Laici e santità

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Beato Contardo Ferrini

« Noi cattolici che abbiamo la fortuna, non per i nostri meriti, ma per una speciale misericordia del Signore, di mantenere saldi i principi della fede, procuriamo di diffondere il regno di Lui, almeno con l'apostolato della preghiera e dell'esempio ». ( Lettera a Ettore Cappa ).

« Chi fa compagnia a Cristo fra il mondano dissipamento e raccoglie nell'anima sua quelle stille preziose ( di sangue ) in cui è la salute e la vita, costui vincerà ». ( Contardo Ferrini ).

Contardo Ferrini: un docente, un professore di Diritto all'Università.

Un uomo che ha vissuto una normale esistenza di giovane studente, di universitario, di insegnante, attraverso le comuni vicissitudini che tale esistenza comporta.

E non fu neppure una lunga vita.

In questa situazione fu ed è un grande, perché affronta la vita con convinzione e impegno.

Fu grande nella scienza di Dio e nella scienza degli uomini.

È santo ed è genio.

In lui fu realtà l'incontro tra fede e scienza.

Questo il giudizio che di lui è dato dopo la sua morte, ma durante la sua vita egli non conobbe che le comuni difficoltà, le normali situazioni di una esistenza in un particolare lavoro.

Convinzione profonda, divenuta programma di vita, realizzazione dell'amore verso Dio e verso il prossimo, nello scorrere ordinario dei giorni: ecco i caratteri della sua santità di laico.

Fu laico nella scelta di stato di vita, nell'esercizio della professione, nei rapporti con la società che lo circondava: ma tutto seppe condire di soprannaturale e tutto, nella vita e nella professione, seppe trasportare nella luce di Dio, realizzando così la « consecratio mundi » a cui i laici sono chiamati.

La sua vita è povera di azioni straordinarie: l'unico miracolo che compì fu la realizzazione della sua stessa vita.

Visse in un tempo tormentato da gravi problemi, simile a tanti altri tempi e a questo nostro tempo.

Mutano i problemi ma le difficoltà esistono in ogni tempo.

Tracciò con nitida sicurezza il suo programma di vita e fu costante e lineare nel realizzarlo, anche nelle difficoltà.

Lavorò al servizio della scienza e della Patria con spirito e finalità di missione: il lavoro fu per lui il completamento della sua vita di preghiera e di unione a Dio.

Nasce a Milano il 4 aprile 1859: è il maggiore di due sorelle, Antonia ed Eugenia e di un fratello, Giovanni.

Pochi giorni dopo, il 25 aprile scoppia la guerra tra l'Austria e il Piemonte.

L'8 giugno Napoleone III e Vittorio Emanuele entrano in Milano.

La famiglia Ferrini è di origine ticinese.

Il padre di Contardo, il prof. Rinaldo Ferrini, ingegnere civile e architetto, si dedica all'insegnamento nel liceo; la madre Luigia Buccellati è dedita alla famiglia.

Abitano a Milano, prima in via della Passarella dove nasce Contardo e poi in via Olmetto, quando la famiglia è cresciuta.

Hanno anche una villa a Suna, presso Pallanza sul lago Maggiore, acquistata dal padre dove trascorrono lunghi periodi e dove Contardo impara la contemplazione delle bellezze della natura e la gioia delle lunghe passeggiate per i monti, in cerca di altezze che gli servono di piedestallo per il suo desiderio di elevazione a Dio.

Contardo frequenta le scuole elementari, ginnasiali e liceali presso l'Istituto Boselli e in fine al liceo Beccaria.

Il suo primo incontro con Gesù Eucaristia, dopo la preparazione religiosa presso le Orsoline di S. Carlo, avviene il 20 aprile 1871, a 12 anni, ed è l'inizio di una azione di Grazia corrisposta sempre più consapevolmente.

È una famiglia della piccola borghesia, con le sue abitudini, le sue difficoltà, i suoi problemi e Contardo trascorre la sua vita di studente in modo del tutto normale con le sue crisi quando la pratica della fede non è più spontaneo trasporto infantile, ma diventa volontario esercizio e la manifestazione esterna ne è più spesso mortificazione che consolazione.

Attraversa allora un periodo di penosa incertezza e di profondi abbattimenti, ma sa trovare la via dell'ascesi.

