Verso la quarta giornata per la vita ( 7 Febbraio 1982 ) |
B222-A6
Da S. E. Mons. Costanze Micci, Vescovo, Presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia, riceviamo la seguente comunicazione, con preghiera di pubblicarla.
Aderiamo con tutto l'animo sia per la ricchezza di riflessioni e di orientamenti in essa contenuti, sia per l'importanza che il problema riveste per l'attività catechistica e familiare dell'Unione.
Questa vita, che è tutta la nostra gioia e tutto il nostro dolore!
Occorre vederla e considerarla nell'intero arco della sua esistenza.
Ogni giorno, infatti, ha bisogno delle nostre cure: soprattutto ha bisogno di essere alimentata, difesa, conosciuta, amata.
Ci avviarne verso una nuova celebrazione della « Vita » in tutto il territorio italiano.
Tema di fondo sarà la difesa e la promozione della vita.
Basterà un rapido sguardo a ciò che avviene nel mondo e alle linee di tendenza che stanno prendendo corpo, per dire che la vita subisce oggi, forse come non mai, i più gravi attentati, dai quali non riusciamo a difenderla e, forse talvolta, non si vuole nemmeno difenderla.
Prima ancora del concepimento, per escludere la vita l'uomo ha inventato la contraccezione e la sterilizzazione.
Contro il concepito ha inventato e legalizzato l'aborto.
Contro il neonato si moltiplicano i delitti di abbandoni, di vendite, e di infanticidi; contro il bimbo, il fanciullo, tutta una sequela di discorsi, di slogans, di spettacoli, di documentari, rovesciano idee, immagini, cronache che ne uccidono l'innocenza, ne intorbidano la limpidezza, ne inquinano quella verginità di mente e di cuore in cui la natura intendeva porto e conservarlo, almeno fino al giorno nel quale ognuno di essi avrebbe potuto pensare e volere in pienezza di libertà e di coscienza.
Contro l'adolescente, l'uomo ha creato la fitta rete dello spaccio della droga, che ne disintegra la personalità e l'avvia ai gesti disperati.
Contro il giovane ha inventato il pansessualismo, l'odio, la vendetta, che si risolvono in corruzione e in fatti di clamoroso terrorismo.
Contro gli anziani sta propagando un'idea, pazza tra le tante idee pazze che circolano nel mondo: l'eutanasia.
Contro tutti poi, indistintamente, ci sono le rivoluzioni, le stragi, le guerre, le emarginazioni, il razzismo, mentre nei riguardi di quelli che hanno fame e muoiono di fame regna il disinteresse dei più.
C'è bisogno, dunque, di gridare « la difesa della vita ».
Di qualsiasi vita.
Le due categorie di vite più indifese sono quelle dei nascituri e quella degli anziani.
Ed è a questi che guarderà la quarta giornata per la vita.
Per evitare ogni equivoco o malinteso, precisiamo subito che non intendiamo una difesa pura e semplice della vita, restando, come si dice, nel negativo.
Nella grande operazione che stiamo compiendo e che intendiamo compiere, c'è inclusa la promozione della vita, cioè quell'attenzione particolare e quel generoso slancio che è proprio dell'amore che scaturisce dal Cuore di Dio e che Cristo ha incarnato, amore che ci impegna a sacrificarci perché la vita sia aiutata e sorretta con ogni iniziativa di bontà e di giustizia, in ogni suo momento e in ogni sua esigenza.
Nel nascituro, che ancora non conosciamo, può nasconderai un eroe, un genio, un santo, un benefattore dell'umanità.
Dobbiamo fare in modo che tutto questo in lui venga alla luce.
Ma prima è lui che deve venire alla luce.
Potrebbe nascondersi il terrorista, il distruttore e il propagatore di idee malsane e inquietanti.
Fermiamo in tempo questo suo cammino.
Recuperiamolo alla verità e al bene.
Noi cristiani siamo avvezzi a questa specie di prodigi, perché la storia della Chiesa è ricchissima di quel fenomeno di trasformazione dell'uomo, che si chiama conversione.
Il delinquente può diventare santo.
Nell'anziano può affacciarsi la tremenda malattia della disperazione e portarlo ai gesti disperati.
