompente Vita divina: la Grazia santificante, lo Spirito Santo, la mirabile Vita della Trinità, la vita stessa che scorre in Lui.
Il mio piccolo cuore, strizzato dalla morte, si dilata nella vita e nella gioia di Dio: oggi, già oggi, e domani, in totalità, nella vita eterna.
A questo punto, io mi alzo dal mio nulla e mi viene voglia di cantare, anche se sono stonatissimo.
Che cosa canto? Lui solo, il Cuore di Cristo.
La "devozione" a Lui, a questo Cuore, ché è dedizione, consacrazione, offerta, impegno di sequela a ricerca di perfezione, intimità con Lui, - come scrisse il servo di Dio Pio XII ( "Haurietis aquas", 15 maggio 1956 ) – "è la massima professione del Cristianesimo".
Gli dico – lo dico a tutti - : "Il mio cuore non ha la vita e sperimenta che la vita gli sfugge, ma credo che il tuo Cuore ha la vita, è la Vita che non muore.
Dunque, la mia vita nel tuo Cuore". Così trahe me ad Te ipsum: stringimi a Te.
Paolo
L'otto giugno 1899, Gemma Galgani, la mistica ammirata e più volte menzionata da Fra Leopoldo Musso, riceve il dono delle stigmate.
Quella che in piena tempesta positivista, venne liquidata dal dott. Pfanner come una psicopatica isterica, dedita a pratiche molto discutibili di autolesionismo, oggi diventa, ad uno studio più attento, una "passiopatica" ( vedi T. Zecca, Santa Gemma Galgani, la mistica passiopatica e la S. Sindone ), ovvero una donna chiamata da Gesù a scrivere sulla propria carne la Passione del Calvario.
Tutti ricordano Padre Pio, pochi rammentano il nome della Galgani, che pure ha vissuto esperienze mistiche di pari intensità.
La sua vita sembra scandita dalla morte e dal dolore.
Gemma Galgani nasce a Borgonuovo di Camigliano ( Lucca ) il 12 marzo 1878.
Un mese dopo, la sua famiglia si trasferisce a Lucca, dove, tra il 1889 ed il 1893, Gemma frequenta la scuola delle Zitine; fra le sue maestre spicca la beata Elena Guerra.
In una tragica sequenza di lutti, tra il 1886 ed il 1897, muoiono la madre Aurelia, il fratello Gino ( seminarista ) ed il padre Enrico ( proprietario di una farmacia ).
Il rovescio economico della famiglia è inevitabile.
Gli agenti delle tasse arrivano al punto di sequestrare tutti i beni di casa Galgani.
Ciononostante, Gemma, nel 1898, rifiuta una proposta di matrimonio, per essere "tutta di Gesù".
Nello stesso anno viene colpita da una tabe spinale, una grave malattia degenerativa che le procura la paralisi alle gambe: è così sottoposta alla dolorosa applicazione dei "bottoni di fuoco", ma invano.
In questo periodo fa voto di verginità e si affida all'intercessione del ven. Gabriele dell'Addolorata ( oggi santo ), che dopo una visione, diventa il suo celeste protettore.
Intanto, la situazione clinica si aggrava ed i medici, ormai, la danno per spacciata.
Dopo una novena in onore di Santa Margherita Alacoque ( la mistica del Sacro Cuore ), Gemma guarisce miracolosamente dalla malattia: è il 3 marzo 1899.
Da questo momento, hanno inizio le esperienze mistiche, in particolare le estasi, le locuzioni di Gesù e il dialogo con l'angelo custode che la indirizza all'ideale del Crocifisso.
Nel 1899, come detto, Cristo le fa il dono delle stigmate.
Gemma desidera la "vita religiosa", ma viene sistematicamente respinta da tutti i conventi.
Ben presto, però, conosce i padri Passionisti ( dal cui ideale si sente fortemente attratta ) che la introducono nella casa di Cecilia Giannini.
Questa donna devota la mette in contatto col Passionista p. Germano Ruoppolo, che dopo la miracolosa conversione di un peccatore incallito, preannunciata con largo anticipo da Gemma, diventa direttore spirituale della giovane.
Finalmente, nel 1900, Gemma, lasciata la casa paterna, dove i parenti ormai la giudicano con sospetto e sarcasmo, è accolta nella famiglia Giannini.