In questa ricerca, accetta l'aiuto che gli viene da chi può darglielo.

Primo fra tutti il papa che lo sostiene con la parola e con l'esempio, poi i sacerdoti che frequentano casa Ferrini, tra cui Antonio Stoppani che gli ispira l'amore alla natura e l'ammirazione della grandezza di Dio.

Don Adalberto Catena, il confortatore degli ultimi momenti di Alessandro Manzoni, che gli scopre nuovi orizzonti spirituali, l'abate Antonio Ceriani, bibliotecario dell'Ambrosiana, da cui attinge l'amore alla Sacra Scrittura.

Tanto ne è infiammato che giunge, con studio severo, a leggere il sacro testo nella lingua originale: impara l'ebraico, il siriaco e si inizia allo studio del sanscrito e del copto.

A questo punto può sorgere spontanea l'espressione: « Felice lui che ebbe tante possibilità e tanti aiuti! ».

Ma è opportuno aggiungere: « Felice lui che seppe, pur nelle crisi giovanili, approfittare di queste circostanze », e fu certamente sforzo di buona volontà e risultato di rinunce.

A 17 anni consegue la licenza liceale ed entra, a novembre del 1876, al Collegio Borromeo di Pavia per iscriversi a Giurisprudenza presso la locale Università.

Vita di collegio e vita universitaria si presentano con tutte le difficoltà: di adattamento, di convivenza, di manifestazione aperta e leale delle proprie convinzioni.

Per superarle si impone integrità di vita e ardore di fede che gli meritano accanto allo scherno e alla derisione di alcuni, la stima e il rispetto degli altri.

Ma ne soffre profondamente, come rileviamo da brani di lettere scritte ad amici: « L'anima che piange e soffre perché "venga il suo Regno" esercita un potente apostolato » ( a Vittorio Mapelli ).

« Purché operiamo, preghiamo, soffriamo nel nome di Cristo, noi faremo opere eterne e sarà l'inno del nostro cuore e il merito del nostro patire » ( Novena S. Natale ).

Vive nel mondo della cultura, dominato sempre più dal materialismo e dal positivismo, largamente anti religioso: per le brillanti doti della mente poteva diventarne facile e ambita preda per esserne strumentalizzato.

Se ne salva con il consolidamento delle sue convinzioni, con la preghiera diventata formula di vita, con l'impegno cosciente e responsabile nel lavoro.

Sa quello che vuole e non si lascia assorbire dal conformismo imperante allora come oggi.

Misura e valuta con perspicacia le proprie forze e, pur non rinunciando affatto alla lotta aperta, intuisce quale può essere la natura del suo apostolato in quell'ambiente: « … non un saluto senza un sorriso, non un favore chiesto che ottenga ripulsa, non un incontro da cui un'anima parta meno soddisfatta!

Quanto importa far comprendere ai cattivi che non li disprezziamo …

Specialmente coi giovani può essere efficacissimo questo tacito linguaggio dei molteplici artefizi che sa inventare la carità: forse in un cuore duro alla voce della fede può penetrare quella dell'amore » ( Programma di vita ).

Coltiva l'amicizia e fonda « l'Accademia domestica » che serve ad unire nello studio e a favorire incontri, discussioni fra studenti.

Ci rimangono parecchie lettere scritte ad amici e ampi scritti su temi vari che dedicò ad essi.

È innamorato della natura: « Con quanto diletto ho passato le lunghe ore sui ghiacciai di Macugnaga, tra gli abeti e le cascate alpine!

Quei panorami, quegli abeti, quelle candide vette che s'imporporano al sole nascente, il raggio mite della luna che scherzava nella tacita notte riflesso dall'increspata superficie del lago, risvegliavano in me possente il sentimento religioso, ideale, e l'odio e lo schifo a ogni bruttura » ( Sul verismo ).

La sua vita spirituale si costruisce ogni giorno nella preghiera e nell'Eucaristia.

Compone mirabili preghiere frutto delle sue elevazioni intime, che fissa sulla carta più per sfogo personale che per tramandarne il ricordo.

« Se meditiamo la Croce, intenderemo il Cuore di Gesù e ci vestiremo di Lui » ( Meditazioni pag. 170 ).

