La scuola cattolica |
B205-A4
nel documento della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica
Il documento in questione è stato promulgato in data 19 marzo 1977 e pubblicato sull'Osservatore Romano il 6 luglio successivo.
Darne una sintesi organica sufficientemente indicatrice risulterebbe in questa sede impossibile per motivi di spazio.
Il presente, come molti altri testi vaticani e conciliari, spicca per una sua precipua densità, che fa di ogni parola la meditata vettrice di un concetto la cui soppressione o fusione a scopo di brevità comporterebbe spesso una indeterminatezza di significato ed un'eventuale sfasatura del messaggio non consona con le intenzioni di chi lo lanciò.
Pertanto più che una presentazione si vorrebbero esprimere qui solo alcuni rilievi che alla lettura emergono particolarmente urgenti.
L'idea che sottende tutta la trattazione ed affiora con significativa insistenza è quella di « formazione totale ».
Siamo evidentemente ad uno dei nodi essenziali del Cristianesimo e ad una di quelle peculiarità fondamentali che lo distinguono da qualsiasi altra concezione.
A parte singoli errori, le altre interpretazioni del reale peccano tutte di angustia: sono come la cartografia che può rendere un'immagine discreta del punto prescelto a centro focale, ma che deforma rapidamente quelli che man mano se ne allontanano, fino a giungere ad alterazioni grottesche.
Possono avere una certa forza per il frammento, ma vengono inesorabilmente oppresse dall'insieme.
Anche le teorie che si presentano come panoramiche dell'universo hanno limiti inconfessati ma riconosciuti, di cui si guardano bene di tentare il varco: esse si muovono in quadri rigidamente determinati da assiomi di confine: oltre non si guarda, perché quanto sta fuori farebbe inesorabilmente saltare quanto sta dentro.
Ed è un'autocensura particolarmente umiliante perché autoimposta; non ha neppure il conforto di una recriminazione che lamenti la violenza esterna: qui la schiavitù è liberamente accettata, intimamente sentita ed ufficialmente ignorata.
È la camicia di Nesso di tutti i materialismi di qualsiasi estrazione: forse sinceri, e quindi degni di umana comprensione, quando hanno la disinteressata indipendenza di una corrente d'opinione, deplorevoli per la loro intrinseca ipocrisia quando ostentano la loro provocante sicurezza nell'interessata struttura di un partito politico.
Solo il Cristianesimo abbraccia il tutto in una visione coerente che collega in maniera vitale le singole cellule senza contunderle e risolve i problemi sovente anche solo accostandoli nella relazione più naturale.
Esso solo ignora l'intimazione non plus ultra; anzi, esso solo trova in questa limitazione il suo più pericoloso nemico.
I quesiti che vertano sulla materia e sullo spirito, sulla vita e sulla morte, sul successo e sul dolore, sulla ragione e sulla fede, sulla storia e sulla società, sul singolo e sulla collettività, sull'immanenza e sulla trascendenza … non possono venire organicamente composti altrove.
Qui non ci sono barriere insuperabili, c'è piuttosto l'obbligo di non arrestarsi prima di averle tutte sormontate: l'unica tregua consentita si colloca alle soglie dell'infinito, dove però la sosta non è precetto ma esaurimento delle forze propulsive.
Questi gli sterminati orizzonti della cultura cattolica e quindi della scuola che l'approfondisce, la sistema, la trasmette.
Chi l'ha accusata di « ghetto » - e quali sono le enormità che qualche cattolico « progressista », ammiccando a sinistra, non abbia sparate fuori? - ha dimostrato solo quanto corta fosse la catena del suo guinzaglio.
Non esistono scoperte autentiche indifferenti o avulse o ostili al Cristianesimo, perché esso ha il culto della Verità ed ogni verità settoriale è pure un brandello che potenzialmente aspira a quella complessiva.
L'imperativo è tutto conoscere, perché il mondo, tanto fisico quanto storico o psicologico, è una rivelazione, indiretta ma precisa, di Dio: ogni fenomeno porta la sua firma ed ogni legge è una proiezione del suo pensiero.
La perfetta scuola cattolica deve perciò essere animata da un fervido entusiasmo per la ricerca culturale volta in tutte le direzioni della rosa dei venti; da ogni punto le giunge un richiamo, la cui eventuale orizzontalità non è altro che la rifrazione di un raggio originariamente sceso verticale.
La dedizione piena dì volonteroso spirito di sacrificio che la scienza richiede, quando non è miope, è un alto ascetismo e l'attenzione tesa ad evidenziare le tracce del vero dovunque improntate è una muta ma intensa preghiera.
