Introduzione

Libretto della celebrazione

I testi delle meditazioni sulle quattordici stazioni del rito della Via Crucis di quest'anno sono stati scritti da quindici giovani, di un'età compresa tra i 16 e i 27 anni.

Due, quindi, sono le principali novità:

la prima non ha riscontri nelle edizioni del passato e riguarda l'età degli autori, giovani e adolescenti ( nove di essi sono studenti del liceo di Roma Pilo Albertelli );

la seconda consiste nella dimensione "corale" di questo lavoro, sinfonia di tante voci con tonalità e timbri diversi.

Non esistono "i giovani", ma Valerio, Maria, Margherita, Francesco, Chiara, Greta …

Con l'entusiasmo tipico della loro età hanno accettato la sfida che è stata proposta dal Papa all'interno di questo anno 2018, dedicato in generale alle giovani generazioni.

Lo hanno fatto con un preciso metodo operativo.

Si sono riuniti intorno a un tavolo e hanno letto i testi della Passione di Cristo secondo i quattro Vangeli.

Si sono messi, pertanto, davanti alla scena della Via Crucis e l'hanno "vista".

Dopo la lettura, rispettando il tempo necessario, ognuno dei ragazzi si è espresso dicendo quale particolare della scena lo avesse colpito.

E così è stato più semplice e naturale assegnare le singole stazioni.

Tre parole chiave, tre verbi, segnano lo sviluppo di questi testi: innanzitutto, come si è già accennato, vedere, poi incontrare, infine pregare.

Quando si è giovani si vuole vedere, vedere il mondo, vedere tutto.

La scena del Venerdì Santo è potente, anche nella sua atrocità: vederla può spingere alla repulsione oppure alla misericordia e, quindi, ad andare incontro.

Proprio come fa Gesù nel Vangelo, tutti i giorni, anche questo giorno, l'ultimo.

Egli incontra Pilato, Erode, i sacerdoti, le guardie, sua madre, il Cireneo, le donne di Gerusalemme, i due ladroni suoi ultimi compagni di strada.

Quando si è giovani ogni giorno si ha l'occasione di incontrare qualcuno, e ogni incontro è nuovo, sorprendente.

Si invecchia quando non si vuole più vedere nessuno, quando la paura che rinchiude vince sull'apertura fiduciosa: paura di cambiare, perché incontrare vuol dire cambiare, essere pronti a rimettersi in cammino con occhi nuovi.

Vedere e incontrare spinge, infine, a pregare perché la vista e l'incontro generano la misericordia, anche in un mondo che sembra sprovvisto di pietà e in un giorno come questo, abbandonato all'ira insensata, alla viltà e alla pigrizia distratta degli uomini.

Ma se seguiamo Gesù con il cuore, anche attraverso il misterioso cammino della Croce.

Allora possono rinascere il coraggio e la fiducia e, dopo aver visto ed essersi aperti all'incontro, sperimenteremo la grazia del pregare, non più da soli, ma insieme.