« Come il pane ne mantiene la vita, così questo stupendo Sacramento ne vivifica e corrobora » ( ivi pag. 180 ).

« Guai a noi se, reduci dai santi misteri, noi non pensassimo che andiamo ad essere spettacolo agli uomini, i quali ci giudicheranno, perché cristiani, con ogni severità » ( L'Eucaristia, come mezzo di perfezione morale del i 880 ).

« Eroismo ci vuole ormai a tenere alta la bandiera della verità e del bene in mezzo al mondo! »: è in queste sue parole il programma e l'esaltazione della santità del laico.

Altra arma validissima per riuscire è il lavoro.

Frequenta i corsi di giurisprudenza e alcuni corsi di lettere, appassionato come è di filologia classica.

Legge e scrive, oltre le lingue orientali già ricordate, anche il tedesco, l'inglese, il francese, lo spagnolo e conosce bene l'olandese; possiede il latino e il greco e si addentra nei misteri del sanscrito e dell'ebraico.

Si afferma non solo in tutto il diritto romano ma anche nel diritto bizantino di cui è cultore rinomato nell'Europa intera.

Sono più di 200 i suoi scritti, in una vita pur breve, tra cui vi sono opere di gran mole che gli attirano l'ammirazione in campo internazionale.

Le tappe della sua carriera di studente e di docente possono essere così sintetizzate:

16 aprile 1880: termina la tesi di laurea in giurisprudenza e la discute il 21 giugno 1880 ottenendo trenta e lode con diritto di stampa.

Vince una borsa di studio all'estero e si reca a Berlino dove rimane dal dicembre 1880 al luglio 1882.

Si accosta all'ambiente cattolico tedesco, lo frequenta assiduamente, vi porta il suo contributo e ne riceve tutta la ricchezza che esso contiene.

Si iscrive alla Vincenzverein ( Circolo S. Vincenzo ).

Nelle vacanze torna a Suna e vi alterna gli studi e le gite alpinistiche: « É bello sentire da una cima solitaria di monte quasi il solenne avvicinarsi di Dio e contemplare anche nella natura selvaggia il perennemente giovane sorriso di Lui! ».

Nell'estate del 1881 si consiglia col suo Direttore Spirituale e pronunzia il voto solenne di perpetua castità: è la scelta definitiva del suo stato di vita: laico impegnato nel suo ambiente di lavoro.

Nel 1883 consegue la libera docenza all'Università di Pavia e ha la cattedra presso la stessa Università.

Nello stesso anno entra a far parte della Conferenza di S. Vincenzo presso la parrocchia di S. Tommaso e nel gennaio del 1886 si fa terziario francescano.

Nel 1887 è chiamato a insegnare diritto romano all'Università di Messina: il distacco dalla famiglia e da Milano gli costa molto anche perché qui prova l'amarezza del disprezzo per la sua testimonianza aperta di cristiano convinto: disprezzo che si muta lentamente in rispetto e stima per la sua linearità di condotta, la sua bontà serena, la sua dottrina.

Non è mai triste però.

Specialmente tra i giovani esercita un apostolato di sana allegria e ben presto è ricercato per la giocondità della sua conversazione.

Dopo tre anni gli è offerta la cattedra di diritto romano a Modena.

Vi rimane tre anni e alla fine del 1894 è chiamato ad insegnare all'Università di Pavia.

Risiede a Milano in famiglia.

Gli giungono incarichi e onorificenze: l'incarico dell'insegnamento della Storia del diritto romano, la presidenza della facoltà giuridica, la Croce di Cavaliere della Corona d'Italia, è chiamato a far parte delle commissioni giudicatrici per i concorsi alle cattedre di diritto romano, è nominato socio della modenese « Accademia di scienze, lettere ed arti ».

È noto in tutta Europa e tiene corrispondenza con i più illustri eruditi del suo tempo.

Ma sa mantenere la sua semplicità e con la sua umiltà poco lascia trapelare, anche in famiglia, di quanta fama è circondato.

È attratto anche dalla vita politica ed è eletto consigliere comunale di Milano il 10 febbraio 1895: accetta l'incarico come un dovere e lo esercita come testimonianza, in un ambiente dominato da liberalismo e socialismo.

In tale veste si batte contro il progetto di divorzio, ripreso dal ministro Zanardelli.