Tra il febbraio ed il maggio 1901 la ragazza scrive, per ordine di p. Germano, un'autobiografia intitolata "Il quaderno dei miei peccati".
L'anno seguente si offre vittima al Signore per la salvezza dei peccatori.
Nel corso delle locuzioni, Gesù, tra le altre cose, le chiede la fondazione di un Monastero di claustrali Passioniste in Lucca.
Gemma risponde con entusiasmo: il complesso verrà costruito a partire dagli anni 1935-40.
Come annunziatole da Gesù, trascorre gli ultimi mesi di vita lontano da casa Giannini, in uno stato di avvilente isolamento.
Dopo le consolazioni gustate nel "dolore amoroso" dell'intimità mistica, è giunta l'ora del "dolore doloroso" ( l'espressione è di Gemma ): i Vescovi la giudicano una nevrotica, il medico Pfanner, che la visita, un'isterica senza speranza.
Anche le estasi e le locuzioni si interrompono.
Ma la santa, come Cristo in Croce, non cede alla disperazione.
L'11 Aprile 1903, il sabato santo, alle ore 13.45, la laica Passionista muore dopo lunga e penosa malattia.
Infine, il 2 maggio 1940, demolendo mistificazioni e ingiurie di ogni genere, Pio XII riconosce la pratica eroica delle sue virtù cristiane e la innalza alla gloria dei Santi, additandola a modello della Chiesa universale.
Gemma Galgani non è molto amata dai moderni mezzi d'informazione.
È un motivo forse c'è: la santa toscana non rientra nei canoni della "superstizione popolare", tanto cari ad un certo giornalismo.
Difatti, non è figlia di "gente ignorante", ma della media borghesia lucchese ( il padre è farmacista, due fratelli studiano all'Università di Pisa ); non è una "bruttina stagionata" incattivita dal mondo, ma una ragazza dotata di rara bellezza; non lancia rabbiose invettive a destra e a manca, al contrario, si mostra riservata, dando sempre prova di un granitico equilibrio interiore.
Perfino quando le autorità ecclesiastiche la bollano come "illusa", gettandola nella più nera desolazione, la vergine di Camigliano si sottomette senza fiatare.
E a ragion veduta, visto l'esito finale delle indagini condotte dalla Chiesa.
Gemma ha la vocazione della Passionista ( cfr. San Paolo della Croce e il tema della "morte mistica" ), ma non sarà mai religiosa.
Di fatto, è una laica consacrata.
Volendo riassumere il senso della sua vita, possiamo dire che, sapendo "ben soffrire", va dritta allo scopo: assimilarsi, in tutto, a Cristo Crocifisso.
Le sue esperienze sono "estreme", poiché la sua lotta col peccato è diretta, frontale, inesausta.
Se Dante inizia la sua Divina Commedia, rinunciando a salire sul monte che conduce al Sole di Giustizia, proprio perché impaurito dall'eventualità di uno scontro immediato con la "lupa" del vizio ( che non riesce ancora a domare ), al contrario, Gemma affronta la "buona salita" senza deviazioni, lasciandosi guidare dalla Croce.
Questa lucida coerenza rende la sua vita breve e carica di prove … ma è una scelta compiuta in piena libertà.
Scorrendo la biografia ed i testi che parlano di Gemma, emerge una sorprendente affinità con la vicenda di Fra Leopoldo.
A partire dal 1895, ad esempio, la mistica riceve varie ispirazioni a seguire con più impegno e decisione la via della Croce: "In me - racconta nell'autobiografia - sentivo crescere una brama di amare tanto Gesù Crocifisso, e insieme a questo una brama di patire e aiutare Gesù nei suoi dolori".
Nello stesso periodo, le appare l'angelo custode che le presenta i gioielli "che abbellano una sposa del Re crocifisso": le spine e la Croce.
Altri episodi la avvicinano alla spiritualità leopoldina.
Nel 1901, per divina illuminazione, è spinta ad abbracciare con venerazione il grande Crocifisso custodito in casa Giannini, che, miracolosamente, "contraccambia" il gesto: torna in mente, la visione di Fra Leopoldo, immortalata nella celebre icona che correda le copie dell'Adorazione al Crocifisso.
Le locuzioni ricevute dalla santa ed i relativi commenti, offrono altri spunti in questo senso: "Figlia mia abbraccia la mia croce"… "O Gesù, mi dici di abbracciare la croce".