Si capisce perciò quanto sia aliena dalla scuola cattolica la strumentalizzazione delle scienze a scopo in qualsiasi modo apologetico ( nn. 38-39 ): sarebbe una stortura e come tale non solo mutile, ma controproducente agli scopi prefissi; sarebbe una tentazione alla quale potrebbero soccombere solo individui incapaci di superare la prima foschia ed inetti agli sguardi dominatori delle distanze.
Ora il Cristianesimo è, per sua intima natura, sincerità, perché emana dalla verità assoluta; non ha nulla da nascondere, perché non ha impotenze segrete; non si urta con la realtà, perché fede e mondo provengono, seppure per vie diverse, dalla medesima fonte.
Il linguaggio della scienza - che coincide necessariamente con quello degli scienziati - è di per sé corroborante, ma non è di per sé fecondo.
La conoscenza è indispensabile ad un'alta vita spirituale, ma non le è sufficiente: tra il cervello ed il cuore si può anche stabilire una frattura che intaserebbe il flusso animatore.
La dottrina si arresterebbe a scienza senza trapassare a sapienza e sarebbe la sua sterilizzazione; nata per generare la vita, essa finirebbe per produrre la morte, come insegna l'esperienza militare e perfino ( sono notizie proclamate da una solenne assise internazionale ) quella psichiatrica che, sorta per debellare le turbe psichiche, a certe latitudini si trova ad inculcarle.
Per la scuola cattolica istruzione è educazione ( cfr. n. 29 ), il che vuoi dire fare di ogni nozione un'illuminazione che faciliti l'orientamento, rischiari la scala dei valori, indichi con sicurezza le vie giuste, produca le forze per percorrerle fino alla meta più alta e più valida.
Educazione è coerenza tra idee e prassi e perciò è lo stabilimento di una vigorosa salute psicologica e morale.
Il primo agente di smantellamento spirituale dell'uomo è infatti la divaricazione tra mente ed azione, così come la causa essenziale della sua miseria è la carenza intellettuale che non ne feconda l'opera, il motivo della sua insoddisfazione è un astrattismo che non riesce a tradursi nei fatti ed il principio più comune dei suoi fallimenti è l'insufficiente concentrazione delle potenze intellettuali sugli obiettivi prestabiliti.
Educare per la scuola cattolica è tradurre in atto la potenziale autonomia dell'individuo.
La vocazione per il cristiano consiste nella formazione di una personalità progressivamente più cosciente e più salda, in grado di resistere alla « massificazione » e di compiere « scelte libere e giuste » ( n. 31 ).
In fondo si tratta di non lasciarsi tanto stordire dal frastuono delle passioni e degli interessi abilmente e spregiudicatamente manovrati da non riuscire più ad udire l'appello che risuona dall'alto: la somma realizzazione dell'uomo consiste infatti nel percepire quella voce e nel risponderle.
Il nostro destino si compendia in un sì o in un no a Dio, e la nostra alternativa s'incentra nell'effettuare nelle nostre persone il progetto iniziale divino o nel rifiutarlo.
Ovviamente, piantato alla biforcazione di questo bivio, si trova Gesù, che da Verbo eterno si è trasformato in Cristo, per venirci incontro lungo la strada della storia.
Egli è l'Assoluto che assomma la totalità dei valori ed è il Redentore: fine dell'incontro che Egli provoca con noi è la salvezza, punto di confluenza del tempo e dell'eternità, della misericordia divina e detta libertà umana, sovrana rivalsa sul disfacimento della tomba.
Il rispondere implica però l'ascolto di una chiamata e quindi la trasmissione di una catechesi « impartita nella scuola in maniera esplicita e sistematica » ( n. 50 ).
È la rivelazione che fa da convalida suprema, autenticando gli apporti delle discipline specifiche mediante un'unificazione che ne impedisce una dispersione la quale le inaridirebbe.
Essa conferisce un'anima a quelle tecniche che potrebbero anche scadere a semplice corpo ed alza al sublime una traiettoria che altrimenti ricadrebbe a terra dopo breve tragitto.
La sua parola, imbibita d'eterno, possiede una straordinaria efficacia nobilizzatrice: essa sola conferisce a chi l'accoglie un senso di pienezza e di validità massimamente corroborante.
Ed è di questa proposta che la scuola cattolica deve farsi trasmettitrice convinta ed appassionata: i suoi « compiti si polarizzano nella sintesi tra cultura e fede e tra fede e vita » ( n. 37 ).
