La S. Sindone a Torino |
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La città di Torino si appresta a celebrare il compimento dei quattrocento anni dall'arrivo della S. Sindone a Torino, dove essa trovò, dopo tante peripezie, una sistemazione che speriamo definitiva, nell'artistica cappella costruita appositamente, e dopo l'incarico di custodirla, dato ufficialmente dal legittimo possessore, il re Umberto II di Savoia all'Arcivescovo di Torino, per cui lo stato di fatto ora è anche una posizione giuridica regolare.
È un grande dono che la Provvidenza di Dio ha fatto alla città di Torino.
Inutile domandarsi se Torino ne fosse degna: i doni di Dio sono sempre gratuiti.
Piuttosto, dopo di aver ringraziato il Signore di questo dono è necessario ripiegarsi su questo incomparabile documento della passione di Gesù, che venne chiamato giustamente un quinto Vangelo, che riceve luce dal Vangelo, ma che sul racconto evangelico della Passione riflette anche tanta luce.
Proprio come faceva S. Carlo Borromeo, al quale dobbiamo il trasferimento della S. Sindone a Torino.
Il Santo Cardinale aveva fatto voto di pellegrinare a piedi fino a Chambery, dove allora la S. Sindone era conservata, se il Signore avesse allontanato dalla sua Diocesi il flagello della peste e la mattina del 6 Ottobre 1578 era partito dal Duomo di Milano con un gruppetto di accompagnatori, decisi ad attraversare le Alpi.
Senonché il Duca di Savoia, Emanuele Filiberto, per abbreviare i disagi al Santo Cardinale, per cui nutriva ammirazione e devozione, aveva fatto trasportare segretamente la S. Sindone a Torino e qui la poté venerare S. Carlo.
Le celebrazioni furono solennissime e durarono tre giorni, durante i quali il Santo Cardinale poté soddisfare la sua devozione.
Poi egli fece ritorno a Milano, mentre invece la S. Sindone rimase a Torino, dove ormai Emanuele Filiberto aveva trasportato la capitale dei suoi domini.
I canonici francesi protestarono invano per riavere l'insigne reliquia.
L'eco di queste celebrazioni fu grandissimo.
Nella Chiesa di S. Carlo a Torino la grande icona dell'altar maggiore rappresenta appunto S. Carlo in adorazione davanti alla S. Sindone.
A Torino, oltre all'artistica cappella del Guarini, annessa al Duomo, dove la S. Sindone è custodita e venerata, esiste un'altra chiesa dedicata ad essa, col titolo di "S. Sudario" e fuori Torino varie chiese hanno dedicato a essa un altare, tra cui la parrocchia del mio "nativo borgo selvaggio".
Purtroppo un parroco più intraprendente che sapiente lo fece demolire per sostituirlo con un altro dedicato a S. Giovanni Bosco.
Non pare superfluo osservare che a Torino è sorta la "devozione a Gesù Crocifisso" per opera di Fra Leopoldo Musso o.f.m.
È chiaro che la divina Provvidenza la quale governa il mondo ed è particolarmente presente nella sua Chiesa vuole richiamarla più decisamente alla contemplazione dei patimenti di Gesù e alla tremenda morte di croce con cui Egli ci ha voluto redimere.
Questo richiamo si è fatto più insistente ai nostri giorni, giacché si può dire che oggi la S. Sindone è stata riscoperta.
Infatti è stata la fotografia a rivelarla completamente ed è soltanto attraverso la fotografia che la si può studiare minutamente e che si è potuto mirare il volto autentico di Gesù Crocifisso.
La Chiesa ha sempre tenuto vivo il ricordo della passione di Gesù, non solo attraverso la S. Messa, che ne è il memoriale perenne, ma anche nella devozione privata, espressa in vari modi, come ad esempio la Via Crucis.
Lungo i secoli sono sorti dei grandi mistici che hanno rivissuto nel loro corpo e nella loro anima, nel modo e nella misura loro concessa, come S. Brigida, S. Francesco d'Assisi, S. Caterina da Siena, la Beata Angela da Foligno, Caterina Emmerich, Gemma Galgani, ecc. la passione del Signore, fino a riceverne le stigmate.
Ad essi il Signore confidò pure qualche cosa delle sue sofferenze morali e delle sue angosce.
A cominciare dal Gethsemani Egli fu abbandonato ad uno sconforto inaudito, ad un'oppressione tale come nessun uomo ha mai provato, conseguenza dell'oscuramento drammatico della coscienza della sua comunione con il Padre, abisso misterioso di sofferenze dovuto al peso di tutti i peccati del mondo, da cui il Padre rivolse lo sguardo.
Nella Sindone non appare nulla di tutto questo, ma solo lo strazio dei patimenti fisici; anzi neanche completamente di questi, per esempio la fame e la sete, poiché Gesù rimase almeno 60 ore senza assaggiar nulla, e la sete, acuita dalla perdita di sangue divenne così ardente che Egli se ne lamentò.
Tuttavia quello che la S. Sindone ci rivela e quello che ci fa indovinare è così impressionante da scuotere chiunque vi si sofferma.
Ed è proprio questo lo scopo dell'estensione, per cui la S. Sindone non deve essere oggetto di curiosità o di ricerche erudite, ma occasione di incontro con il Signore per conoscer meglio quanto ci ha amati e ci ama, quale tremenda responsabilità comporta il peccato, quel peccato che gli uomini commettono con tanta leggerezza e con tanta malizia.
Per molta gente Iddio è come se non esistesse. Peggio: è il peggior nemico da combattere con tutti i mezzi.
Ad una simile aberrazione intellettuale e morale l'umanità non era mai giunta.
Ma Dio c'è, e non solo si fa sentire nell'intimità, alla coscienza di ogni uomo.
Egli ha voluto anche discendere in questo mondo e diventare uomo e assumere davanti al Padre tutte le responsabilità degli uomini: « la luce vera che illumina ogni uomo venne in questo mondo … il Verbo si fece carne e si attendò fra di noi … e noi lo abbiamo contemplato con i nostri occhi e toccato con le nostre mani …
Egli portò nostri peccati sul suo corpo sul legno della croce … in virtù delle sue piaghe siamo stati risanati ».
Tutto questo è come scritto sulla S. Sindone, mirando la quale la nostra natura umana, bisognosa di segni sensibili entra in comunicazione con il suo Signore e Redentore, contempla il dramma della propria salvezza e si rende consapevole dei propri disordini morali, della sua ingratitudine verso Dio e della necessità di riparare con una autentica vita penitente.
È questo il frutto auspicato dalle prossime celebrazioni e delle preghiere che si innalzeranno a Dio e a cui tutti sono insistentemente chiamati a partecipare, affinché la redenzione di Gesù si applichi con particolare efficacia a questa nostra società così disordinata e desolata.