In una vita così densa trova posto il suo impegno di vita cristiana: non trascura ogni giorno la Via Crucis, il Rosario, la visita al Santissimo Sacramento, oltre la pratica sacramentaria.

Vi aggiunge la lettura della Bibbia in greco e in ebraico: conosce a perfezione i Vangeli e sa a memoria le Epistole di S. Paolo.

Ha vivo interesse per le opere d'arte letterarie e pittoriche: vi scopre Dio.

« Il terribile dramma di Giobbe, i salmi davidici, le umane e generose poesie omeriche, l'epopea virgiliana sì affettuosa e pia, la grande Commedia dell'Alighieri, i drammi dello Shakespeare, in cui è tanta vita morale, quel poema sublime de I Promessi Sposi … vivranno e saranno letti e gustati finché palpiterà un cuore che ama e che spera … » ( Scritti pag. 110 ).

« Quante volte nei musei di Monaco, di Dresda, di Berlino, di Vienna, di Roma, di Firenze, assorto davanti un capolavoro dell'arte, mi trovai condotto a un ineffabile amplesso di Lui!

E nell'ammirare un'opera di artefice grande mi spuntava una tacita lacrima » ( ivi pag. 115 ).

« Aveva una singolare resistenza al lavoro e appariva vigoroso e saldo » ( Necrologio ), ma una leggera malattia da cui si era ripreso bene ne scosse la salute fin dal 1892.

Si sentiva giovane e scriveva: « È giovane lo spirito che vive per Lui, per l'ardore della carità, la forza dei propositi, la non turbata letizia » ( Scritti pag. 102 ).

Viveva per Dio: « lo non saprei concepire una vita senza preghiera » ( ivi pag. 115 ).

Diffondeva l'ardore della carità nella Conferenza S. Vincenzo a cui partecipava assiduamente e portava al povero non solo l'aiuto materiale ma la ricchezza del suo spirito colmo di Dio.

Manifestava la forza dei propositi con una fedeltà convinta al « Programma di vita » che si era stabilito.

Irradiava attorno a sé la non turbata letizia che tanta amicizia gli attirava.

Nell'estate del 1902 risentì gli attacchi del male e cercò ristoro nell'aria montanina di Suna.

Il 4 ottobre dello stesso anno fu colpito da tifo violentissimo e il 17 ottobre spirò: aveva 43 anni!

Fino all'ultimo ebbe forte il senso del suo impegno che manifestava anche nel delirio ripetendo spesso: « Ho compiuto il mio dovere? ».

Di lui scrisse in una lettera al padre, il futuro Papa Pio XI: « Rievoco la sua vita universitaria di studente e di professore, in patria e all'estero, così proficua alla scienza, così onorifica al nostro paese, così gloriosa e modesta, così giovane e così intemerata da sembrarmi un miracolo.

E mi sovvengono le parole di Mommsen: il secolo XIX fu per gli studi giuridici greco-romani il secolo di Savigny, il XX secolo sarà il secolo di Ferrini ».

Il Processo di Beatificazione iniziato nel 1910 per volontà di S. Santità S. Pio X ha la sua conclusione il 13 aprile 1947, quando Pio XII lo dichiarò Beato.

Le sue reliquie sono deposte nella cripta della cappella dell'Università Cattolica del S. Cuore.

Contardo Ferrini, gloria della cultura italiana, è santo moderno.

La profondità, vastità, originalità dei suoi studi giuridici e la mole considerevole delle pubblicazioni, ne fanno una gloria della cultura italiana.

Fu salutato come « il primo romanista d'Italia e anche, nei campo del diritto romano-bizantino, il primo romanista del mondo ».

Una vita normale di studioso, concepita e attuata nella visione di un ideale cristiano ne fanno un santo moderno.

Fu cristiano là dove la Provvidenza lo chiamò ad operare, nella sua professione, con i mezzi di una vita ordinaria.

Su tutto, portò la luce di Cristo perché l'aveva accesa e mantenuta vivida nella sua anima.

La santità del laico è tutta qui: riempirsi di Cristo in un quotidiano, profondo scambio di amore per portare Cristo nell'ambiente in cui si opera sia esso l'ufficio, l'Università, il laboratorio, l'officina.

Fr. Gustavo Luigi