Da ciò appare quanto sia superficiale, inconsistente e strumentalizzata l'attribuzione che certi cattolici ( ? ) rifilano alla nostra scuola come di supplemento alle inadempienze statali e, di conseguenza, destinata ad essere eliminata a mano a mano che lo stato si assume direttamente il compito formativo, vile gruccia da usare in attesa che guarisca la gamba e poi da buttare.
Non parrebbe necessaria un'eccessiva acuzie mentale per comprendere che lo stato non può educare ( significativamente fu il fascismo a conferire tale denominazione al Ministero interessato ), perché l'educazione presuppone un modello umano il quale non può essere fornito se non da un completo prospetto di valori: ora, questo può essere proposto ma mai imposto, sotto pena del più cupo dispotismo.
Il compito di redigere un tale programma è riservato alla religione o al massimo, se vogliamo attenerci ad un terreno meticolosamente laico, alle scuole filosofiche, ma in nessun caso alla politica: le religioni e le filosofie si possono scegliere, lo stato non lo si può respingere: un suo rifiuto si configurerebbe subito come tradimento o almeno come reato di asocialità.
Lo stato deve quindi garantire la libertà di offerta a tutti i sistemi religioso-morali che non siano evidentemente deleteri ed eversivi di beni semper, ubique, ab omnibus riconosciuti come validi e positivi, ma non può avere una propria ideologia: diventerebbe immediatamente tiranno, come è inequivocabilmente dimostrato dai tre esiti ( fascista, nazista e comunista ) in cui sfociò storicamente lo stato etico di radice hegeliana.
Lo stato potrebbe, teoricamente, al massimo istruire, ma è attuabile un'informazione così asettica che si esaurisca in una comunicazione di fatti depurata da ogni loro interpretazione?
Si può restare neutrali davanti agli eventi umani, come lo si può dinanzi a quelli fisici, chimici, matematici?
Educazione per lo stato equivale quindi a sopraffazione; se la tenta non compie un dovere, prevarica dalla sua natura.
Totalmente diversa è invece la posizione della Chiesa, che ha come mandato istituzionale quello di ammaestrare tutte le genti sulla persona e sull'insegnamento di Cristo, invitandole ad un'intimità di vita con Lui mediante la grazia conferita soprattutto dai sacramenti.
Essa offre una visione unitaria di tutte le cose transostanziandone la transitorietà su di un piano di perennità, colloca ogni fatto in una prospettiva che s'appunta in un'infinita Paternità d'amore, porge ad ogni sentimento la possibilità di fiorire al di sopra della povertà ontologica terrestre.
L'essenza della Chiesa è soteriologica: sua missione è di superare il male, sotto qualsiasi forma, per condurre ad un bene che è anche gioia, serenità, pace.
Questa sua visione comprende tutti gli aspetti della realtà e pertanto include tutte le scienze: non ha bisogno di torcerle per farsene rendere testimonianza, le basta cogliere i risultati ottenuti con il più severo rigore di metodo.
L'ateismo non c'è nelle cose, c'è solo nelle volontà; caeli enarrant gloriarli Dei: al cristiano basta porgere l'orecchio alla loro armonia, toccherà al miscredente stonarla.
L'atmosfera cristiana che permea profondamente la scuola cattolica non si urta quindi con la ricerca scientifica, ne forma invece piuttosto l'humus più fertile per la sua germinazione; lungi dall'ingenerare scrupoli ansiosi, pone la mente a suo pieno agio e la stimola: « La scuola cattolica contribuisce infatti a liberare l'uomo » ( n. 55 ).
A tutti gli uomini di tutti i tempi essa esibisce una chiave di lettura della loro epoca che non li estrania dal loro tempo, ma li avvia a sublimarsi nel raggiungimento definitivo di Dio.
La Chiesa s'incarna in tutte le civiltà pur trascendendole e così fa la sua scuola: la sua modernità è contemporaneità a tutte le generazioni; non ne può omettere nessuna, perché tutte ne hanno bisogno e ne hanno diritto: in ognuna troverà sempre adesioni come incontrerà sempre dinieghi.
Alla medesima stregua di Dio, la Chiesa e la scuola cattolica si fermano dinanzi alla libertà di ciascuno: un dono non può essere imposto, si snaturerebbe immediatamente in prepotenza; il regalo implica la possibilità di rifiuto: è lo scacco a cui è soggetta la scuola cattolica, perché vi è soggetto Dio stesso.
Chi gliene fa colpa e traduce le incorrispondenze in imputazioni dimostra una mentalità sorprendentemente elementare, priva della consapevolezza di base che l'uomo ha il tremendo potere di dire di no alla grazia.
