13 Maggio 1954 |
B141-A1
Più di una volta avevamo attraversato momenti di inquietudine angosciosa per il suo stato di salute.
« Fratel Teodoreto sta male! ».
Ce lo dicevamo gravemente l'un l'altro, a capo basso.
Ma, ogni volta, si trattasse di recidiva nefritica o di emorragia cerebrale, egli si era ripreso.
Magari incespicando, per un po', nel passo.
Magari impuntando, spesso, nella parola.
Ma si era ripreso. Sempre ripreso.
E pareva non si volesse dipartire mai, da noi.
Pareva ci volesse accompagnare ancora.
Anche se per se aveva eletto da tempo solitudine di preghiera.
Per stare più vicino e più a lungo con Dio.
Per propiziarci tutte le sue grazie, tutte le sue benedizioni.
Per abituarci a fare da noi, a vivere di vita nostra.
Salute permettendo, appariva regolarmente all'Unione, soltanto alle adunanze del sabato e straordinarie, ai ritiri d'ogni mese ed a quelli chiusi di ogni anno; ed al Collegio San Giuseppe, ad ogni chiamata di visita.
Mite, sereno, sorridente. Sempre.
Pure, un limite alla vita c'è per tutti.
E sarebbe venuta anche la sua ora.
Chi avrebbe potuto immaginare tuttavia che quell'ora tristissima sarebbe suonata proprio nei giorni che avrebbero dovuto essere festosi, per la celebrazione quarantennale della nostra fondazione?
Fu una mazzata. La festa si tinse a lutto. Fummo soli.
In un intontito sgomento. Attraverso prove più frequenti.
Tutto accettando da Dio con riconoscenza.
Serrandoci più forte gli uni agli altri.
Riprendendo il cammino con cadenza più tarda di passo.
Come avviene quando si sale per china più erta, per peso su spalle più curve.
Con gli occhi sempre fissi su lui. Sul nostro Padre e Fondatore, sul nostro Fratel Teodoreto.
Perché, se egli e stato sottratto alla vista dei nostri occhi, sia più vivo, più reale, più concreto, più definito che mai alla contemplazione dell'anima nostra.
Perché il suo passato si riproduca e riviva in noi ed attraverso noi.
Raccogliendo ogni memoria di lui, rivedendo ogni suo sorriso, riascoltando ogni sua esortazione, indagando ogni suo concetto, componendo la frammentarietà di ogni sua manifestazione, armoniosamente, in modo che apparisca evidente in tutto la sua unità, la sua fisionomia, il suo corpo spirituale.
Con gli occhi sempre fissi su lui. Come se fosse sempre davanti a noi.
Invisibile, certo. Ma invisibile della trasparenza della lente.
Perché ci faccia vedere più distinto e vicino il Crocifisso Salvatore Gesù.
Le esequie nella Cappella del Collegio San Giuseppe in Torino.