I genitori della scuola cattolica e la lezione di religione … |
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Il nuovo regime di facoltatività dell'insegnamento di religione nella scuola statale chiama a forte responsabilità i genitori: tutti i genitori, anche quelli delle scuole non statali di proposta cattolica.
Invero, a parte la solidarietà fra tutte le famiglie per la salvaguardia di fondamentali valori, quali la cultura religiosa e la conoscenza della religione cattolica, la nuova impostazione scolastica, per cui la religione viene insegnata solo su richiesta, ha una tale portata sul piano culturale e del costume da investire lutto il Paese e, in certa misura, la stessa scuola cattolica.
I genitori della scuola cattolica si sentono quindi profondamente interpellati e coinvolti, con riguardo a tre ordini di considerazioni, che costituiscono altrettanti obiettivi di azione.
Con la possibilità di scelta della lezione di religione, si viene a porre anche per la scuola statale una certa analogia con la scuola di proposta cattolica, nel senso che il corso di studi e le materie di insegnamento vengono considerati carenti senza il riferimento al valore della cultura religiosa, realizzata nella storia italiana con il cattolicesimo ( cfr. art. 9, n. 2 del Concordato ).
Pur nella diversità delle situazioni tra i due tipi di scuola, l'una laica, l'altra confessionale, la motivazione che è alla base della scelta è la medesima, cioè la convinzione che l'istruzione scolastica necessita di una componente religiosa, intesa come insegnamento teologico, e non solo come generico richiamo storico-sociologico agli eventi religiosi.
L'esigenza è quindi per una qualificazione dell'istruzione con il trascendente, e non semplicemente per la sua integrazione con la fenomenologia religiosa.
Da ciò emerge come la presenza di una scuola di proposta cattolica, lungi dall'essere elemento di chiusura, di divisione e di ghettizzazione, è per contro elemento trainante ed ispiratore della nuova situazione che si è venuta a determinare, ma che già da tempo era latente e prossima a maturare, cioè che in una società pluralista come quella italiana è illusorio tenere la scuola in una posizione neutrale, ma occorre che essa si ispiri espressamente a determinati valori tra i diversi ritenuti basilari dalla coscienza dei cittadini, anche se ciò comporta una differenziazione tra gli allievi sin tra i banchi di scuola.
D'altra parte l'educazione al rispetto, alla reciproca tolleranza, alla solidarietà anche in presenza di diversità di opinioni, può meglio maturare ed esprimersi in situazioni che traducano l'effettiva varietà della realtà sociale, e non in situazioni artefatte, o che trascurino valori essenziali per un male inteso irenismo.
Di conseguenza si respingono quelle tesi che, in virtù di un equivoco conciliatorismo, intenderebbero proscrivere la lezione di religione dalla scuola per non dare luogo a discriminazioni tra i ragazzi, sostenendo che l'insegnamento della religione abbia il suo luogo naturale nella comunità ecclesiale.
Questa obiezione, sotto altra veste, è già stata rivolta contro la scuola cattolica, in base al rilievo appunto che la componente religiosa non giustificherebbe una specialità di istituzioni, e di corsi scolastici.
Viceversa l'universalità ed il carattere onnicomprensivo della religione, da un lato, e l'attenzione della scuola ai valori culturali e formativi dall'altra, esigono che la pubblica istruzione sia recettiva del fatto religioso, non solo, ma che, con l'assenso degli utenti, lo renda oggetto di una specifica disciplina.
In questo senso si è espresso costantemente il Magistero ecclesiastico.
D'altra parte come possono prospettarsi le nozioni e i fatti relativi all'uomo, al mondo e alla storia, senza una dimensione trascendente?
È vero, potrebbe essere negata, ma allora questa sarebbe parimenti un'opzione religiosa, nel senso di rigettarne il valore.
L'annuncio evangelico è fatto senza dubbio per unire e per affratellare: ma uno dei prezzi della sua proposta è sovente la divisione, anche se non fine a se stessa, ma perché il fermento unitivo palpiti, si esprima e porti frutti.
Sotto l'aspetto pratico si auspica un più stretto collegamento della scuola cattolica con quella di Stato, sia per i gruppi di allievi che hanno scelto la religione, per approfondirne le affinità, sia con gli altri, per instaurare un dialogo e un confronto fraterno.
I genitori della scuola cattolica, avendo optato per questo tipo di scuola, e desiderando pertanto che l'insegnamento preveda anche la religione, non solo, ma che le varie discipline scolastiche trovino in questa il loro culmine e perfezionamento, devono prestarsi per sensibilizzare i genitori delle scuole statali sull'opportunità, anzi sulla necessità di addivenire ad una scelta analoga.