La parabola del banchetto di nozze disertato dagli invitati valica la storia in una perenne attualità acronica.
La scuola cattolica produrrà sempre, accanto ai seguaci di Cristo, anche i suoi oppugnatori: ma questa non è una reazione alla scuola, è una reazione a Lui: sua sorte, profetizzata fin dalla nascita, fu di essere « posto per la caduta e la resurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione » e questo destino si protrae immutato nei secoli.
Dinanzi a Lui ci sarà sempre chi se ne va, come ci sarà sempre chi gli riconosce l'esclusiva delle parole di vita eterna.
Ogni albero, mentre curva i suoi rami sotto il carico di innumerevoli frutti maturi, cosparge pure il terreno ai suoi piedi di aborti intristiti: è legge di natura, confermata dall'esperienza.
Proponendo una scelta, la scuola cattolica edifica una comunità.
E antichissima intuizione classica che l'identità di voleri comporta un'amicizia, la quale spinge, per forza endogena, ad un'aggregazione che fornisce insieme difesa, conforto, approfondimento, confidenza.
La concordia nell'impostazione e nella soluzione dei massimi problemi fa germinare un'affinità che si estrinseca necessariamente in un impulso all'incontro.
Secondo i rigidi censori della scuola cattolica ciò sarebbe legittimo in tutti i campi, tranne che in quello educativo.
Qui dovrebbe valere l'atomizzazione, con conseguente dispersione nella scuola statale.
Altrove - sempre - l'unione fa la forza, qui, nella fattispecie, la forza sarebbe fatta dalla frantumazione.
Certe alzate d'ingegno appaiono, anche a prima vista, così bizzarre da suscitare il sospetto che siano soltanto goffi paraventi di intenzioni che non si crede opportuno esplicitare.
Gli alfieri della demolizione della scuola cattolica per travasarne i corpi docenti in quelle di stato si direbbero stranamente destituiti di senso pratico: vogliono rimediare all'immenso caos dell'apparato scolastico statale o vogliono semplicemente distruggere quello ecclesiastico affogandolo nell'altro?
Non si rendono conto che la « tenuta » della scuola cristiana è il frutto logico di quei principi che essa inalbera a suo motivo vitale e che la scuola statale ha spesso ufficialmente ridotti al silenzio sotto una lunga prepotenza di evidentissima e dichiarata impronta radical-marxista?
Il tanto sbandierato pluralismo qui si ridurrebbe al più ferreo singolarismo?
Tutti i cittadini dovrebbero ad ogni costo adeguarsi a quell'unico piatto servito: in che cosa quest'inflessibile uniformità si diversifica dall'assolutismo?
Ai soli cattolici sarebbe preclusa una proposta genuinamente loro?
Non sarebbe loro lecito tracciare un disegno completo della loro visione?
Dovrebbero accontentarsi di farlo a malapena trapelare tra le fessure di un edificio altrui?
Perché impacciarne i movimenti in un intrico estraneo?
Perché coartare quella libertà che ha portato frutti così copiosi come, obtorto collo, sono costretti ad ammettere anche i loro più settari antagonisti?
Non si dica poi - per pudore - che la molteplicità contrastante di impostazione ideologica nei docenti favorirebbe la più larga possibilità di scelta negli studenti, perché in menti ancora inesperte e totalmente sfornite di attrezzature critiche e di documentazione, come sono per definizione gli alunni, quella ridda di sistemi opposti concilierebbe assai più la confusione, lo smarrimento e quindi lo scetticismo.
L'universalità del cristianesimo, la sua immensa ampiezza d'orizzonti hanno tutto da perdere ad una presentazione spezzettata e sconnessa, quale conseguirebbe ad un insegnamento privo di qualsiasi organicità.
Un messaggio vivente va esposto intero: smembrato si riduce a cadavere.
È chiaro che con ciò non si contesta affatto l'apostolato dei cattolici nella scuola di stato, anzi lo si benedice con la più profonda convinzione, ma esso deve essere integrazione alla scuola cattolica, non sua soppressione: bisogna aggiungere, non togliere; le posizioni abbandonate non sono pressoché mai ricuperate; le ritirate strategiche sono ben poveri schermi alle tappe di una sconfitta.
Che spirito di abdicazione in tanti riformatori!
Quanto poi a coloro che si stracciano le vesti dinanzi alle rette delle scuole cattoliche denunciandole come classiste e sospirano che si rivolgono solo agli abbienti - classe alla quale, del resto, essi appartengono tutti e, pare, senza torturanti rimorsi - verrebbe da chiedere se non si avvedono dello stravagante dogmatismo preconcetto per cui chiedono la soppressione della scuola cattolica a pagamento diretto invece di chiedere la soppressione del pagamento diretto alla scuola cattolica!
