Il papa a Torino |
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Sua Santità Giov. Paolo II ha voluto partecipare di persona alle onoranze organizzate nel centenario della morte di San Giovanni Bosco ( che per i torinesi è sempre semplicemente "Don Bosco" come uno della famiglia ).
Il Papa non poteva onorare meglio il gran santo piemontese e la Congregazione Salesiana, né mettere più in risalto l'importanza dell'apostolato giovanile.
La manifestazione riuscì grandiosa e vivamente sentita, espressione dell'affetto che il popolo nutre per questo gran Santo e della simpatia per la sua Congregazione.
Il Papa è rimasto a Torino due giorni e ha pronunciato vari discorsi, approfittando dell'occasione anche per richiamare tutti ad una maggior fedeltà al Vangelo.
Nulla gli è sfuggito della situazione torinese ed esortiamo i nostri lettori a leggerli tutti attentamente e a trarne le conseguenze pratiche.
Sono un'occasione straordinaria che ci viene offerta per ricuperare quel livello di vita spirituale che fiorì nella nostra patria alla fine del secolo scorso e che produsse una ricchezza di santi senza dubbio eccezionale.
La Diocesi di Torino è fra tutte le Diocesi del mondo quella che ha in corso il maggior numero di cause di beatificazione o di canonizzazione.
Questi sono i motivi più autentici di fierezza, senza voler togliere nulla ai primati che la città può vantare in altri campi.
Non ci è possibile, purtroppo, pubblicare tutti i discorsi del Papa e ci limitiamo a riportare, qui di seguito, la prima parte di quello rivolto ai 60.000 giovani convenuti nello stadio comunale Sabato 3 Settembre u.s.
1. Così voi mi chiedete: « In una società in cui è grande la domanda di significato, ma è forte il pregiudizio nei confronti della risposta cristiana, come può la proposta di Cristo essere affascinante, persuasiva e pienamente aderente alla realtà quotidiana di ogni giovane? »
E così vi rispondo: « Sono d'accordo con voi sulla diagnosi fatta.
Da una parte si nota il pregiudizio nei confronti della scelta cristiana, nutrito di indifferenza talvolta orgogliosa ed autosufficiente nella gestione della propria vita; e dall'altra - su questo vorrei insistere - vi è tanta ricerca di verità in mezzo ai giovani di oggi.
Lo constato nei miei viaggi e lo sento dire negli incontri diversi che ho a Roma con i Vescovi, che mi vengono a visitare: vi è tra i giovani domanda sul senso delle cose, domanda di progetto, domanda di valori.
Anzi il discorso religioso è ritenuto plausibile da tantissimi di loro, e viene di fatto affrontato con coraggio, come una nuova frontiera dello spirito.
Vorrei lasciarvi come impegno di approfondire i tanti interrogativi che neI Vangeli ci sono intorno a Gesù, che Lui stesso anzi suscita.
D'altra parte - e qui vorrei parlare con chiarezza cristallina di fronte a confusioni talvolta notevoli intorno al significato di essere discepoli di Cristo - le risorse di verità di Gesù stanno nel suo essere Egli stesso la Verità rivelata.
Sicché la proposta di Cristo è veramente raggiunta quando viene accolta non tanto sull'onda della simpatia e del sentimento, o accontentandosi di una generica religiosità indistinta e statica, ma quando si riconoscono le caratteristiche di ogni incontro con Cristo:
- come grazia, a cui aprirsi umilmente con l'atteggiamento del povero che chiede la luce che non può avere da solo;
- come verità certa e che non muta sul mistero di Dio, dell'uomo, della vita, a cui indiscutibilmente fidarsi e restare saldi pur nel progressivo, non mai finito cammino di ricerca;
- come invito a fare ciò che egli dice, cioè in profonda aderenza al suo modo di vivere la relazione con Dio, con gli altri, con la natura, col dolore, con le situazioni di male …
Il cristiano è tale se sa nutrire la sua vita di esperienze evangeliche specie con la preghiera e il servizio del prossimo, se sa rafforzarla con un approfondimento continuo delle verità che il Cristo ha rivelato e la Chiesa propone a credere, con una ricerca anche culturale in rapporto ai tanti problemi che oggi emergono dalle scienze e dal costume.
Voglio aggiungere che in questa dinamica non ci viene risparmiata la fatica di Gesù, né ci viene sottratta una condivisione alla Sua profonda serenità ed apertura alla gioia di vivere.
Dopo che Gesù ha calmato il mare in tempesta ( Mc 4,35-41 ), non ci viene detto che ci saranno risparmiate le tempeste, ma che le attraverseremo con la sua compagnia.
La fede in Cristo non aliena dalla modernità, dalla creatività …
Semmai con una saggezza che ha dalla sua parte anche la forza dei secoli aiuta a discernere, come diceva Lui, il grano dalla erbaccia, i veri dai falsi profeti ( Mt 13,18ss; Mt 15,20 ).
2. Ancora nell'area della scelta per Cristo, diverse sono le domande che vertono sia sul tema del progetto di vita o vocazione e sia sul come testimoniare il Vangelo presso i coetanei.
Così leggo due vostre domande che dicono: « Molti giovani temono di giocare la propria vita in scelte definitive quali il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio. Perché secondo Lei? ».
Ed ancora: « Che cosa ha da dire il Papa a noi giovani che abitiamo in una Regione fortemente lavorativa, nella ricerca esasperata del progresso rischia di travolgere ogni ideale nelle regole di una società consumistica? »
La risposta alle due domande deve andare insieme.
a) Il fatto che molti giovani abbiano paura di considerare la propria vita come progetto capace di scelte definitive si può imputare in termini generali al fiato corto di questa cultura propria dei Paesi benestanti.
Vi è una sorta di paura a pensare, a sperare, ad agire in grande.
L'esilio della concezione religiosa dell'esistenza, il rifiuto di un concreto rapportarsi a Dio, inizio senza fine e fine di ogni inizio, è come togliere all'uomo l'appoggio per il rischio della fede e della speranza, che soli danno possibilità e fascino di un progetto definitivo, cioè orientale ad un fine assoluto e positivo.
b) Al che si congiunge - e passo alla seconda domanda - la perdita dell'amore creativo, per un ripiegamento a soddisfazioni superficiali e riduttive: il consumismo appunto.
La regione del Piemonte, culla di tanta parte del progresso italiano, ha certamente titoli esemplari nella stima comune.
Rimane tuttavia il rischio da voi deplorato, tipico dei Paesi ricchi, di riportare la misura dell'uomo a quello della sua produzione.
Come voi ben comprendete, carissimi giovani, non si tratta di rinunciare allo sviluppo, ma di darvi un'anima.
Sicché ritengo che per voi un progetto personale di vita non può non integrarsi con uno sociale: un camminare insieme, nella memoria delle vostre grandi tradizioni cristiane anche socialmente avanzate e contemporaneamente un riflettere sulla qualità della vita cui tanto progresso deve pervenire, in termini di giustizia e di solidarietà.
Ma all'uno e all'altro progetto, personale e sociale, una solida visione cristiana ha la grazia di ispirare e reggere i pur meritevoli, ma sempre deboli sforzi umani.
Giovanni Paolo II