Il discorso del Papa a Jasna Gòra

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É necessario il lavoro - lavoro multiforme, dell'intelletto e delle mani - perché l'uomo possa compiere la magnifica missione che il Creatore gli ha affidato, missione che il libro della Genesi esprime con la parole: « Soggiogate e dominate ( la terra ) ».

La terra è affidata all'uomo, e, attraverso il lavoro, l'uomo la domina.

Il lavoro è anche la dimensione fondamentale dell'esistenza dell'uomo sulla terra.

Per l'uomo il lavoro non ha soltanto un significato tecnico, ma anche etico.

Si può dire che l'uomo « assoggetta » a sé la terra quando egli stesso, col suo comportamento, ne diventi signore, non schiavo, ed anche signore e non schiavo del lavoro.

Il lavoro deve aiutare l'uomo a diventare migliore, spiritualmente più maturo, più responsabile, perché egli possa realizzare la sua vocazione sulla terra, sia come persona irripetibile sia nella comunità con gli altri, e soprattutto in quella fondamentale comunità umana che è la famiglia.

Unendosi insieme, l'uomo e la donna, proprio in questa comunità, il cui carattere è stato stabilito dallo stesso Creatore sin dagli inizi, danno vita a nuovi uomini.

Il lavoro deve rendere possibile a questa comunità umana di trovare i mezzi necessari per formarsi e per mantenersi.

La ragion d'essere della famiglia è uno dei fondamentali fattori che determinano l'economia e la politica del lavoro.

Questi ultimi conservano il loro carattere etico, quando prendono in considerazione i bisogni della famiglia e i suoi diritti.

Mediante il lavoro l'uomo adulto deve guadagnare i mezzi necessari per il mantenimento della propria famiglia.

La maternità deve essere trattata nella politica e nell'economia del lavoro come un grande fine e un grande compito di per se stesso.

Con essa è legato infatti il lavoro della madre, che partorisce, che allatta, che educa, che nessuno può sostituire.

Nulla può sostituire il cuore di una madre, che in una casa sempre è presente e sempre aspetta.

Il vero rispetto del lavoro porta con sé una dovuta stima per la maternità, e non può essere altrimenti.

Da ciò dipende anche la salute morale di tutta la società.

Mi conviene oggi benedire la Divina Provvidenza, ringraziandoLa perché in questa terra l'enorme sviluppo dell'industria - sviluppo del lavoro umano - è andato di pari passo con la costruzione delle chiese, con l'erezione delle parrocchie, con l'approfondimento e il rafforzamento della fede.

Perché lo sviluppo non ha implicato la scristianizzazione, la rottura di quella alleanza, che nell'anima umana devono concludere lavoro e preghiera, secondo il motto dei benedettini « ora et labora ».

La preghiera, che in in ogni lavoro umano apporta il riferimento a Dio Creatore e Redentore, contribuisce nello stesso tempo alla totale « umanizzazione » del lavoro.

« Il lavoro esiste … affinché si risorga » ( C. K. Norwid ).

L'uomo appunto, che per volere del Creatore è stato chiamato, sin dall'inizio perché soggiogasse la terra mediante il lavoro, è stato creato altresì ad immagine e somiglianza di Dio stesso.

Egli non può in altro modo ritrovare se stesso, confermare chi egli sia, se non cercando Dio nella preghiera.

Cercando Dio, incontrandosi con Lui mediante la preghiera, l'uomo deve necessariamente ritrovare se stesso, essendo simile a Dio, non può ritrovare se stesso altrimenti se non nel suo Prototipo.

Non può, attraverso il lavoro, confermare il suo « dominio » sulla terra, se non pregando contemporaneamente.

( da L'Osservatore Romano )

Queste brevi considerazioni che il Papa dedica al lavoro nella grande industria moderna sono tutt'altro che ovvie e valgono per tutte le forme in cui si esplica l'attività umana.

Anzitutto ne affermano la nobilita, come collaborazione all'opera di Dio, mezzo di sostentamento, di elevazione spirituale della persona e condizione di sviluppo sociale.

La legge del lavoro fu stabilita fin dall'inizio del mondo, come continuazione e sviluppo della creazione, in cui l'uomo, nell'esercizio delle sue facoltà, trovava soddisfazione e ricavava tutto ciò che gli occorreva per vivere e progredire.

La fatica e la pena erano ignorate e vennero solamente dopo, quale conseguenza del disordine morale, poiché vi è una stretta correlazione tra moralità, piacere e pena.

Ma mai come oggi, soprattutto attraverso l'industria, il lavoro ha assunto uno sviluppo e un'importanza così determinante.

Il Papa Paolo VI auspicava che la civiltà odierna potesse dirsi la civiltà dell'amore.

E speriamo vivamente che l'auspicio si realizzi.

Quello che si può dire realizzato senz'altro è che la civiltà del nostro secolo è caratterizzata dal lavoro, specialmente nell'industria.

E i relativi problemi sono diventati problemi nazionali, anzi internazionali.

E non solo di carattere economico-sociale, ma anche politico, morale, religioso.

I nemici di Dio hanno eletto proprio il mondo del lavoro come loro feudo e loro campo di lotta, approfittando della sua debolezza.

Il Papa ha potuto affermare con compiacenza che in Polonia lo sviluppo dell'industria non è avvenuto a detrimento della fede; ma in quali altre nazioni si potrebbe dire altrettanto?

Eppure Gesù fu un operaio e faticò quasi tutta la vita con il suo padre putativo in un duro lavoro manuale, e i suoi apostoli traevano da vivere passando le notti a pescare nel lago.

É stata proprio la chiesa a valorizzare il lavoro e a nobilitarlo: i pagani ne rifuggivano, lasciandolo alle plebi ed agli schiavi.

E nessuno possiede una dottrina così ricca e così esaltante sul lavoro umano, anche se questa dottrina è ancora suscettibile di sviluppo.

Essa non contempla solo il lavoro fisico, ma tutta l'attività umana in qualsiasi campo di applicazione.

Lo Chautard nella sua opera ormai classica « L'anima dell'apostolato » distingue tre specie di lavoro: il lavoro fisico, il lavoro intellettuale e il lavoro spirituale, cioè quello che l'uomo compie per dominare se stesso e uniformare la sua vita interiore secondo Dio.

Dei tre il meno duro è il primo.

Il più duro è il terzo. Chi non è persuaso ci si provi.

Ed è anche quello che non consente mai di andare in pensione.

Sul suo letto di morte S. Ignazio di Lojola segnava ancora i risultati dell'esame particolare.

Il riposo si godrà solo nell'altra vita; ma non sarà inazione, bensì la pienezza di una attività beatificante.