Quali campagne ( cfr. n. 82 ) questi profeti che si sono autoinvestiti del carisma di coscienza ecclesiale hanno promosse per ottenere quest'elementare atto di giustizia e di uguaglianza civile?
Non trovano che la strìdente disparità di condizioni finanziarie rende beffarda l'equipollenza di trattamento garantita dalla Costituzione Italiana a tutti gli alunni?
Non rilevano l'anomalia che l'Italia sia l'unica nazione della Comunità economica europea a respingere con disdegnoso dispetto l'apporto privato al ministero educativo pubblico?
O interpretano questa nostra romita solitudine come documento che tutti gli altri ( ma proprio tutti … ) sono dei bigotti retrogradi, privi del senso della dignità dello stato, al cospetto dei quali eccelle, per superiore genialità di concezione, la nostra fulgente sapienza civile?
Non provano un brivido d'inquietudine alla prospettiva di negare a larghissime schiere di giovani la comunicazione del Vangelo in nome di altri meno favoriti?
Siccome talune località sono raggiungibili solo attraverso ad erti sentieri, è il caso di far saltare tutte le ampie strade che conducono ad altre?
Soluzione preconizzata è di togliere a chi ha, invece di dare a chi non ha?
Che comoda miseria rinunciataria!
Ma si sa che la lotta contro la scuola cattolica non è che un settore del più largo fronte d'attacco che investe ostilmente tutte le istituzioni della Chiesa.
Questa dovrebbe ripudiare qualsiasi strumento amplificatore della sua voce per ridarsi ad un sommesso bisbiglio travolto dal frastuono altrui e quindi da nessuno raccolto e destinato alla più sicura sterilità.
Stringi stringi, certo progressismo che si pretende evoluto è solo intinto di uno stantio laicismo che non mira ad altro che ad obbligare la Chiesa al silenzio: non si nega la predicazione del Vangelo, la si rende nel fatti impossibile.
Il neroniano non licet esse vos viene ammodernato in un non licet loqui vos che, per chi ha la missione dell'araldo, è la medesima cosa.
Nell'insieme non è poi una gran novità: è quanto hanno sempre voluto, ieri ed oggi, tanto il liberalismo quanto il marxismo.
Eterna disdetta degli avanguardisti cattolici di arrivare sempre in ritardo, di accodarsi proprio quando si credono in testa, di raccogliere, vibranti di commozione, i cascami altrui!
I tempi sono duri, ma ciò non significa che non siano belli: la bonaccia è comoda, ma è sfibrante; la tempesta è rischiosa, ma spronando a tendere tutte le energie, da ai forti la possibilità ed il senso della vittoria.
Sono forti gli educatori cattolici?
Certo non sono al coperto da subdole tentazioni: « Ciò che spesso manca ai cattolici che operano nella scuola è forse fondamentalmente una chiara coscienza dell'identità della Scuola Cattolica stessa, e anche il coraggio di assumere tutte le conseguenze derivanti dalla sua differenza rispetto alle altre scuole » ( n. 66 ).
Identità e differenza paiono in contrasto, mentre sono un binomio logico: la scuola cattolica, come la Chiesa di cui è organo, è contrassegnata dall'esposizione all'astio e dalla carica di salvezza che sono la legge dell'Incarnazione.
L'innesto del divino sull'umano sia sul piano ontologico che su quello culturale comporta scandalo e scatena ostilità: « Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi ».
A queste bufere la Chiesa ha una lunga abitudine, a cominciar da quella che infuriò sul lago di Genezareth, e, parallela, ha un'altrettanto lunga tradizione di superamento: « Non prevarranno »: lo ha detto chi fece da pilota e si rivendicò il titolo di Maestro.
I docenti cattolici hanno la certezza di « non fallire a glorioso porto », alla sola condizione di credere con una fede inconcussa e gioiosa in chi li inviò.
Qui, come sempre nella Chiesa, i pericoli di crolli nascono dal logoramento interno, non dagli assalti esterni: lo spirito può morire, non lo si può uccidere.
« Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandate a voi.
Ed ecco, io sono con voi tutti giorni sino alla fine del mondo ».
Dinanzi a questi accenti come suonano sfocati ed afoni quelli elusivamente contrari.
Qui è piantato il fondamento della scuola cattolica, come lo è della Chiesa: in circa venti secoli tale basamento non ha denunciato incrinature: tutto sta a starci, animosamente saldi, sopra.
Fr. Enrico