La missione della Chiesa

Lo Sviluppo del tema

1. Perché la missione?

2. Dove nasce la missione?

3. È ancora attuale la missione?

1. Perché la missione?

La domanda intende aiutarci a partire "dal punto in cui siamo arrivati" per continuare "ad avanzare sulla stessa linea" ( Fil 3,16 ).

Percepiamo tutti – preti e laici insieme – in questo momento della storia nostra e della nostra chiesa, che le persone ( bambini, giovani e adulti ) con le quali iniziamo un cammino di preparazione alla fede e ai Sacramenti provengono sempre più spesso da contesti di vita lontani da quel patrimonio di esperienze e religioso che ha segnato molti di noi fin dall’infanzia.

Per molti di noi cristiani adulti non c’è stato un passaggio da una fase di non credenza, o di appartenenza ad altre religioni a una fase di adesione al cristianesimo.

La nostra esperienza, dentro questa società, è stata quasi naturalmente cristiana.

Può darsi che il timore di perdere le nostre radici di fede si concretizzi qualche volta in un atteggiamento psicologico di chiusura perché il "grande freddo della fede" - come si ebbe a dire nel convegno ecclesiale di Palermo del 1995 - investe e rallenta la nostra volontà missionaria.

Per rispondere compiutamente alla domanda sul perché della missione occorre prima soffermarci a ricordare brevemente che tutta la Chiesa è "per sua natura missionaria"( Ad Gentes 2 ) e la sua natura, cioè la sua realtà insopprimibile consiste nell’essere il "popolo di Dio adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" ( Conc. Ecum. Vat. II, Lumen Gentium 1 ), così la definisce il Concilio.

Di conseguenza la comunione e la missione sono le due facce della sua identità ( CCM 3 ) cioè del mistero della Trinità di cui è immagine nel cammino della storia.

Ma su questo ritorneremo in modo più approfondito nel prossimo incontro ( cfr. II Scheda ): per ora basti l’averlo ricordato in modo da partire dando ai termini l’esatto significato

A questo punto nasce un altro interrogativo: perché la missione oggi ossia la missione dentro un contesto che, come ci richiama il nostro Arcivescovo nella sua lettera pastorale, va verso una progressiva scristianizzazione ( Costruire Insieme p. 45 ).

La risposta, in sostanza, l’abbiamo appena data dicendo che la Chiesa è comunione e missione e il suo principio irrinunciabile è di essere ciò che è stata chiamata ad essere anche oggi.

Ma c’è un altro motivo che viene proprio dal contesto in cui viviamo, spesso privo di "baricentro" o di "riferimenti comuni e condivisi" per vivere la vita.

Proprio per questa mancanza non poche donne e uomini d’oggi si sentono interiormente spinti a riscoprire che il centro è il Vangelo di Gesù Cristo, l’unico Salvatore e che il Vangelo è la bella notizia dell’amore di Dio per tutti gli uomini, a cominciare dai più poveri.

Di conseguenza, una notizia così esplosiva e decisiva per l’esistenza dell’uomo, lo sviluppo della storia e la vita del mondo intero, va gioiosamente vissuta all’interno della Chiesa ma non si esaurisce al suo interno:

deve essere gioiosamente raccontata con la vita e le parole in ogni ambiente della vita quotidiana e alle persone che incontriamo sul nostro cammino.

In una parola: è necessario tornare a raccontare a tutti di Gesù e a "farlo conoscere ancora ([ cit. CEI]_ 20,21,25) perché Dio sia tutto in tutti ( 1 Cor 15,24.28 ).

La Chiesa "all’opera"

La Chiesa si riscopre mandata: come sempre, anche oggi è chiamata a "mettersi all’opera", consapevole che l’impegno per attuare la comunione-missione è dono di Dio.

Da Dio, infatti, ci è stata concessa la grazia di credere in Cristo e di vivere con lui, di appartenere alla Chiesa.

Di più: la fede che ci è stata donata coinvolge tutta la nostra persona – mente, cuore, azioni – e si esprime nell’incontro di tutta la nostra persona con la persona storica di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio che si è fatto uomo ed è morto e risorto per noi.

Noi, questo, lo sappiamo per certo non come frutto di un ragionamento umano, ma perché ci è stato detto gratuitamente da Dio ossia ci è stato Rivelato.

Di qui nasce, come ci ricordava don Ardusso ( cfr. Relaz Ardusso, all’indirizzo https://www.diocesi.torino.it/archivio/relardus.htm ), un’esigenza insopprimibile per il cristiano e per la Chiesa: vivere in continua ricerca dell’incontro con Dio, in Gesù Cristo, identificarsi con Lui come fece, ad esempio, l’apostolo Paolo il quale giunse a dichiarare: "Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me " ( Gal 2,20 ).

Questo stile di vita viene chiamata esperienza mistica.