Con poco: con qualche parola, con qualche attenzione, lo si può riportare ad essere quello che è stato e a donare la ricchezza che in una lunga vita ha acquistato: e sono consigli, e sono prospettive, e sono ricordi cari e preziosi.
Non c'è forse bisogno di modelli?
Ma i modelli li troviamo nel passato, non nel futuro.
Nell'anziano dobbiamo fare in modo di scoprire la reliquia santa, amabile di quello che egli è stato.
Promuoverne la vita e metterla in grado di dare il meglio di se stessa, di servire e di contribuire al bene comune.
Cominciamo col dire che la vita è un dono; che soltanto se sarà vissuta in questa luce col cuore aperto all'amore, potrà essere difes'a e promossa.
Si dice: è dei giovani donare.
È vero in tanti casi.
Deve essere vero in tutti.
È quello che auspichiamo e per cui combattiamo.
Ma che dire di ironie a tanti esempi di giovani coppie che escludono i figli per avere più libertà nel piaceri e nette comodità o, al massimo, programmano il « figlio unico », quando anche esso rientra nell'area del godimento?
Dobbiamo aprire ai giovani gli orizzonti luminosi del dono della vita ad altre creature in cui rivivere, per contrastare certe linee di tendenza che diverrebbero un suicidio della società.
Quando la Chiesa dice e insegna « paternità responsabile », intendiamo bene il significato del termine « responsabile ».
Responsabilità non significa ne calcolo ne egoismo; significa un amore più saggio e, quindi, un amore più grande.
« Paternità responsabile », per dire che non è sempre la cosa migliore quella di tuffarsi nel piacere senza alcuna attenzione alle conseguenze; per dire invece che è bene misurare il piacere affinché, per coloro che saranno chiamati a vivere, il dono riesca più ricco e perfetto.
Se nella paternità una misura ci deve essere, essa non deve servire al proprio comodo, piuttosto al migliore perfezionamento della vita in colui al quale viene donata.
Ma non dovrà mai servire a inaridirne e a renderne scarse le sorgenti.
L'anziano ha già compiuto il suo dono.
Nella sequela dei lunghi anni trascorsi, infinite volte la sua esistenza si è tramutata in dono dentro e fuori della famiglia.
Ora ha bisogno di essere, ricambiato. Non chiede altro.
Anzi, c'è nell'anziano come un pudore nel chiedere, quasiché, avendo trascorso i suoi anni a dare, ora non possa rassegnarsi a ricevere.
Tuttavia è legge di natura che, nell'arco della vita dell'uomo, il principio e la fine siano contrassegnati da un'esigenza, che è umana, ma che diventa anche più che umana: quella dell'amore, del dono.
Bisogna risvegliare nei cuori giovani l'attenzione verso gli anziani e la esigenza di dare loro amore, aiuto, assistenza, perché essi facilmente non lo chiederanno.
Non si dimentichi: la natura non accantona gli anziani, non li mette da parte.
Li affida ai giovani.
È così che una generazione narra all'altra la storia del suo amore.
La vita, se è espressione dell'amore dell'uomo, prima ancora è espressione dell'amore di Dio, che ha creato l'uomo.
Dio creando le diverse specie degli esseri viventi, li ha contemplati per esclamare che tutto era buono ( Gen 1 ).
Quando crea l'uomo, la sua gioia di creatore diventa gioia di Padre: « Vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona » ( Gen 1,31 ).
Ci sono figli che nascono senza amore. Indesiderati, non voluti, al loro primo apparire sulla scena del mondo sono avversati, detestati, odiati.
Sembra in questo caso che la loro vita non sia un dono.
E non lo è da parte di chi pure li ha generati.
È il fallimento dell'uomo, uno di quei fallimenti che si concretizzano nello smarrire il senso, il valore delle cose.
Ma in Dio non c'è fallimento.
Egli vede le cose e ne scopre il valore: Egli continua a vedere che « la cosa era molto buona ».
Se dunque nei casi disperati dello smarrimento, la vita non sembra più essere dono dell'uomo, resta però dono di Dio.
Anche la vita dell'anziano è un dono di Dio.
È la continuazione del dono elargito da principio.
Ogni giorno, ogni respiro, ogni battere di ciglio, ogni aprirsi dell'occhio alla visione del mondo, è dono di Dio.