Commentando l'ardore mistico di Gemma, il biografo J.F. Villepelèe, scrive: "Solo un contatto profondo con Cristo che salva può essere all'origine di un autentico rinnovamento interiore."; oppure, poche righe più sotto: "Gemma … non ha che un solo desiderio: perdersi e consumarsi nel fuoco della carità divina".
La volontà di offrire le proprie sofferenze per la salvezza delle anime è un altro fattore che accomuna il francescano piemontese alla mistica "passiopatica".
Perfino nelle ultime ore di vita, Gemma dedica i suoi triboli alla conversione di un peccatore, il cui ravvedimento si verifica puntualmente a poche ore dal decesso.
Come Fra Leopoldo, Gemma insiste molto sulla personale condizione di "povera" ( ama definirsi così ) peccatrice.
Il giorno stesso della "stigmatizzazione", afferma di sentire in maniera fortissima il peso dei suoi peccati e un desiderio molto intenso di espiarli.
L'autobiografia descrive l'evento miracoloso con la massima naturalezza: "In quell'istante comparve Gesù, che aveva tutte le ferite aperte; ma da quelle ferite non usciva più sangue, uscivano come fiamme di fuoco, che in un momento … vennero a toccare le mie mani e i miei piedi e il cuore.
Mi sentii morire, sarei caduta in terra; ma la Mamma ( ndr., la Madonna ) mi sorresse".
Senza la luce dello Spirito scorgiamo solo il peso di questi sacrifici, non la loro forza liberante.
È per questo motivo che tendiamo ad emarginare la "povera Gemma" nel limbo dei santi troppo "originali": anche noi desideriamo purificarci, ma abbiamo paura della Croce.
Altro che dolorismo!
Concludendo. Cosa possono comunicare al mondo moderno le stigmate di Gemma?
Se ragioniamo per categorie intellettuali, nulla; se pensiamo all'anima sofferente che si nasconde anche nei cuori più duri ed ostinati, tutto.
In quelle piaghe, è scritta la cura di ogni disperazione.
Stefano
Come il fiore è nascosto nel bocciolo, così le Sante Piaghe di Nostro Signore Gesù Crocifisso nascondono un mistero, la cui rivelazione totale era riservata a questa generazione.
C'è una sola Redenzione, ma essa si compirà pienamente attraverso lo sviluppo di questo mistero d'amore misericordioso del Salvatore, che rivelerà Dio nella sua pienezza.
Se Dio, per guarire la radice stessa del nostro male, avesse trovato un mezzo più adatto dell'Esaltazione di suo Figlio Crocifisso, l'avrebbe certamente scelto.
Il male nel mondo è venuto a causa dell'uomo, dell'uomo che si è volontariamente allontanato da Dio.
Per rendere Dio presente all'uomo, per metterlo in presenza del Dio Creatore-Redentore-Ostia-Risuscitato, Dio stesso non ha trovato un mezzo più evidente, più efficace, più idoneo alla condizione dell'uomo terrestre ignorante, orgoglioso, superficiale, se non l'immagine di Suo Figlio Crocifisso.
Egli stesso ha voluto scegliere i dettagli della Sua Passione, a uno a uno, e i segni del suo Trionfo.
Questo mezzo di salvezza Dio lo ha scelto e voluto.
Esso è il Sigillo scolpito di Sua mano nella carne di Suo Figlio.
Questo Sigillo, messo davanti ad ogni uomo, facilita il suo ritorno più pieno a Dio.
Molti dovranno la loro salvezza al fatto che avranno fermato il loro sguardo su un Crocifisso, rappresentazione di Gesù che avrà introdotto il loro spirito nel Mistero di Dio, che è Amore misericordioso.
Non già che questo sguardo fisico basti alla salvezza, ma sarà stato il punto di partenza del loro rinnovamento interiore.
Le Piaghe Sanguinanti e Trionfanti di Nostro Signore sono il condensato della Rivelazione di Dio, il suo messaggio in immagine, la Sua Parola incisa nella carne di Suo Figlio, inviato al mondo come Testimone del Suo Amore.
Esse sono il Centro del mondo. Esse sono le Porte del Cielo.
Ecco il Vangelo voluto dal Padre per introdurvi gli uomini.
Si tratta di una Realtà nella quale si rivelano tutti i passaggi della vita del Cristo ( Incarnazione/Redenzione/Eucaristia/Risurrezione ), resi così accessibili e presenti a ciascuno.
F.A.