In secondo luogo, proprio l’importanza della fede come comunione con Gesù e con Dio fanno della Chiesa il luogo della comunione secondo il disegno divino: "un’umanità radunata, dove la molteplicità non danneggia ma arricchisce l’unità, un’umanità riconciliata che vive del perdono di Dio e della donazione di Cristo nell’Eucarestia, un’umanità dove è possibile la convivenza e la comunicazione perché le differenze e i conflitti perdono il loro potere distruttivo e disgregante". ( Cfr. Relazione ).

Consapevole di essere "ferita" dal peccato

Se le cose stanno così allora è sensato ritenere che il primo problema su cui oggi è necessario interrogarci è la comunità cristiana perché siamo chiamati a "riconoscere quanto di non evangelico si può infiltrare nel nostro parlare, nel nostro agire, nel nostro celebrare, nelle nostre scelte, ecc" ( ibidem. ). Vivere così non è impresa facile perché la Chiesa e noi cristiani in essa, ci scopriamo toccati e feriti dal peccato e dalle conseguenze che ne derivano.

Con speranza però continuiamo nella missione perché sappiamo che il Signore sa di tale fragilità ed è pronto a donarci continuamente l’opportunità sacramentale di riconciliarci con Lui e con il prossimo in modo da non mirare a produrre segni di potere ma a confidare nel potere dei segni della sua misericordia.

2. Dove nasce la missione?

L’interrogativo è quanto mai interessante e la risposta va cercata proprio nella Parola di Dio.

La Parola di Dio

L’evangelista Giovanni la indica chiaramente quando dice: "Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi.

La nostra comunione è col Padre e col Figlio Gesù Cristo.

Queste cose ci scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta" ( Gv 1,1-4 ).

Il brano ci mostra con una immediatezza luminosa che la componente di ricerca e d’incontro con Gesù, che abbiamo chiamato mistica, non ci spinge verso una chiusura in noi stessi, nei propri gruppi, associazioni e movimenti di appartenenza, nelle stesse parrocchie…, ma ci proietta verso la missione: "quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi" ( v. 3 )

Anche nel caso dell’apostolo Paolo, è "la mistica che dischiuse il suo cuore per la missione, per il suo ‘farsi tutto a tutti, per guadagnare il maggior numero" ( 1 Cor 9,10 )" ( cfr testo allegato ).

Gesù stesso scelse i primi apostoli perché "stessero con lui" e "per andare a predicare e scacciare i demoni" ( Mc 3,14 ).

Come a dire che il fondamento, la condizione per l’apostolato è essere discepoli, ed essere discepoli comporta condividere in tutto e per tutto il destino di Gesù.

Da questa consapevolezza nasce, matura e si sviluppa la comunione-missione.

Maria ne è l’esempio più evidente:"Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola" ( Lc 1,38 ).

L’esperienza di Dio senza remore o paure

Le parole e i fatti con i quali raccontiamo di Gesù sono di fondamentale importanza ( Rm 10,14 ), ma l’annuncio nasce prima.

Si forma e cresce attraverso l’azione di Dio che in Gesù Cristo trasforma la vita di coloro che se ne lasciano plasmare.

Rinunciando a comunicare se stessi, entrano nell’esperienza di Dio

L’annuncio necessita dunque, come ha detto chiaramente il card. Ratzinger al convegno mondiale dei catechisti a Roma, durante il recente Giubileo, di una "espropriazione del proprio io, offrendolo a Cristo per la salvezza degli uomini".

Si tratta, prosegue Ratzinger, della " condizione fondamentale del vero impegno per il vangelo".

Solo chi ha conosciuto così il Cristo può capire questo bisogno e la gioia di annunciarlo.

La missione nasce dunque dall’azione evangelizzatrice di Gesù e dei dodici suoi primi apostoli (EN.15) consiste, in ultima analisi, nel prolungare in modo vitale l’azione di Gesù e della sua opera in favore della venuta del Regno nel mondo.

"Il Verbo ha compiuto la sua missione scendendo, calandosi in ogni nostra oscurità, con umiltà e con un profondo amore per gli uomini, per tutti noi peccatori.

Anche la Chiesa, allora non potrà seguire altra via che quella della kénosis per rivelare al mondo il Servo del Signore, l'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo" , come dicono i Vescovi italiani nell’ultimo loro documento pastorale ( CEI, n. 63).

Non è una delle tante attività della Chiesa che riguarda i non cristiani lontani ma è la sua stessa identità e vita della Chiesa.

Non va colta come "intrusione" nella vita altrui o peggio come "annuncio che limita la libertà" perché, come dice Giovanni Paolo II. " il rispetto della coscienza e della libertà non esclude ogni proposta di conversione"(RM. 4).

Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" ( Gaudium et spes 3 ).

3. È ancora attuale la missione?