Dio solo da e riprende ( Gb 21 ).
Dio solo ha il diritto di mettere la parola « principio » e la parola « fine » alla vita dell'uomo, perché Lui solo dopo aver dato all'uomo il dono della vita, è capace, riprendendoglielo, di sostituirlo con un dono più grande.
Anche della vita dell'anziano l'uomo può perdere il senso, può smarrire il valore.
Ma Dio lo sa. Dio lo conserva per i suoi scopi.
A noi spetta, in ogni momento, assecondare i progetti di Dio.
Durante il dibattito sulla legge dell'aborto tutti si dicevano d'accordo sul fatto che l'aborto è cosa da detestare, e assicuravano che avrebbero messo tutto l'impegno perché ne diminuisse la frequenza.
L'aborto è entrato nel territorio nazionale, ma in tutti gli abortisti l'euforia della vittoria nella competizione elettorale, ha determinato la dimenticanza di ogni buon proposito.
Ci viene un sospetto: è solo dimenticanza?
O è convinzione che l'aborto ci debba essere e debba estendersi ancora?
Sta di fatto che si estende, che si moltiplica, sia quello legale, che quello clandestino.
E c'è chi se ne fa un vanto.
È dunque entrata la morte nel nostro territorio, ma i più si guardano bene di combattere a favore della vita.
Quale dono è dunque capace di dare l'umanità: la vita o la morte?
Certo! Sono molti coloro che donano la vita, ma aumenta il numero di quelli che si fanno fautori della morte.
La società ha stabilito delle strutture che dovrebbero schierarsi a fianco della vita, ma non possiamo non denunciare il fatto che non di rado la loro è solo opera di sostegno e di facilitazione per la morte.
Consultori ed ospedali stanno diventando spesso centri di propaganda per l'aborto e forni cromatori per tante vittime.
C'è perfino chi ha tentato di contarle, facendo la cifra di 800.000 in questo anno 1981.
Qualunque sia l'attendibilità della cifra, ci chiediamo: Sarebbero questi i vantaggi della Legge 194?
Sarebbero questi i risultati delle strutture create per la vita?
E torniamo al problema dell'anziano.
È drammatica la lentezza con cui il territorio si dispone alla considerazione della sua vita.
Che anzi si è già cominciato a parlare di « eutanasia » e di legge sull'« Eutanasia ».
Già ci si preoccupa di propagarne l'idea.
Così avremo altra fonte di omicidi, che qui potranno diventare perfino suicidi.
È facile, infatti, in chi ha già, per tanfi motivi, una psicologia traballante e si riscopre inutile, incamminato in quello che sembra un vicolo cieco, inoculare l'idea che il meglio è troncare un'esistenza che non ha più senso e a cui nessuno attribuisce più un valore.
La strada verso una nuova riaffermazione della cultura della morte è aperta.
Apriamo gli occhi. Corriamo ai ripari.
Dobbiamo guardare con coraggio la realtà e chiedere a gran voce: che cosa si fa o si vorrà fare nel territorio, là dove l'uomo vive, combatte, soffre, spera o dispera, per sostenerne resistenza?
Qual'è la mentalità che sta entrando nei giovani riguardo agli anziani?
La Chiesa, la comunità cristiana moltiplica in una corsa generosa, quasi in competizione con la morte, consultori, case di riposo, centri di accoglienza, voci evangelizzatrici e profetiche: la Giornata per la Vita ne vuol essere un segno, una verifica, uno stimolo.
Chiediamo di non essere soli.
Chiediamo che tutti ci si possa dare la mano.
* * *
Il manifesto che apparirà negli atri delle Chiese e sulle murate delle città, sotto l'espressione: « La vita, un dono sempre », porterà un bimbo elevato in alto dalla madre, quasi a farne dono al Supremo Fattore, e in un secondo piano un vecchio che cammina in riva al mare.
E guarda.
E forse sente che la sua vita cammina su quel mare, là dove scompaiono le navi dietro l'orizzonte.
Scompaiono, ma non svaniscono nel nulla.
Continuano in un altro emisfero: sotto altri cieli … per terre nuove …
La nostra vuol essere una voce di liberazione e di speranza.
Per tutti.
+ Costanze Micci, Vescovo
Presidente della Commissione Episcopale per la Famiglia