Ez 28 contiene due profezie contro il principe di Tiro e il re di Tiro ( Ez 28,2.12 ), forse la stessa persona.
Mentre la prima profezia sembra descrivere qualcuno che governava la città di Tiro, la seconda profezia sembra descrivere un essere spirituale ( e in modo particolare Satana ).
Però la prima profezia contiene anche delle descrizioni di caratteristiche che sembrano di essere di un essere spirituale, e la seconda di una persona.
A chi quindi Dio sta parlando in queste profezie?
Ci sono diverse opinioni su questa questione.
Alcuni ritengono che sia sempre una profezia contro il re di Tiro, e che un linguaggio simbolico è usato per descriverlo.
Cioè, il re era orgoglioso, e si poteva descrivere il suo orgoglio descrivendolo con il "modello" dell'orgoglio, cioè Satana prima della creazione e in Eden.
Una variante è che il principe/re di Tiro rappresenta l'intera città.
Altri ritengono che sia sempre una profezia contro Satana, usando un linguaggio metaforico per descriverlo come un uomo, un uomo molto orgoglioso come il re di Tiro.
Altri ritengono che la prima profezia sia contro il re, e la seconda contro Satana.
La mia preferenza è per un'altra interpretazione.
Non posso dimostrare che è corretta, e anche le altre interpretazioni potrebbero essere vere.
Come le profezie nell'Antico Testamento della salvezza futura spesso hanno un doppio adempimento - della salvezza d'Israele dai suoi nemici che però risultava incompleta, e della salvezza perfetta di tutti dal peccato in Gesù Cristo - così anche questa profezia potrebbe avere un doppio significato.
Potrebbe parlare nel contesto storico del giudizio di Dio contro l'orgoglio del re di Tiro, e allo stesso tempo essere un esempio del giudizio di Dio contro l'orgoglio di Satana, che è il modello della condanna di ogni tipo di presunzione ( 1 Tim 3,6 ).
In ogni caso, anche se non possiamo essere sicuri a chi esattamente Dio sta parlando in questo brano, possiamo essere sicuri del messaggio: che Dio giudicherà tutti quelli che pensano di poter vivere come vogliono, di poter governare la propria vita, come se fossero il dio di se stessi.