La risposta a questa domanda l’abbiamo già data in positivo nella prima parte della nostra conversazione.

Ora l’accento però ritorna sull’aggettivo "attuale".

Esso, infatti, ci permette di precisare meglio il riferimento al contesto di scristianizzazione più volte richiamato nella lettera del nostro Arcivescovo "Costruire insieme".

La sensibilità del mondo in cui viviamo è segnata da una grande sete di libertà soggettiva: "si accetta ciò che privatamente si ritiene di poter assumere o credere come autentico" ( Cfr. testo allegato ).

È una cultura che comporta il primato del proprio punto di vista: ognuno ha il suo modello di vita, le sue esigenze, il suo modo di pensare.

"È l’emergenza dell’individuo, con la sua libertà e la sua coscienza.

Non si tornerà più ad una religione della costrizione e dell’obbligazione…

La Chiesa deve assolutamente prenderne atto" ( R. Rémond citato nella relazione Ardusso ).

Tutto farebbe dunque pensare che siamo giunti "al capolinea" per la comunione-missione.

Non c’è più posto per la comunione-missione nella cultura attuale?

La risposta è positiva se si parte da uno sguardo che, illuminato dalla Parola di Dio, "cerca di decifrare ( ossia discernere, ndr ) le reali possibilità che oggi emergono per la missione, lasciandoci sorprendere e anche mettere in questione dalle nuove realtà che facciamo fatica ad integrare" ( ibidem. ).

La valorizzazione della nuove possibilità di evangelizzazione è sottolineata anche dal nostro Vescovo con una frase lapidaria, ma ricca di conseguenze:

"È l’attenzione a quelli di fuori che fa maturare quelli di dentro".

Il che significa che in "quelli di fuori" c’è già una presenza di Cristo che attende di essere risvegliata, "una presenza cristica ( ossia ispirata a Cristo ) che chiede poi di diventare cristiana" ( Enzo Bianchi ).

La cultura attuale, così segnata da una gelosa difesa della propria libertà, sembra quasi richiedere la presenza di persone le quali, attraverso la gioia di essere credenti che esprimono, sono capaci di suscitare in "coloro che li vedono vivere domande irresistibili:

Perché sono così? perché vivono in tal modo? Che cosa o chi li ispira? Perché sono in mezzo a noi?

Ebbene, una tale testimonianza è già una proclamazione silenziosa, ma molto forte ed efficace della Buona Novella.

Vi è qui un gesto iniziale di evangelizzazione" ( EN n. 21 ).

Il mondo d’oggi ci mette in discussione, ma si lascia anche mettere in discussione da proposte di vita gioiosa e capaci di suscitare domande.

A noi spetta il compito di essere "sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi" ( 1 Pt 3,15 ).

"Nessuna ambizione terrena spinge la Chiesa; essa mira a questo solo: continuare, sotto la guida dello Spirito consolatore, l'opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito" ( Gaudium et spes 3, CEI, n. 64).

La Chiesa è chiamata, oggi più che mai, a svolgere la sua missione nel mondo, mettendosi in atteggiamento di servizio.

I vescovi del nostro Paese lo ricordano nell’ultimo loro documento pastorale: "Il Verbo ha compiuto la sua missione scendendo, calandosi in ogni nostra oscurità, con umiltà e con un profondo amore per gli uomini, per tutti noi peccatori.

Anche la Chiesa, allora non potrà seguire altra via che quella della kénosis per rivelare al mondo il Servo del Signore, l'Agnello di Dio che porta i peccati del mondo" ( CEI, n. 63).

Per maturare la comunione-missione

Si pensa ad un incontro di gruppo ai componenti del quale si possono porre le seguenti o altre simili domande:

Le esperienze che stiamo facendo in parrocchia o nei gruppi, nelle associazioni o movimenti ecclesiali di appartenenza sono decisamente orientate alla missione?

Quali opportunità e quali ostacoli intravediamo oggi nelle comunità di appartenenza e nei nostri ambienti di vita per realizzare la missione?

In che modo è possibile lavorare sempre di più insieme per attivare una pastorale di "qualità" più che buttarsi in molte ( troppe?! ) attività o inseguire le "ultime novità"?

Le risposte, opportunamente sintetizzate, verranno condivise in assemblea al termine dei lavori di gruppo.

Scelte operative

Sostanzialmente si può orientare la decisione operativa dei partecipanti attraverso le seguenti domande invitando ciascuno a rispondere personalmente:

Che cosa mi ha colpito in questa riflessione ossia che cosa mi porto via?

Che cosa dirò alla comunità su questo argomento?

Che cosa mi impegno a fare nelle comunità di appartenenza e nella mia vita quotidiana?

Pregare insieme

Si propone la preghiera recitando il salmo "se il Signore non costruisce la sua casa invano faticano i costruttori …."