Se essi considerano un bene la scelta effettuata, devono testimoniarla anche agli altri, per contribuire a creare una nuova mentalità ed evitare il rischio che, appunto per la facoltatività, la lezione di religione sia considerata un qualcosa di superfluo, un ultimo rimasuglio, a fronte dell'affermazione della piena laicità della scuola.
Occorre invece abituarsi a considerare la volontarietà della lezione di religione come una conquista, un bene prezioso da valorizzare a seguito di libera scelta, ora che non è più un obbligo precostituito.
Oltre che a livello di sensibilizzazione personale, possono essere opportuni incontri specifici tra tutti i genitori nei distretti scolastici, nelle comunità parrocchiali, in riunioni appositamente promosse.
Le interferenze si arricchiscono considerando le famiglie che hanno simultaneamente figli nella scuola cattolica e in quella statale.
Come è stato detto, la nuova impostazione scolastica circa l'ora di religione viene a influire sul costume del Paese, e pertanto può riflettersi anche sulla stessa scuola cattolica.
Siamo pertanto richiamati al fatto che la scelta operata per quest'ultima dalle famiglie avvenga con motivazioni sempre più precise e definite, ossia perché l'insegnamento è impartito alla luce dei principi della dottrina cattolica.
Ciò, senza far venir meno l'autonomia delle singole discipline scolastiche, le qualifica e le inquadra in una visione unitaria ed in un progetto educativo che si ispira al cristianesimo.
Va quindi condotta un'opera di formazione, affinché le famiglie che eventualmente optino la scuola cattolica per ragioni estrinseche al suo progetto educativo, non debbano essere portate a coinvolgere, nell'atteggiamento d'indifferenza, anche la considerazione verso l'ora di religione, per il fatto che essa nelle scuole statali ora è facoltativa.
Per contro occorre che, proprio in virtù della scelta operata, le famiglie siano indotte, in spirito di conversione, a riproporsi la scelta coscientemente, ed in vista dell'animazione dell'insegnamento attraverso la religione.
In quest'opera possono essere di valido aiuto i gruppi di animazione di genitori presenti nelle scuole e l'Associazione Genitori Scuola Cattolica, per l'avvicinamento di tutte le famiglie, per riunioni, dibattiti ecc …
Inoltre la riflessione sul ruolo determinante della religione nella scuola di proposta cattolica rende opportuno, dove ce ne fosse bisogno, un ripensamento del modo con cui la religione stessa viene intesa nelle scuole.
Si prende in esame il ruolo con cui essa viene considerata poiché, come si è già più volte dichiarato, non si tratta solo dell'insegnamento della religione, ma altresì del suo rapporto con le altre discipline, nonché della sua integrazione e sviluppo con momenti liturgici di preghiera nella scuola.
In altri termini, si tratta di verificare se essa sia incardinata nel progetto educativo.
Per realizzare tali esigenze, si rileva, pur per sommi capi, che occorre in primo luogo che la lezione di religione sia svolta con alto impegno professionale e apostolico, ed in un modo adeguato al corso di studi.
È chiaro che le esigenze didascaliche mutano non solo in base all'ordine di scuola, ma anche al genere: così in un corso d'informatica la metodologia religiosa potrà essere diversa che in un liceo magistrale, o in un centro di formazione professionale.
Circa il rapporto con le altre materie d'insegnamento, è essenziale, se vi è un progetto educativo, e viene attuato, che le singole discipline trovino nel trascendente, e perciò nella religione, il loro riferimento, ancorché mediato, di origine, di causa, di fine, di animazione, di ordine, di umanizzazione, di eticità ecc …, nel presupposto che non vi è alcuna materia neutra.
Quanto alla pratica religiosa nella scuola, ciò è conseguente al fatto che la religione, anche se considerata sotto l'aspetto dell'insegnamento, non può non condurre al comportamento e alla vita, e perciò al rapporto con Dio.
D'altra parte se il modello della scuola cattolica è Cristo stesso, il riferimento a Lui va visto anche alla luce sacramentale.
I testi del Magistero sono espliciti al riguardo.
L'obiezione addotta in alcune scuole che la messa d'istituto, per essere imposta agli allievi, avrebbe un effetto controproducente, lungi dal risolvere il problema, lo elude eliminandolo: si tratta viceversa di valutare il metodo in base al quale educare l'allievo alla vita sacramentale nella scuola.
Inoltre tale formazione alla vita liturgica nella scuola, è propedeutica per inserire il giovane nella comunità parrocchiale e diocesana.
È necessario pertanto un impegno su tali linee, per realizzare questi obiettivi, nella consapevolezza delle responsabilità che il Magistero affida ai genitori, quali garanti che le scuole cattoliche siano conformi al loro progetto educativo ( come affermato dal documento della Sacra Congregazione per l'educazione cristiana, sulla scuola cattolica, del 1977 ).
Vito Moccia