Il Crocifisso nella casa del povero |
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Noi non vediamo mai senza una profonda emozione il Crocifisso nella soffitta del povero.
Là, sull'umido muro sgretolato, sta l'immagine del nostro amato Salvatore, sanguinando, nelle angosce supreme della morte; qui è il povero, sul suo giaciglio, pallido, scarno, tormentato dalle infermità, nella sua casa di sofferenza e di dolore.
E sembra che il Crocifisso dica al povero: « Non temere; tu soffrirai, ma sorgerai da acerbi tormenti ad una beatitudine eterna ».
Volga, fidente il povero.
Al ciel, che è suo, le ciglia
Con quale ardita e splendida, lirica, enfasi il Manzoni pone in risalto le parole: « Ch'è suo » - « Il Paradiso », egli par dire, « appartiene al povero per diritto ».
Non invero nel ricco, ma nel povero noi troviamo sulla terra l'immagine del nostro Salvatore; come Lui, egli è spesso rimproverato, disprezzato; come Lui, egli godrà la gloria del Cielo dopo aspre prove.
Il nostro Divin Maestro ci indicò questa verità nella parabola del ricco Epulone e di Lazzaro.
Osserviamo perciò sotto il suo umile esteriore la sua benedetta condizione, e adoriamolo, e facciamo del nostro meglio per sollevare il suo spirito ed alleviare le sue crude sofferenze.
Poiché qui invero è alcuno che divide la sorte che il Figlio di Dio scelse per Se stesso: la povertà; - qui è alcuno che non ha luogo ove posare il suo capo stanco, siccome Colui che disse: « Gli augelli hanno il loro nido, ma il Figlio dell'Uomo non ha pietra per posare il suo capo ».
Noi dobbiamo cercare di imitare il nostro Divin Maestro; ed il povero è già per disposizione della Provvidenza, nella migliore condizione per questo compito.
La povertà genera umiltà ed il dolore lo rende alquanto simile al Re dei Dolori.
Il ricco è temuto, e la sua voce assume il tono dell'orgoglio: se egli è contraddetto in alcunché, egli è proclive all'ira; il povero è disprezzato, le sue parole non sono tenute in alcun conto, e quindi egli è portato alla rinuncia; così egli acquista quei doni inestimabili: la pazienza e la mitezza.
L'Eterno Padre accetterà con tenerezza infinita le preghiere di coloro che rassomigliano in certo modo al suo Figlio bene amato.
Quando il povero, come spesso accade, è in tristissimo stato e fervidamente e con fiducia si getta ai piedi del Crocifisso, le sue suppliche ardenti ascendono come prezioso incenso al trono dell'Altissimo e le grazie che egli chiede per i suoi benefattori e per se stesso gli sono concedute.
Il povero è più esposto al soffrire delle altre persone; il freddo lo morde più acerbamente nella sua stanza umida, mal chiusa, senza fuoco; la vecchiezza significa per lui malattia, abbandono, morte di fame; ogni infermità, spesso non accudita, è per lui danno di morte, e la morte appare più terribile nella sua solitudine.
Egli è solo a combattere la lotta; egli è solo a portare la sua croce; ma gli Angeli sono certamente vicini a lui nella sua estrema desolazione, come lo furono a Gesù nelle angosce solinghe del Getsemani.
Resteremo quindi sordi alle sue implorazioni?
Saremo noi così induriti dalla superbia e dall'avarizia da non stendergli la mano ad aiutarlo?
Colui che disse: « Un bicchiere d'acqua dato in nome Mio non sarà dato invano », ricorderà il nostro aiuto.
Innalzando lo sguardo al Crocifisso, il povero può trarre un inesauribile conforto; quand'ei si sente dimenticato, considerato come nulla dal mondo crudele, egli deve pensare che per lui furono quelle Mani divine trafitte, per lui quella Fronte immortale incoronata di spine.
Quando la fame, il gelo, le ferite delle umiliazioni turbano il suo cuore stanco, egli può diminuire e calmare queste sofferenze contemplando un Dolore divino infinito.
E con quali occhi fulgidi di pietà e di amore il Crocifisso sembra guardare il povero!
« Venite a me », Egli dice, « o voi che siete afflitti, ed Io vi consolerò, Io soffersi, ed Io salii a Gloria Eterna; voi pure soffrite pazientemente e sarete innalzati alle gioie del Paradiso; colà ogni tormento finisce, ogni dolore sarà obliato, e voi godrete la felicità perfetta e infinita ».
Doniamo perciò generosamente al povero; solleviamolo nelle sue infermità con doni spirituali e materiali, e invitiamolo, quando lo vediamo triste e scoraggiato, a levar lo sguardo al Divin Maestro ed a dimenticare i suoi affanni in quel Dolore divino, che in sé racchiude una promessa certa di ineffabile gaudio eterno.
Federico Olivero